28 giugno 2025

"Yoga" di Emmanuel Carrère

 



di Giulietta Isola

«Quello che sta vivendo è orribile: bene. Lo viva. Vi aderisca. Sia quell’orrore. Se deve morirne, ne morirà. Non cerchi né ragioni né mezzi per uscirne. Non faccia niente, lasci perdere: solo così può verificarsi un cambiamento». In altre parole: mediti, perché la meditazione è questo.

                     Yoga non è un libro specificamente su questa antica disciplina, ma un libro su di una ricerca incessante di spiritualità, di senso e di equilibrio. La prima parte è più strettamente sullo yoga e sul seminario Vipassana al quale Carrère sta partecipando fino a quando viene richiamato nel mondo reale dall’attentato a Charlie Hebdo nel quale è rimasto ucciso il suo amico il vignettista Bernard Verlhac. Tutto si fa incerto, angosciante, effimero. Carrère precipita in una gravissima crisi depressiva (già peraltro sperimentata dall’autore a cui è stata fatta diagnosi di bipolarità, e che ha passato 20 anni sui lettini di vari analisti parigini), e viene ricoverato in Psichiatria, dove rimarrà alcuni mesi, accettando anche di sottoporsi a elettroshock e di prendere una dose notevolissima di psicofarmaci. Cosa che lo accompagnerà, dice, tutta la vita. 

        La rinascita sembra verificarsi quando decide di andare in Grecia ad assistere alcuni ragazzini migranti sull’isola di Leros Il tipo di rapporto che instaura con i ragazzi e le meditazioni esistenziali che ne derivano, la relazione intensa e disperata con la donna che incontra sull’ isola e con la quale condivide il supporto a quei derelitto gli fanno tornare la voglia di ricominciare a vivere. 

       Al di là della trama, che mischia fantasia e autobiografia, a colpirmi sono state le intense riflessioni dello scrittore sulla ricerca di senso e scopo dell’esistenza. Per me non è una novità ma Carrère dà prova di avere un Ego smisurato, niente affatto modesto, niente affatto disposto a essere trasceso, come vorrebbero le discipline orientali. Confessa sinceramente di aver tentato di affrontare i suoi demoni anche attraverso la Psicoanalisi. Disastrosamente fallimentare per lui, pare. Carrere sembra un paziente grave, con diagnosi psichiatrica molto pesante, ma è anche una persona geniale, molto narcisista e molto empatica: sensibile e raffinato, ottimo scrittore, conoscitore del mondo orientale e vincitore di premi illustri. La meditazione è essere al corrente dell’esistenza degli altri, sembra concludere Carrère, è tenere lo sguardo verso il cielo, se pure affascinati dalla prosaicità degli affetti, perché alla fine le relazioni umane sono interessanti. 

          Tenere insieme spirito e materia, osservare il proprio respiro ma anche partecipare e impegnarsi per salvare quel che resta del mondo: il buono e il cattivo o meglio, il semplice e il complesso, il concreto e l’astratto, in una inesauribile dialettica. Yoga è…Confessione. Ma è anche dolore, meditazione, speranza. 

            Yoga è un libro in cui viene contenuto di tutto: realtà, invenzione, pillole di yoga, attualità. Questo libro è stato definito incompiuto, frammentario, non unitario , io non so come definirlo, posso solo dire che Carrere è straordinariamente attraente per la sua prosa comunque originale, intervallata da riflessioni, ovviamente scrive molto bene ed a me, fra i molti suoi che ho letto, è piaciuto anche questo.

YOGA di EMMANUEL CARRERE ADELPHI EDITORE

 

24 giugno 2025

"Storie (di) corte" di Oriano Landucci

 


di Marisa Cecchetti

       Una serie di spaccati di vita contadina sono le storie di corte che Oriano Landucci recupera fin dagli anni ’50 del secolo scorso, a cominciare da quelle che sono rimaste nei suoi ricordi di bambino, che immediatamente prendono vita davanti agli occhi di chi è già avanti negli anni, per averle vissute di persona o almeno per averle conosciute.

         Non si va molto lontano da Lucca, infatti si rimane a San Macario in Piano e a Sant’Angelo in Campo a scoprire personaggi come  Bidia, il nonno materno, che cerca di eccellere in tutto e ama raccontare di sé anche a chi non conosce; Sante, il nonno paterno che il bambino non ha conosciuto, ma gli rimane addosso, perché tutti lo indicano non con il suo nome proprio ma come il nipote di Sante. Lui lo ha scoperto attraverso le parole della nonna, che lo ricorda come un uomo burbero e poco attento alle esigenze di lei, che comunque ha saputo adattarsi e accettarlo con pazienza.

