“Quel
 che amo soprattutto nella fotografia analogica, non per nostalgia, ma 
per puro piacere, è che essa può ancora rappresentare la realtà così 
senza filtri. L’atto del fotografare è un lavoro costante contro la sua progressiva scomparsa”. 
Parole   con cui il più grande regista tedesco vivente, Wim Wenders, ha presentato alla Casa della Fotografia di Villa Pignatelli a Napoli la mostra dei suoi scatti  “Appunti di viaggio”, curata da Anna Rispoli e promossa dalla Soprintendenza di Napoli. 
Venti
 fotografie di grandi dimensioni (già inserite nel volume-catalogo 
uscito due anni fa “Places Strange an Quite”) in cui ritroviamo ancora 
una volta un Wenders-viaggiatore, un Wenders-Ulisse con una sua etica 
dell’esplorare mondi dimessi e  di entrare in contatto e sentirsi parte di essi. E, seppur, con le foto
 il regista tedesco non faccia alcun riferimento diretto al cinema, da 
esse, comunque, si possono palpare le atmosfere sospese dei suoi film (su tutti “Alice nella città”). 
Wenders  sposa un vecchio stile del fotografare, quello del vagare per i luoghi, ricercare il mistero che
 nascondono, lasciare memoria di uno spazio desolato (eppure fascinoso).
 Un vecchio muro del quartiere ebraico di Berlino che ancora conserva gli
 effetti dell’ultimo conflitto mondiale, una parete esterna di un 
palazzo berlinese su cui è riportata una scritta che deplora gli effetti
 del capitalismo, una surreale  ruota
 panoramica dentro una campagna desertica, il cimitero nel centro 
cittadino di Tokio, le grandi lettere di un alfabeto armeno appoggiate 
su dei massi a mò di scultura in un’arida radura sono testimonianza di un camminamento esistenziale, di come Wenders  dialoghi con i luoghi e viva intensamente  le sensazioni che questi gli trasmettono, racconti di un passaggio dell’uomo anche attraverso la sua totale assenza, trattenga “la memoria dei luoghi in un silenzioso flusso del tempo”.  
A
 ciascuno dei venti scatti Wim Wenders ha aggiunto una didascalia, un 
pensiero, un appunto quasi come se volesse “stimolare la capacità 
immaginifica della spettatore” non solo dai fermi-immagine ma pure dal registro
 della scrittura. Il fotografare per Wenders è una attività che lo rende
 libero, lui dice che, a differenza di quando è dietro la macchina da 
presa, per fotografare non c’è bisogno di avere delle storie in testa, 
“bisogna che la mia testa sia vuota, perché voglio farmi cogliere e sorprendere dagli spazi che scopro”. 
Quasi
 una terapia è lo scatto per il regista, anche il solo fermare il suo 
occhio dal mirino dell’obiettivo su un cantiere di nuovo di nuovo mentre
 sullo sfondo si intravede l’antico palazzo della repubblica di Berlino 
vuol dire per  stare dentro al mondo, coglierne un suono, un ritaglio visivo. Vuol di dire per Wenders sentirsi vivo.  
NAPOLI – Villa Pignatelli- Casa della fotografia. “APPUNTI DI VIAGGIO”, mostra fotografica di WIM WENDERS. Fino al 17 novembre.

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