di Marigabri
A Parigi, in un giorno qualunque, la protagonista riceve una strana, assurda telefonata. Un poliziotto le comunica che un corpo senza vita è stato ritrovato nel porto di Le Havre e che questo fatto in qualche modo la riguarda.
Lei, doppiatrice quarantanovenne, vita tranquilla, sposata, con una figlia quasi ventenne, manca da Le Havre, sua città natale, da almeno vent’anni. E adesso questo fatto macabro, inusitato, la chiama a tornare lassù e a vivere quello che può essere definito il suo “giorno di risacca”.
Sarà insieme un viaggio verso l’ignoto e un tuffo nel passato, verso una città che nella grigia luce novembrina appare ancora più fredda e inospitale.
La scrittura di de Kerangal è raffinata, elegante, complessa (tanto da essere a tratti respingente). La trama gialla è poco più di un pretesto per costruire un edificio di intarsi narrativi che appare spesso eccessivo, forzato: dai ricordi personali a quelli della seconda guerra mondiale (le Havre fu distrutta dai bombardamenti), ai recenti disastri della guerra in Ucraina; dai problemi tecnici del doppiaggio a quelli etici dell’intelligenza artificiale (per tacer dei narcotrafficanti).
Insomma: troppa densità e troppo politically correct sfilacciano una trama già esile e lasciano praticamente inconclusa la questione di partenza, che si rivela infine un mero espediente letterario, un gancio offerto al curioso lettore per parlare d’altro.
Il testo è teso, intenso: dentro un numero contenuto di pagine si aprono numerosi collegamenti e scenari problematici. Con il rischio di perdersi e passare fatalmente dal tanto al nulla.
Maylis de Kerangal è un’autrice molto apprezzata, non solo in patria, e dunque proverò a darle una seconda possibilità prima di escluderla dalle voci che si intonano al mio gusto di lettrice.
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