22 dicembre 2011

"Libri" di Caterina Donatelli

foto di Gianni Quilici

I libri: grandi traiettorie di lontananza e vicinanza dalla realtà fuggita e cercata, pieni di promesse e sapori da svelare in silenzio, nell’intimità sacra della solitudine.L’incontro con un buon libro è come un innamoramento: può consumarsi nel breve tempo di una passione, oppure generare un’evoluzione senza calcolo, come solo l’amore può fare.
I libri parlano, raccontano lo scompiglio di mucchi di esistenze che ti calano addosso, sulla pelle, mutate in esperienze ereditate da sostenere tutte con il loro peso; spesso dando voce alle stanze segrete di uomini sconfitti, gentili o crudeli, di donne forti o perdute che si dichiarano e si spalancano su mondi possibili e impossibili. T’innamori, li sostieni, piangi con loro, gioisci, godi e sparisci nel buco della morte ogni volta, mentre la tua vita è lì, timida e debole, pronta a sgretolarsi nel tentativo di un possibile confronto.
Giri nella stanza e i libri parlano, ammiccano con le loro differenti dimensioni, sanno che non puoi sfuggire al sottile gioco di copertine che si sfiorano, segnalibri imprigionati da amplessi con pagine ingiallite e profumate di mani, che le hanno toccate avidamente; si agitano file di titoli grandissimi e colorati o piccolissimi e misteriosi, quasi già una storia, il loro significato.
In alcuni torna il nome dell'autore: Emily Dickinson, Paul Bowles, Manuel Scorza, Elsa Morante, Fernando Pessoa, Erri De Luca, Federico Garcia Lorca. Amici, a volte, ma anche nemici perché aprono senza permesso, cassetti serrati da sempre; ti ripeti che in fondo stanno mentendo, supponi che ognuno si sia sforzato di rompere i limiti dell’immaginazione per stupirti, per stuprare il candore di vergine illusa dal piacere della conoscenza.
Ogni lettura è una partenza che non garantisce il ritorno. E’ somministrarsi una droga pesante, un allucinogeno pericoloso che scaraventa in luoghi interiori, dove i sensi sono amplificati e le parole succhiano vitalità attaccandosi all’anima, attraversando veloci i pensieri, corrompendo i sogni fino a comprimerli fra una lettera e l'altra: difficile uscirne indenne, o almeno uguali a come si era quando si è cominciato.
Le ultime pagine sono quelle che danno più pena, perché non vuoi incontrarti dopo aver girato la retrocopertina, perché odi quel senso d’insoddisfazione in attesa del successivo e sai che avrai dei desideri orfani, urlanti di voglie e ti spingeranno a muoverti furtiva, fra gli scaffali delle biblioteche, a sniffare carte logore; a fermarti in un punto preciso, a tendere l’indice bilanciandolo alla pressione del pollice per inclinare in avanti il dorso di volumi, pronti a prostituirsi gratuitamente.
Ogni libro misteriosamente contiene qualcosa di te e in ognuno di loro c'è il suggerimento per una lettura successiva. Accade così, che quando decidi di lasciarti andare ai tormenti di Tereza, né L'insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera pensi di leggere, come fa lei, Anna Karénina; compri il libro ma dopo alcuni giorni non riesci a superare lo scoglio delle prime pagine. Allora sposti l’attenzione su Cinque stagioni di Abraham B. Yehoshua; a metà della storia al protagonista la figlia regala Lev Tolstoj, anche lui fatica a finirlo, lo prendi per un incoraggiamento complice: forse era ingiusto arrendersi troppo presto. Riprendi i due tomi e scopri che prima non eri pronta e adesso basta così poco per divorarlo, come un dolce succulento: quante sofferenze e quante risposte trovasti lì dentro. Sì, perché nei libri trovi le risposte, quelle inseguite, celate o donate generosamente, pronte a sorreggere i vuoti mentali che destabilizzano le certezze, o a squarciarli in spazi più ampi a vortice.
Inevitabile cercare nei libri un alleato, un passante che ti assomigli, seguirlo come un’ombra diventa una missione; logorante vedere descritte le meschinità, l’ipocrisia, le debolezze, attendi fino alla fine il riscatto di esistenze piccole, flebili come il soffio del vento stanco della sera, ma gli scrittori sono crudeli, non hanno pietà delle comparse e nemmeno di te.
La vita non ha ragione di esistere, se non completa almeno il secondo capitolo di un buon libro.
[ foto di Gianni Quilici]

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