08 giugno 2010

"Sui pensieri lunghi" di Gianni Quilici

Qualcuno-a forse si ricorderà dei “pensieri lunghi” di Enrico Berlinguer.

Oggi non sono più di moda.

Danno un sottile fastidio.

Ci abituiamo tutti (ma non tutti) ai pensieri brevi, a volte folgoranti brillanti molto più spesso banali, irriflessi.

Ci abituiamo molti, oltre che per la fatica del lavorare, le aumentate incombenze, la precarietà economica ed esistenziale, anche per un'altra ragione: non abbiamo tempo da perdere, siamo rosi dalle possibilità, dalle necessità,non abbiamo tempo di distenderci, di avere un tempo lungo di fronte a noi, o voglia di fare fatica: pensare, leggere, confrontarci, scrivere ecc, ecc.

Ci sono decine e decine di possibilità, che prima non c'erano.

Mi è successo di leggere le lettere che Silvio D'Arzo, grande e misconosciuto scrittore italiano della metà del XX secolo, e mi ha impressionato la solitudine-isolamento di un giovane di grande cultura ed espressività, allora.

Queste possibilità di oggi le conosciamo tutti. Basta considerare internet: i siti-blog, la posta elettronica, FaceBook, la chat: la possibilità di conoscere o di intravedere decine di donne e di uomini, che possono avere affinità estetiche, culturali, politiche con te, di poterci dialogare immediatamente e direttamente ecc, ecc.

Eppure c'è poca felicità : si respira impazienza e delusione, noia e vuoto, frustrazione e solitudine.

Perché?

Lasciamo che questo “perché” respiri solo e aperto...

Lasciamo lo spazio aperto a risposte, a impressioni...