24 settembre 2009

"Face Book: rischi e piaceri" di Gianni Quilici



Quanti tra chi legge “Libere Recensioni” sono inseriti in Facebook?
E quanti sanno che cosa sia precisamente?
Brevemente lo spiego.
FB sono più pagine, di cui uno può gratuitamente disporre sul web, sulle quali può scrivere pensieri, elaborare note, inserire foto e video, scrivere e ricevere posta pubblica o privata, chattare, interagendo con altri (gli amici), da cui devi essere accettato e che deve accettare.
E' uno strumento formidabile per chi vuole conoscere persone ed anche per chi vuole informare delle sue attività sia singoli che associazioni, forze politiche, imprese culturali-commerciali ecc, ecc.

Detto questo è evidente che molto dipende da come uno lo usa o meglio ancora se ha idee, immagini, desideri, capacità di interagire a livelli non banali.
La maggioranza di ciò che intravedo indossa la maschera delle battutine, del commentino o della diffusione di materiali diversi (video, quiz, foto, giochini ecc, ecc).
C'è una minoranza, tuttavia, che ha motivati interessi (politici o letterari), che pone confronti, può consentire conoscenze profonde, scambi proficui.

Però, come in ogni fenomeno, quali sono i tratti dominanti?
Partiamo da un fatto. Leggo che il prof. Jonathan Zimmerman, della New York University, sostiene che tre adolescenti americani su quattro trascorrono ogni possibile istante incollati a facebook o MySpace... Le chat, sostiene Zimmerman, sono la nuova possente droga da cui questi giovani sono ormai dipendenti.
Se allarghiamo lo spazio virtuale ai giochini elettronici e ai video da un lato; e dall'altro ai cellulari e agli sms questo dato appare più o meno possibile anche per gli adolescenti italiani ed, in ogni modo, questo è il profilo dominante dei nostri Tempi. Viviamo in un'epoca in cui alla televisione si sta progressivamente sostituendo il computer. Perché questo consente non solo di vedere e sentire, ma anche di connettersi nel mondo. Non essendo soltanto spettatore, ma sentendosi protagonista in prima persona: attraverso scambi o facendosi conoscere (video, foto, blog....)

La domanda è: quale bisogno soddisfa?
Il bisogno di riempire un vuoto. Il vuoto, sempre difficoltoso, del rapporto di sé con sé.
Anche un libro, un film, una partita a carte, un incontro riempiono un vuoto. Qui però c'è molto di più. Puoi dialogare con altri, con molti altri, anche con chi non conoscevi, puoi dialogare senza fatica, troncando, con un pretesto, facilmente e passando ad altro, senza dover uscire, dover ascoltare, incontrare i soliti visi. C'è infine l'attrazione del mistero: la possibilità di trovare l'ideale immaginativo.

I rischi sono enormi.
Immaginiamo di togliere l'accesso ad internet e di sequestrare il cellulare a milioni di individui (non solo adolescenti), che vivono in simbiosi con questi. Potrebbero continuare tranquillamente a vivere?

Il primo rischio è noto: alla vita reale, alla fatica di costruire rapporti dinamici con chi ti sta d'intorno, si sostituisce una vita virtuale, che senti più appagante, perché più facile, più imprevedibile.

Il secondo: si rinuncia alla solitudine. Ossia a quella condizione che ti consente di concentrarti, percepire il tuo io, raccogliere intuizioni, elaborarle, creare, che solo può dare senso alla comunicazione.

Il terzo rischio: si vive frammentariamente, pensieri brevi, desideri brevi, memoria breve inseguendo stimoli, non elaborandoli, continuamente insoddisfatti, perché nulla o poco diventa davvero nostro.

E tutto questo non riguarda soltanto gli adolescenti, ma tutti coloro che vivono la modernità. Si può utilizzarla da padroni, si può utilizzarla da schiavi. Il problema non è soltanto individuale è pure sociale, cioè politico.

da Arcipelago, rivista dell'Arci di Lucca