        Le figure femminili non mancano di capacità decisionale, se si pensa alla moglie del capofamiglia, padrona assoluta in casa soprattutto nel tempo delle pulizie di Pasqua; risalta come in un quadro  una donna che attende alla finestra il ritorno del marito, per buttare la pasta quando lo vede; la sarta è nella stanza di lavoro dove la raggiungono le altre donne a fare due chiacchiere e a sfogliare i fotoromanzi; c’è la ragazza la cui avvenenza non sfugge nemmeno ai più piccoli; c’è la donna che al mattino parte presto in bicicletta per andare  in fabbrica, dopo essere uscita di casa col vaso da notte in mano, da rovesciare nel gabinetto esterno; c’è la vedova che diventa oggetto di commenti divertiti, mai offensivi, nella bottega del barbiere…

       La corte rappresenta una comunità autosufficiente dove si provvede a tutti i bisogni, perché c’è sempre qualcuno capace di fare, risolvere, a suo modo è un piccolo feudo. I raccolti segnano il passare delle stagioni, con il tempo della semina, con la mietitrice attaccata al trattore che va per i campi di grano; con le filze di granturco che colorano le facciate, i fagioli lanciati controvento per pulirli dalla pula

       In tutte le stagioni c’è la pruetta carica di panni da smollare diretta al lavatoio, è sempre viva la curiosità che vede accorrere per qualcosa di nuovo e di insolito. Intanto gli anni passano e arriva il fornello a gas a sostituire quello a carbone, arriva anche il frigorifero e qualche televisore che porta la gente di corte a migrare la sera da chi ne ha uno.

      I bambini si inventano i giochi in corte e aspettano Sprecafico, il mago che sa aggiustare la trebbia, come se fosse un attore di teatro, visto che ha un vasto repertorio di bestemmie insolite da gridare al vento. A nessuno viene in mente di emarginare chi è visibilmente diverso, ma si interviene con ferma severità se qualcuno che non appartiene alla corte osa farlo.

        Sembra di evocare un tempo lontano lontano, invece è alle nostre spalle e i più anziani lo possono ancora raccontare. Ma è meglio se si scrive, per fissare sulla carta tutto ciò che è cambiato a una velocità mai vista prima. Quanto in meglio e in peggio non è il caso di chiarirlo qui.

Oriano Landucci, Storie (di) corte, Maria Pacini Fazzi editore 2024, pag. 212, € 15,00

 

 

 

13 giugno 2025

Louise o la signora Maigret" di Luciano Luciani

 


 


Cosa volete farci? Ognuno ha le sue distorsioni. A me, per esempio, piacciono poco i protagonisti, gli eroi, i primi attori, i mattatori e, invece, garbano assai i comprimari. Ovvero, quanti nei romanzi, nei film, - nella vita? - svolgono ruoli importanti, ma non principali. Rispetto ai protagonisti sono figure di sostegno: gli aiutanti dell’eroe. Per intenderci Sancho Panza per Don Chisciotte, il dottor Watson per Sherlock Holmes… 

Così, da appassionato lettore di George Simenon, e in particolare delle vicende romanzesche del commissario Maigret, ho sempre apprezzato - e anche qualcosa di più l limite dell’innamoramento ovviamente letterario - il personaggio della signora Maigret. L’Autore la inventa originaria di Colmar, in Alsazia, fedele al marito, è al suo fianco nei momenti in cui Maigret riesce, tra un'indagine e l'altra, a ritirarsi nella sua abitazione di Boulevard Richard-Lenoir: un appartamento né bello, né brutto, né particolarmente sofisticato: la casa di un funzionario parigino., Però è calda, luminosa, confortevole, accogliente… Come la capace poltrona in grado di contenere il didietro un po’ pachidermico di Jules Maigret. Giusta, poi, l’illuminazione per leggere i giornali. Anche quando il commissario rientra nel cuore della notte, non fa in tempo ad aprire la porta di casa, che trova la moglie ad aspettarlo sulla soglia, benevola e comprensiva. 

