28 luglio 2024

" Si può Si deve" di Mario Ciancarella

 



Storia dell’ufficiale democratico che ha sfidato l’infedeltà di Stato

 di Luciano Luciani

       La drammatica “storia di vita” di Mario Ciancarella, Si può Si deve – L’ufficiale democratico che ha sfidato l’infedeltà di Stato, prefazione di Giovanni Maria Flick, Edizioni Pigreco, Roma 2023, già segnalato per la Sezione Saggistica del Premio Viareggio-Repaci 2024, ha ottenuto una targa speciale del Comune di Viareggio perché: le pagine della sua biografia raccontano di un impegno civile a tutto tondo; di un coerente e indiscusso senso dello Stato; della fedeltà a tutta prova nei confronti della sua legge fondamentale, la Costituzione della Repubblica Italiana; della sua passione per la Verità e la Giustizia.

   Una storia personale, quella di Mario Ciancarella, che attraversa quasi mezzo secolo e alcune tra le più tragiche, dolorose e inesplicabili vicende del nostro Paese. E segnatamente quella del Monte Serra (3 marzo 1977), quando un Hercules C- 130 si schiantò con 38 cadetti dell’Accademia Navale di Livorno e 6 uomini d’equipaggio e quella, tristemente nota e continuamente riaffiorante all’attenzione dell’opinione pubblica, di Ustica (27 giugno 1980) in cui un areo civile, un DC-9 Itavia in volo da Bologna a Palermo, viene misteriosamente abbattuto nei cieli siciliani.

   Il sincero desiderio dell’allora giovane capitano dell’Aeronautica di arrivare, nell’un caso e nell’altro, a spiegazioni conformi alla realtà dei fatti si scontrarono sempre con l’opacità dei Comandi e gli costarono la radiazione dall’Arma Azzurra, avvenuta sulla base di un decreto firmato dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Un documento che si avvale, però, di una firma giudicata falsa nel 2016 dal Tribunale di Firenze. Una sentenza definitiva che accerta la falsa sottoscrizione di un provvedimento che è da considerarsi privo di valore e che, dopo 33 anni di discredito, ha restituito al capitano Ciancarella credibilità e pubblica dignità. 

   


        Il libro di Ciancarella è la storia di un golpe italiano che nessuno ha mai avuto il coraggio di raccontare. Pagine che sollevano dubbi inquietanti, che pongono domande serie, che fanno emergere contraddizioni e scenari preoccupanti. Un libro-verità forte nei contenuti, incalzante nel susseguirsi dei fatti, che prende alla gola il Lettore e ben svela di che lacrime grondi e di che sangue il potere politico-militare. 

Ciò che stupisce - e preoccupa - è, immotivato e pervicace, il silenzio delle istituzioni.

 


24 luglio 2024

"L'ospite" di Emma Cline

 

di Marigabri

“Che piano aveva in mente, di preciso? L’avrebbe saputo quando fosse arrivato il momento della mossa successiva.”

            Così infatti vive Alex, ragazza ventitreenne, senza un passato e senza un futuro, ospite in casa d’altri, attenta solo a intrufolarsi nella vita di qualcuno per coglierne l’estemporanea opportunità e a inventarsi un carattere adeguato alla situazione del momento.

   Il racconto la segue per una settimana: da quando Simon, il ricco cinquantenne che la mantiene nella sua super villa a Long Island, decide di scaricarla a causa di un comportamento discorde con le regole che una giovane amante, quale trofeo da esibire, è tenuta a rispettare.

   Una lunga settimana in cui Alex deve sopravvivere sperando che, presentandosi a sorpresa da Simon alla sontuosa festa del Labour Day, sarà perdonata e riammessa a godere dei privilegi a cui lei aspira. Adattandosi a essere plasmata secondo i desideri del suo mediocre sugar daddy.

   Nel frattempo lei segue degli sconosciuti, rubacchia quel che può da borse abbandonate, si infila per poco in club esclusivi, nuota in mare e soprattutto nelle piscine, dorme sulla spiaggia, si finge amica, seduce adolescenti disturbati (e disperati), ingoia analgesici… costantemente perseguitata da un tale Dom, un tizio border line a cui deve parecchi soldi.

