15 marzo 2025

" Il brodo primordiale del romanzo poliziesco" di Luciano Luciani

 


Il brodo primordiale del romanzo poliziesco

 di Luciano Luciani

Alla creazione del romanzo poliziesco hanno contribuito senza dubbio i formidabili mutamenti economici, sociali e culturali in atto durante tutto il XIX secolo favoriti da importanti innovazioni tecnologiche che pongono le basi per un’inedita espansione della evoluzione civile: il treno, il telegrafo, la fotografia e più tardi il telefono, il cinema, la macchina per scrivere cambiano nel profondo i modi di vivere lo spazio, il tempo e gli stili di vita. 

Se il capitalismo imperialista tende a unificare sotto il proprio controllo tutti i continenti e la vita umana si mondializza, la fotografia e più tardi il cinema consentono di avere contezza di come realmente esistono uomini, paesaggi e paesi mai visti e mai direttamente visitati. Declinano le macchine a vapore progressivamente sostituite da quelle elettriche. Le luci, prima a gas, poi elettriche, illuminano le città. La natura tende a diventare artificiale, a trasformarsi in una seconda natura, questa creata e governata esclusivamente dall’uomo. L’intero campo dell’esperienza umana risulta radicalmente sconvolto. 

Ne risentono le arti, la letteratura, la poesia... L’orizzonte dei letterati non è più quello della tradizione arcadica: i loro panorami sono ora gli asfalti grigi, le strade scintillanti di luci artificiali e di merci, l’anonima folla urbana. L’intellettuale subisce le trasformazioni intervenute nella società e si aggira spaesato ed estraneo nella sua stessa città.

Forte l’incremento della popolazione delle periferie che vive in condizioni misere e nell’assenza delle più elementari coperture sociali. Nei quartieri proletari delle città industriali si addensano masse di ex contadini rimasti senza terra: la loro condizione è fatta di sporcizia, malattie, fame, sfruttamento soprattutto delle donne e dei bambini. Ne consegue un preoccupante aumento della criminalità e la sempre più assillante e angosciata percezione di questo fenomeno presso l’opinione pubblica. 

Cresce, comunque, il numero degli alfabetizzati e dei lettori e si allarga l’interesse della stampa popolare per la cronaca nera: negli anni a metà dell’Ottocento si moltiplicano le grandi inchieste sociali sulla delinquenza, sulla prostituzione, sull’alcolismo e i dibattiti sui diversi sistemi repressivi e penitenziari. 

Un esempio è rappresentato in Francia dalla importante opera di Frègier, Sulle classi pericolose della popolazione nelle grandi città, apparso nel 1840. Va anche ricordato che sempre in Francia non erano pochi gli scrittori di romanzi d’appendice che traevano ispirazione dalla “Gazette des tribunaux”. Dalla paura per le masse proletarie ne deriva la tendenza a studiarne la psicologia e i comportamenti. E se all’inizio esse sono viste come naturalmente portate alla criminalità - La folla delinquente del 1891 è il titolo significativo di un importante studio sull’argomento dello psicologo e criminologo italiano Scipio Sighele - successivamente il medico francese Gustave Le Bon corregge questa considerazione pessimistica e nel suo La psicologia delle folle del 1895 giunge a una posizione più equilibrata individuando nella massa una moralità collettiva disposta sia ai peggiori delitti sia ai più grandi atti di eroismo e di sacrificio. 

Intanto a Milano, la più europea delle città italiane, Ludovico Corio pubblica un libro ferocemente classista, Milano in ombra. Abissi plebei, 1885, in cui possiamo leggere che la plebe costituisce la “pellagra sociale”, è corrotta, è feccia che odia le classi elevate, segnata da tratti somatici peculiari che lombrosianamente la individuano e la distinguono. Una razza a sé, di cui aver timore e da controllare costantemente.

Decisivo, poi, il largo sviluppo di un esteso spirito razionalista e scientista proprio dell’età del positivismo, quell’indirizzo filosofico che nato in Francia nella prima metà del XIX secolo si sviluppò nella seconda in tutti i paesi europei a partire dall’Inghilterra in cui sempre più spesso si attivano procedure d’identificazione e conoscenza a partire da dettagli apparentemente secondari, oppure da piccoli eventi marginali. 