Figura devota, attenta, premurosa, donna di un altro tempo, la signora Maigret è un'ottima cuoca, sempre pronta a cucinare qualche buon piatto non appena il marito riesce a liberarsi dai suoi doveri professionali. Nella finzione narrativa il personaggio si chiama Louise Léonard, ma il commissario le si rivolge chiamandola quasi sempre con l’appellativo di "signora Maigret" così come la signora è solita chiamare il marito "Maigret" anziché usare il nome di battesimo. 

Dai rari indizi disseminati nelle pagine dei romanzi del ciclo dedicato all’umanissimo avversario del male annidato tra le strade e le piazze di Parigi, apprendiamo che la coppia si è sposata nel 1912 e che ha avuto una figlia morta in tenerissima età. In non poche occasioni, poi, la signora Maigret collabora alle indagini del marito svolgendo piccole, ma non inessenziali, incombenze che in qualche modo aiutano la ricerca della verità. Maigret, insomma, si può permettere di tornare a casa a qualsiasi ora del giorno o della notte e trovare la moglie. 

Una devozione piena, totale quella di Louise per Jules, ma non opaca, non ottusa: la signora Maigret è gratificata, e non poco, di essere tale e di aiutare il celebre marito, un importante esponente del Quai des Orfèvres, sede della polizia, brigata anti-crimine a cui è affidata la tutela dell’ordine pubblico della capitale francese. Gli dà manforte per quelle che sono le sue competenze di casalinga. Mantiene la casa pulita e accogliente, cucina i piatti preferiti dal marito - l’immancabile soupe d’oignons, la zuppa di cipolle – ne sopporta pazientemente i silenzi che possono prolungarsi anche per giorni. Non di rado per ingannare le attese dei rientri di lui lavora a maglia.

 E in cambio? Qualche rada uscita insieme al cinema o al ristorante e mai una vacanza, perché, si sa, il delitto non va mai in ferie… Uomo antico, con lo sguardo rivolto al passato, il commissario è privo di patente di guida e allora, anche se non più tanto giovane, la signora Maigret decide di ovviare a quella manchevolezza. Soprattutto per potersi recare, nei giorni di festa nella loro casa di campagna a Meung - sur - Loire nel Loiret; località che la coppia frequenta solo nelle giornate libere, fino a che il commissario è in attività, e nella quale si trasferiranno definitivamente dopo la pensione di Maigret. “È” ha scritto Arthur Rimbaud, “un buco verde dove canta un fiume”. Da qui in poi perdiamo le tracce di Louise e Jules…

Le inchieste del commissario Maigret di Georges Simenon, 75 romanzi e 28 racconti, sono tutte pubblicate dalla casa editrice Adelphi / Milano

10 giugno 2025

"Giorno di risacca" di Maylis de Kerangal

 


di Marigabri

A Parigi, in un giorno qualunque, la protagonista riceve una strana, assurda telefonata. Un poliziotto le comunica che un corpo senza vita è stato ritrovato nel porto di Le Havre e che questo fatto in qualche modo la riguarda.

Lei, doppiatrice quarantanovenne, vita tranquilla, sposata, con una figlia quasi ventenne, manca da Le Havre, sua città natale, da almeno vent’anni. E adesso questo fatto macabro, inusitato, la chiama a tornare lassù e a vivere quello che può essere definito il suo “giorno di risacca”.

Sarà insieme un viaggio verso l’ignoto e un tuffo nel passato, verso una città che nella grigia luce novembrina appare ancora più fredda e inospitale.

La scrittura di de Kerangal è raffinata, elegante, complessa (tanto da essere a tratti respingente). La trama gialla è poco più di un pretesto per costruire un edificio di intarsi narrativi che appare spesso eccessivo, forzato: dai ricordi personali a quelli della seconda guerra mondiale (le Havre fu distrutta dai bombardamenti), ai recenti disastri della guerra in Ucraina; dai problemi tecnici del doppiaggio a quelli etici dell’intelligenza artificiale (per tacer dei narcotrafficanti).

Insomma: troppa densità e troppo politically correct sfilacciano una trama già esile e lasciano praticamente inconclusa la questione di partenza, che si rivela infine un mero espediente letterario, un gancio offerto al curioso lettore per parlare d’altro.

Il testo è teso, intenso: dentro un numero contenuto di pagine si aprono numerosi collegamenti e scenari problematici. Con il rischio di perdersi e passare fatalmente dal tanto al nulla.

Maylis de Kerangal è un’autrice molto apprezzata, non solo in patria, e dunque proverò a darle una seconda possibilità prima di escluderla dalle voci che si intonano al mio gusto di lettrice.

