02 novembre 2016

“La settimana bianca” di Emmanuel Carrère




di Gianni Quilici

Un bambino, Nicolas, viene portato dal babbo in uno chalet tra i monti per una “settimana bianca”. Gli altri bambini sono già arrivati con il pullman e Nicholas è sordamente arrabbiato col padre, perché sa che questo tipo di venuta provocherà sguardi ironici.
E’ uno di quei romanzi, che rappresentano con straordinaria perspicacia il malessere fisico e psichico di un bambino (vicino all’adolescenza) taciturno e sensibilissimo, troppo protetto e controllato da un padre che, pur rimanendo sullo sfondo misterioso, appare pieno di comportamenti psicotici.

Essere gettato giorno e notte per una decina di giorni con altri bambini fa precipitare Nicolas in un’ansia acutamente nevrotica. Per un verso, infatti vorrebbe sparire; per un altro cerca disperatamente di trovare “appigli”.

Ecco, quindi, la controversa amicizia con Hodcann, ragazzo ammirato e temuto da tutti, alto  e con una voce di adulto, capace di essere volgare, oppure di esprimersi con un vocabolario che per raffinatezza , ricchezza e precisione suonava sorprendente per la sua età. Ecco il contatto più filiale con Patrick, l’istruttore, che intuisce le difficoltà del bambino e che lo tratta con una leggerezza e libertà  che lo stupiscono. Ci sarà poi la tragedia.

Il romanzo ha una scrittura diretta e serrata che scava nell’immaginario ipertrofico di Nicolas trasmettendocelo nelle sue zone più oscure e sottili, ideali per una scomposizione descrittiva di tipo psicoanalitico. Quello che accadrà in quei giorni segnerà, comunque,  il destino del bambino, ma non solo di lui.

Carrère, infatti, con un salto cronologico improvviso, ci presenta Nicolas 20 anni dopo, una sera di gennaio a Parigi nella spianata deserta del Trocadéro. Lì casualmente incontra Hodcann con il cranio rasato, bitorzoluto, la barba lunga e nera, gli abiti informi, poco puliti. E’ lo scarto temporale che preannuncia il finale: la tragedia di quella “settimana bianca”.   

Una tragedia tanto orribile quanto implicita, quasi silenziosa; per questo più penetrante, perché lascia spazio all’immaginazione, che, come sappiamo, non ha limiti.

Emmanuel Carrère. La settimana bianca. La classe de neige" Traduzione di Paola Gallo. Einaudi.



    


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