   Tutto questo si svolge in una sorta di ottundimento, di indifferenza, di pura tensione a sopravvivere che Alex esprime muovendosi come si muove, parlando come parla, tacendo come tace.

   Un racconto che tiene incollati alle pagine, che ha il ritmo e lo spessore di un thriller. Inquietante e sospeso come la vita di Alex, scritto da un’autrice, Emma Cline, che ha già ampiamente dimostrato il suo strepitoso talento.

23 luglio 2024

"Le vie dell'Eden" di Eskhol Nevo

 



di Giulietta Isola

“La sera scolora nella notte fuori dalla mia finestra. La casa è vuota. Dal salotto non arrivano le voci dei bambini. Nella doccia l'acqua non scorre sul corpo di Niva. Le sonate di Schubert continuano a suonare in sottofondo, a basso volume. Se devo confessare tutto, questa è l'ora. “

       Nevo, come tutti i grandi autori, crea immedesimazione, ma lui lo fa in maniera diversa grazie alla sua capacità di ritrarre i nostri tratti più intimi, quelli che normalmente teniamo nascosti e che messi su pagina da qualcun altro si illuminano, escono dall’ombra ed all’improvviso sollecitano e fanno vibrare le nostre corde più segrete. 

       Nevo è lo scrittore che confessa l'inconfessabile, illumina il nascosto e proprio lì nell’'inconfessabile e nel nascosto ci siamo tutti noi, con il suo sguardo acuto ritrae i nostri lati più reconditi. 

      Siamo in Israele in presenza di tre storie legate tra loro da un filo di sottili richiami, in queste storie ci sono dei personaggi che cercano le parole più adeguate per esprimere qualcosa che li affligge e, come succede in una seduta psicoanalitica, dire all'altro equivale all'ammettere a se stessi, quei personaggi ammettono qualcosa: colpe, sentimenti, sbagli, segreti a un terzo che li ascolta, e mentre lo fanno provano ad accettare la verità di quello che sentono, a darle corpo. 

      Omri si reca al funerale di un uomo che ha conosciuto per caso durante un viaggio in Bolivia ma dopo poche pagine scopriamo che in realtà non va lì per rendere omaggio al defunto, bensì per rivedere Mor, la vedova che nasconde a tutti la verità su qualcosa di terribile. Il dottor Caro, anziano e rispettato primario, scopre di essere stato accusato di molestie da una giovane specializzanda. Nel rapporto creatosi tra i due c'è qualcosa di non chiaro che ha a che fare con il passato del dottore e con un aspetto specifico della sua storia: il senso di perdita. 

       Nella terza storia una coppia entra in un frutteto, un luogo in cui vanno a passeggiare settimanalmente. Senza che ci fosse nessun segno premonitore apparente, Ofer, il marito, si spinge oltre due filari di alberi lasciando il proprio telefono alla moglie Heli. Da quel momento fa perdere del tutto le proprie tracce, mentre lei si ritrova a rispondere di questa sparizione di fronte a tutti, riscoprendo dei lati di lui e di se stessa che erano nascosti tra cose e parole. 

        Mentre i personaggi di Nevo cercano le parole giuste per confessare l'inconfessabile, chiedono di essere ascoltati, creduti, perdonati noi lettori vaghiamo con loro tra gomitoli di ricordi, omissioni, mezze verità. Ancora una volta, parlando dei suoi personaggi, Nevo ha raccontato qualcosa di noi . 

       Lo stile apparentemente lineare della sua prosa rende scorrevole la lettura, ma indizi, sospetti e rivelazioni sparsi qua e la sorprendono, catturano l’attenzione e obbligano a restare attaccati alla pagina. Leggere Eskhol Nevo è sempre emozionante, costringe a levarsi la maschera e a spogliarsi delle infrastrutture mentali menzognere che raccontiamo agli altri, ma in primis a noi stessi. Il finale mi è parso un po’ surreale considerando quanto lo scrittore sia ancorato alla realtà, ma a Nevo perdono molto e leggerlo mi dà sempre grande soddisfazione.

Forse evitiamo di domandare quando abbiamo paura di conoscere le risposte.”

