25 gennaio 2020

"Armonie" di Sanzio Bonci,



di Marisa Cecchetti

Le ha raccolte in un libriccino la moglie Giovanna, queste poesie di Sanzio Bonci, dopo la sua scomparsa nel 2018. In modo artigianale, come talora si fa per condividere il ricordo di una persona cara con parenti ed amici. Lo riconosco nella foto di copertina, è una persona che ho incontrato più volte, per strada, in chiesa, in occasione di eventi culturali. Non lo avevo mai conosciuto abbastanza. Ma la poesia è rivelatrice.

Il Bonci preferisce il senario veloce e ritmato, non cerca la rima, il pensiero fluisce e disegna la vita che è stata e l’adesso che incalza e procede, senza possibilità di ritorno.
C’è un contrasto  doloroso tra la consapevolezza della fine sempre più vicina (“adesso mi opprime/la stanchezza del vivere;/troppe esistenze/mi hanno spossato”), tangibile quasi (“non vista, alle spalle/maligna, improvvisa/precipita l’ora”), e la nostalgia della bellezza, con una struggente malinconia di primavere che torneranno  in mezzo ad una esplosione di colori e profumi e canti di uccelli, di vita che si rinnova, di schiamazzi e di giochi di bimbi, con la natura indifferente all’assenza di chi quella vita l’ha amata: “serenamente io canto,/tragicamente io canto”.

Tuttavia il ricordo di tanta bellezza rasserena il pensiero ed entra nei sogni; consolante è l’amore che ha intorno, la mano che stringe la sua. Di conforto è l’immaginazione che costruisce scenari rasserenanti: ”l’antico bambino/non concepiva/ l’inganno e nemmeno/la pura ragione/perché ammalato/d’immaginazione”. Di sostegno è la fede grazie alla quale lui si proietta nell’altrove cercando risposte, in un misto di  curiosità e di fiducia  non scevra da timore, comunque mantenendo la ferma certezza che un angelo buono lo verrà a raccogliere e lo accompagnerà.

Torna frequente l’immagine della notte simbolicamente associabile alla morte, insieme alla figura dell’allocco che ghermisce le prede  col “suo perfido artiglio”. Per fortuna arriva ancora “l’alba rosata/che fa dolci le ombre”

Stupisce e turba la forza di mettere in versi il momento che si avvicina al trapasso, con tanta chiarezza, con lucidità di pensiero. Non  con la razionalità materialistica di chi vede la fine di tutto e stoicamente la subisce, ma soffermandosi a rivelare le proprie fragilità, in un consuntivo che raccoglie debolezze e limiti, finendo per assolversi ed accettarsi in questa “umana finitudine”.

E’ una  poesia che non cerca ermetismi, ricca di riferimenti letterari, dove lo sguardo del Bonci si allarga  alla società, alle sofferenze degli emarginati, ai pregiudizi, alle ingiustizie, alle bassezze dis-umane  così distanti dal suo sentire, e dove la luna rimane impotente a guardare la malvagità: “la storia dell’uomo,/tutta intera, è passata/qui, sotto la luna,/come un fiume di sangue/di odio e d’amore/e con troppo dolore”. 

Il titolo Armonie  è una sintesi appropriata, perché racchiude  una accettazione dei contrasti -vita e morte-  in composto equilibrio tra loro.

Sanzio Bonci, Armonie, 2019



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