04 giugno 2012

"Qualcosa di scritto" di Emanuele Trevi


PETROLIO DI PASOLINI,
 ELEUSI ALLA LUCE DEL SADOMASO?
  di Emilio Michelotti


Ho letto Qualcosa di scritto di Emanuele Trevi. Mi è sembrato un bel libro, agile, accattivante. Non tutto, però, mi pare andato per il verso. Provo a tratteggiare quel che mi trova concorde e quello che – chi legge perdoni la presunzione – non mi convince.
Tralascio le molte pagine di amorose maldicenze e di affettuosi pettegolezzi su Laura Betti e vado al sodo.

Concordo su:
1)- Forse l’ultimo romanzo di PPP è un finto abbozzo, la sua incompletezza è presumibilmente in gran parte una scelta letteraria.
2)- Il racconto si fonde con l’esperienza vissuta, ne rappresenta la sua stessa stesura narrativa.
3)- Pasolini, quindi, sperimenta, nello stesso momento che documenta, un rito di iniziazione, che per Trevi è consustanziale alla scelta sessuale di “fare la femmina”.
4)- E’ un’iniziazione in piena regola e, come tale, è intesa da PPP come morte-rinascita, passaggio a una superiore conoscenza.
5)- Conoscenza ciclica, anche nel senso di un circolo ermeneutico che va dalla creazione testuale alla comprensione “totale” e viceversa.
6)- Condizione di questo passaggio di consapevolezza è l’esperire l’intera gamma delle possibilità umane. Centrale è il binomio differenza/identità sessuale. La stessa antinomia presente nel mito di Tiresia, aggiungerei, nel quale il potere di preveggenza origina dalla più radicale delle iniziazioni: tornare ad essere maschio dopo essere stato femmina.
7)- Petrolio è “un’opera-mostro”, “una morte in atto”, “qualcosa di sporco come l’acqua del cesso prima di tirare la catena”. Ma è anche, con le coeve Salò e Divina mimesis, fra le opere più caste che si conoscano.

Che cos’è che ha suscitato, in me lettore, un po’ di delusione e una leggera irritazione?
a)- Il legame di Salò con Sade è più che esplicito, didascalico. E, in un certo senso, il nesso vale anche per Petrolio. Ma non direi nel senso indicato da Trevi. A me pare che PPP si serva del sadismo e del masochismo come strumenti e manifestazioni esteriori del rito di passaggio stesso. Una cosuccia che implica il molto di funereo presente nella sessualità e la effettiva possibilità di autoannientamento e autoimmolazione. E che, trasferita sul piano letterario-filosofico, rappresenta una chiarificazione di quanto vi è di sacro nella violenza del sesso.

Un’idea di sacralità (intoccabilità, praticabilità eversiva) che, dalle più antiche società patriarcali, giunge quasi intatta a quelle capitalistiche del Novecento. Non è un caso che gli “illuminati” Sade e Pasolini fondino su tale trasgressione la loro critica radicale all’illuminismo, per l’uno, e alla sua estrema deriva consumistica, per l’altro. Due autori “ciechi”, marchiati cioè in modo indelebile, disumanante (come, appunto Tiresia), di una terribile capacità di preveggenza (pre-videre, vedere prima, con agghiacciante lucidità).

b)- Dal mondo dei Troya/Cefis, del potere stragista e mafioso, origina, per accumulo, l’intero disordine cosmico. Ogni nefandezza di questi osceni personaggi permane nell’intera storia umana e va a formarne il grumo malefico. Ai due Carlo Valletti è affidata tutta la possibilità di conoscenza possibile, ma nessun potere d’intervento. Sono due impotenti, anche se in modo molto diverso. Il doppio produce l’androgino, il doppio del doppio. Figure simili alle dee mediterranee, estromesse dal potere, con grandi seni cadenti per lunghi allattamenti e il sesso, significativamente, come “piccola piaga”, come “un nulla coperto da una macchia di peli”. Carlo primo, dopo l’esperienza androgina è condannato, per nascita e cultura, al dubbio, alla autocolpevolizzazione.

A Carlo secondo tocca in sorte la “conoscenza totale”. Giusto. Non mi pare un caso, però, che questi avesse scelto, come donna nel suo percorso iniziatico, la promiscuità più innocente e abietta, che si concretizza nel Pratone della Casilina in ciò che Trevi definisce “estasi della sottomissione”. Da ciò il dono della visione, della preveggenza profetica sul genocidio che si sta consumando nell’indifferenza generale.

c)- Nulla Eleusi ha a che fare, a mio parere, con le pratiche sadomaso. Casomai col rifiuto del sesso, con la partenogenesi, se Persefone è figlia della casta Demetra. Con l’uno e il molteplice (chicco e spiga), col doppio (pre-dantescamente madre e figlia di sua figlia). Il citeone (orzo, miele, menta) si oppone all’ebbrezza dionisiaca (non c’è fonte che citi droghe). Quel che colpisce PPP è certamente il contenuto di protesta femminile e antiurbana che s’instaura per un millennio alla periferia di Atene. E la violenza generatrice di colpa che egli vi scorge è proprio ciò che ha dato vita al “suo” mondo contadino: un inganno, uno stupro, che costringe Gea a produrre figli non suoi, mostruosi ibridi partoriti dalla mente maschile, una violenza simboleggiata dal ratto di Persefone da parte di Plutone.

Emanuele Trevi – Qualcosa di scritto – Ponte alle Grazie, 2012, euro 16

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