LE VIE DELL’EDEN di ESKHOL NEVO NERI POZZA EDITORE

12 luglio 2024

"Pier Paolo Pierucci e la sua città " di Carlo Rey Lacsamana

 


      Quando venni a vivere a Lucca c'era una libreria inglese in Borgo Giannotti, a una decina di minuti a piedi, dall'interno della città dove abitavo. Era l'unica libreria straniera della città e il suo proprietario, che era per metà inglese e per metà italiano, era un libraio affabile e colto e alla fine divenne un amico. La sua bottega  fu una sorta di rifugio durante i miei primi anni in Italia; mi distolse dalla mia inguaribile nostalgia di casa e dal senso di alienazione dovuto alla mia incapacità di parlare la lingua.

 

       Per coincidenza, le volte che frequentavo la libreria c'era sempre un uomo strano, rozzo, con i capelli arruffati, aveva la faccia come se non avesse dormito per settimane, la barba lunga e sporca, i baffi folti con la pipa in bocca. Sembrava un rivoluzionario dell'Ottocento con il suo cappotto anche nel caldo di giugno e veniva continuamente rimproverato dal libraio: "Pier Paolo per favore! Non fumare qui dentro! Vai fuori!", al quale come rispsta seguiva una fragorosa risata condita da colpi di tosse.

       In quel periodo lo strano uomo era già una specie di leggenda nella città. Una volta, alle sue spalle, il libraio mi sussurrò all'orecchio: "Il Van Gogh di Lucca". Sulle pareti della libreria erano inchiodati alcuni quadri dello strano uomo. Avevo imparato presto che le sue opere erano sparse un po' ovunque: nelle case, nei bar, nei negozi e persino nei ristoranti. Una volta il libraio mi invitò a cena in una trattoria del posto dove il pittore era solito consumare i suoi pasti; in effetti, il locale era pieno di suoi quadri, come se fosse la sua galleria privata. Dipingeva velocemente; li vendeva quando e dove poteva; alcuni li regalava.

    Recentemente la città, in onore dell'opera dell'artista, ha organizzato una mostra intitolata "Pier Paolo Pierucci: Pittore di luce e di colore". Voglio dire qualcosa sul suo lavoro.

      I critici locali sottolineano spesso la sua affinità con Van Gogh sia come influenza artistica sia come destinatario di quel termine troppo romantico di "pazzo". Come il pittore olandese, Pierucci trascorrerà l'ultimo periodo della sua vita in un ospedale psichiatrico. Questa coincidenza è più una caricatura che un omaggio estetico.

     Il termine "follia", quando viene utilizzato nell'analisi storico-artistica, contiene una valenza romantica e molto spesso non riesce a spiegare l'arte più che l'artista; e nei confronti di quest'ultimo l'etichetta è piuttosto condiscendente, come se la produzione stessa dell'arte fosse preordinata a una certa patologia e per lo spettatore si dovesse presupporre un artista malato per apprezzare e comprendere l'arte. Abbandoniamo il termine e guardiamo i dipinti di Pierucci.

      Lui, come il pittore olandese, è un autodidatta; se c'è qualcosa che li accomuna è il fatto di essere stati entrambi risparmiati dalle rigide teorie estetiche e dalle preoccupazioni tecniche delle scuole d'arte; e soprattutto entrambi possiedono la capacità di essere mistificati.

    Pierucci dipinge come qualcuno che ha visto l'oggetto innumerevoli volte e tuttavia è spinto a dipingerlo perché la familiarità dell'oggetto è accompagnata dal mistero. Un oggetto familiare, se osservato con profonda attenzione e concentrazione, genera il proprio mistero. Questo forse spiega l'emozione delle sue pennellate.

Van Gogh"È l'eccitazione, l'onestà di un uomo della natura, guidato dalla mano della natura. E a volte questa eccitazione è così forte che si lavora senza accorgersene: i colpi di pennello si susseguono rapidamente e si susseguono uno dopo l'altro".

 

       Perché l'impulso a dipingere nasce da questa emozione. Non è l'eccitazione del turista che ammira solo ciò che desidera vedere. Quando Pierucci dipinge un certo paesaggio o una veduta della sua città, il sentimento di casa si riempie allo stesso tempo dell'aura e della sorpresa di una scoperta archeologica. Quando la dipinge si scopre qualcosa della città, qualcosa che alla maggior parte dei turisti sfugge: il mistero.