 

27 maggio 2025

" Salone del libro 2025 (2a parte)" di Giulietta Isola

 



                      Sabato si comincia alla grande con Javier Cercas ed il suo “Il folle di Dio alla fine del mondo”, anticlericale e laicista militante, ha viaggiato in Mongolia in compagnia di Papa Francesco per indagare su spiritualità e religione e per avere una risposta alla domanda che nessuno può fare a meno di porsi: può esserci vita dopo la morte? Interessante conversazione e libro da leggere. E' il turno di Paola Caridi e Francesca Mannocchi accolte da un pubblico delle grandi occasioni e tantissimi giovani. Le due autrici hanno dedicato il loro studio e le loro parole al Medioriente, sono intervistate dalle studentesse di un liceo torinese che vogliono conoscere meglio il nostro mondo frantumato e iniziare, al più presto, a rimettere insieme i pezzi. Bellissimo e quasi commovente. 


. Ma le emozioni continuano con Adania Shibli , palestinese che racconta un popolo dalla storia travagliata, dolorosa e senza pace. Ho apprezzato molto l’omaggio a Joan Didion , una delle più apprezzate scrittrici del Novecento. Nel suo Diario per John scrive le sue riflessioni più profonde, le sue incertezze, le ombre della sua mente: la depressione, l’ansia, il senso di colpa e la lacerante complessità del rapporto con la figlia. A seguire Luca Briasco, esperto di letteratura americana e traduttore, incontra Romana Petri per parlare di una ragazza americana di solidi principi, che si incanta davanti alle galline e non smette mai di avere Cristo come sublime interlocutore e ritiene la scrittura un dono divino. Quella ragazza è Flannery O’Connor, una delle più grandi autrici del Novecento, protagonista del romanzo di Petri La ragazza di Savannah. Adoro la O’Connor e mi è piaciuto molto l’incontro. Si finisce in bellezza con la mia amica Ilide che parla di un’icona letteraria Roberto Bolano. Sono quasi le 20, la giornata è stata bellissima, adesso in centro mi aspetta una bella cena e tante chiacchiere con le mie amiche Renata e Dina. 

 Domenica, per me l’ultimo giorno di Salone, inizia con l’incontro con il giovane autore americano Michael Bible del quale ho apprezzato il romanzo di esordio e con lui sono ritornata Harmony, la cittadina del Sud degli Stati Uniti solo apparentemente ordinaria. L’evento successivo è quello con Alexander Etkind e Luca Steinmann. A partire da La Russia contro la modernità di Etkind e da Vite al fronte. Donbass, Libano, Siria, Nagorno Karabakh: il grande intreccio delle guerre nelle storie di chi le ha vissute di Steinmann si parla del prezzo delle decisioni di Putin e di altri leaders pagato da chi lotta per la sopravvivenza nei paesi sotto attacco. E’ la volta di Roy Chen, l’autore israeliano di Anime intrattiene il suo pubblico in italiano sul suo nuovo romanzo che è la storia di tre donne : Gabriela, sua madre Noa e nonna Tzipora, oltre che di un mondo su cui sta per incombere il Grande Frastuono. Incontro Shalom Auslander nato e cresciuto del quartiere ebraico ortodosso di Monsey a New York. Racconta una vicenda famigliare umoristica e provocatoria. Sono già le 15.00 sono molto incuriosita dal nuovo libro di Mario Desiati Malbianco nel quale indaga il rapporto accidentato tra storia e memoria, tra individuo e radici. Vado ad ascoltare Amal Oursana che ci racconta nel suo nuovo libro Il segreto nel nome la quotidianità delle famiglie immigrate, il dialogo tra generazioni e un viaggio di ritorno, alla scoperta di una storia profonda e spirituale. 

La giornata sta per finire, ma voglio ascoltare, per chiudere in bellezza, Vanessa Roghi autrice di La parola femminista. Dialoga con Vera Gheno sul valore della parola “femminista” che evoca, ancora oggi, una grande varietà di significati, immagini e letture. Morale non bisogna dimenticare il passato ma comprendere l’evoluzione del concetto e della parola stessa nel tempo e nello spazio. Molto interessante e molto partecipato. Finisce con queste due donne intelligenti il mio Salone 2025. Sono stanca, ma soddisfatta, sono stata dove volevo essere e sono stata felice...ci ho fatto caso. Al prossimo anno Salone.