       Quando Pierucci dipinge la Chiesa di San Michele in condizioni climatiche diverse è come se osservasse una bella donna che cambia abito a ogni ora del giorno! Per Pierucci la città è la sua donna. E proprio come una donna amata, lo ispira e lo frustra allo stesso tempo; ma non è mai noiosa, perché la città è misteriosa come una donna. Lui conosce tutti gli aspetti della sua bellezza, anche il suo nervosismo e la sua tristezza.

       Nella sua eccitazione i paesaggi e le vedute che dipinge gli rivelano i loro nomi di donna.

       La chiesa di San Michele è Michela, San Martino è Martina, San Frediano è Frida, San Cristoforo è Cristina, una certa strada è Irene, una certa piazza è Francesca, un pezzo di muro è Giuliana. E ogni donna lo ha amato a modo suo.

      Questa eccitazione afferma la spontaneità e l'immediatezza dei suoi colori, che sembrano saltare fuori dai tubetti direttamente sulla tela e le sue pennellate perdono il controllo come un'erezione! Forse vigorosa è la parola giusta per descrivere questa intensa celebrazione visiva, quasi sessuale, della sua storia d'amore con Lucca, la sua città.

 

Da qui possiamo andare oltre.

       Dall'anno della sua morte, nel 2018, a oggi sono accaduti eventi drammatici nel mondo. L'esperienza di Covid-19 e le sue conseguenze hanno messo in discussione il nostro senso di appartenenza e il nostro senso del luogo, in quanto tutte le forme di movimento sono state limitate e hanno messo a nudo il nostro completo isolamento dal mondo naturale. Le opere di Pierucci, viste da questa prospettiva, sono piene di senso del luogo: un sentimento profondo per la casa che è l'opposto dell'isolamento. Ha dipinto Lucca come una sorta di gratitudine non espressa perché non avrebbe potuto vivere in nessun altro luogo. Ricordo i versi del grande poeta siriano Nizar Qabbani: "Non ti ho amato solo come persona, ma ti ho amato come patria, non volevo appartenere a qualcun altro".

        La pittura per Pierucci è una forma di radicamento, un atto di cittadinanza. Ciò che si ritrova nella sua arte non è l'affermazione dei clichè della follia, ma la gioia di appartenere, di essere "qui e ora" - persino i suoi dipinti di fiori sembrano urlare, lamentarsi, gioire, celebrare il loro breve posto in questo mondo. I suoi colori vibranti non sono affatto indicativi di un ritorno all'innocenza, né suggeriscono la conservazione dello spirito del bambino che è in un artista. Nella vita possiamo solo fingere di essere innocenti, ma questa finzione porta a dure conseguenze. L'esperienza di Covid-19 ne è una prova. In effetti, la civiltà è tornata al lavoro; la tragedia è stata dimenticata; attendiamo inconsapevolmente un altro disastro.

     Le opere di Pierucci sono l'antitesi di questa indifferenza. I suoi dipinti affermano il senso di appartenenza che rende una responsabilità di cittadinanza, di amore per il nostro luogo, questo mondo. Le sue opere si confrontano con il futuro di una città come Lucca, come qualsiasi altra città italiana, che si sta rapidamente alterando a causa della volgarizzazione dell'eccesso di turismo. I suoi dipinti comunicano l'altra faccia di questa trasformazione.

                               

    Carlo Rey Lacsamana è uno scrittore, poeta e artista filippino nato e cresciuto a Manila, nelle Filippine. Dal 2005 vive e lavora nella città toscana di Lucca, in Italia. Collabora regolarmente con riviste filippine, scrivendo di politica, cultura e arte. I suoi lavori sono apparsi su Esquire Magazine, The Citron Review, Mediterranean Poetry (Stoccolma), Amsterdam Quarterly, Lumpen Journal (Londra), The Berlin Literary Review, Literary Shanghai e in altre numerose riviste. Il suo racconto Toulouse è stato registrato come storia in podcast nel podcast narrativo Pillow Talking (Australia). Seguitelo su Instagram@carlo_rey_lacsamana