Non bisogna, poi, trascurare il fatto che nella sua fase aurorale il romanzo poliziesco, ancora privo di autonomia, ancora non consapevole della propria esistenza e dei propri statuti, si alimenta anche di suggestioni letterarie attingendo anche ad altri generi: per esempio la bibliotheque bleue  (collana di libri economici in cui erano pubblicati romanzi d’avventure, cavallereschi o storie di briganti), romanzi gotici inglesi,  cronache giudiziarie, le biografie romanzate di banditi e briganti, le memorie di funzionari di polizia… Un pentolone ribollente da cui, circa a metà del XIX secolo, emergeranno con più nettezza e consapevolezza le strutture portanti di un genere letterario che doveva segnare di sé quasi due secoli di storia letteraria a venire.

 


 

09 marzo 2025

"Caro Michele" di Natalia Ginzburg


di Marigabri

Qui si passa la vita a farsi pena agli uni con gli altri”

Al contrario di Lessico famigliare questo non è il racconto di una “tribù“, come la definisce Cesare Garboli, unita da un comune sentire che rappresenta un vincolo di forte appartenenza, nonostante le difficoltà e le distanze.

“Caro Michele” mostra invece una serie di atomi dispersi: individui in bilico che non riescono a trovare una compiutezza, a darsi una forma, tra loro somiglianti solo per una profonda inadeguatezza a vivere, a trovare il proprio posto nel mondo.

Attraverso il racconto epistolare, interrotto da qualche narrazione in terza persona, conosciamo Michele (pur senza conoscerlo davvero), ragazzo sbandato e inquieto, in fuga perenne e alla ricerca di non sappiamo bene cosa, e conosciamo Adriana, la madre, che attraverso le sue lettere, va cercando un contatto impossibile col figlio lontano, ben consapevole del fallimento di questa relazione mancata.

Ci sono poi le sorelle, c’è il fedele ma indecifrabile amico, ci sono altri personaggi che arrivano come comparse in una scena sempre un po’ vuota, ma soprattutto c’è Mara, la ragazza un po’ folle che cerca ovunque e da chiunque asilo e protezione per lei e per il figlio appena nato, che forse è di Michele, ma forse no.

Sono gli anni Settanta, gli anni della lotta politica e dell’amore libero. C’è la violenza di piazza e ci sono le droghe, c’è il fallimento di una generazione che voleva cambiare il mondo e non è riuscita a cambiare se stessa.

Lo stile dimesso, il tono monocorde, insomma il distacco con cui Natalia Ginzburg tesse le fila del suo racconto è avvincente e raggelante insieme, proprio come la stagione in cui la vicenda si dispiega, l’inverno. Perché anche quando l’estate arriverà sarà impossibile percepirne il sollievo e il calore.

 Natalia Ginzburg. Caro Michele, Einaudi.

27 febbraio 2025

"La malinconia di Maigret, uno come noi" di Luciano Luciani

 


      


               Nella storia del romanzo poliziesco la Grande Svolta avviene a ridosso degli anni Trenta, grazie alle opere di Georges Simenon che riescono a compiere una duplice operazione: riscattare il romanzo poliziesco dalle critiche, tanto facili quanto diffuse, di imbecillità stilistica ed emanciparlo dalla fama di essere una letteratura dai contenuti solo violenti e volgari. Il lascito più importante del torrentizio letterato francese è stato, infatti, quello di essere riuscito a far leggere il poliziesco anche a quel pubblico colto che si era sempre vantato di non aver mai letto una pagina di letteratura ”di genere” e di opere “paraletterarie”.

      Georges Simenon (Liegi, 1903 – Losanna, 1989) è stato uno scrittore destinato a influenzare il romanzo poliziesco per oltre mezzo secolo e a esercitare sulla sua trasformazione un peso pari, se non maggiore, a quello dello scozzese Arthur Conan Doyle (1859-1930), il “babbo” di Sherlock Holmes e del dottor Watson suo aiutante e cronista, e dello statunitense Dashiell Hammet (1894-1961), creatore dell’investigatore Sam Spade, in pagine ammirate dai contemporanei, non ultimo da Ernest Hemingway, per una scrittura diretta e incisiva. Anche Simenon è un “forzato della penna” - come i grandi scrittori d’appendice, Balzac, Zola e, si parva licet, Maurice Leblanc e la coppia Allain-Souvestre rispettivamente inventori di Arsenio Lupin e Fantomas – ed è autore di non meno di cinquecento romanzi, solo settantasei dei quali - insieme a ventotto racconti - appartenenti alla serie di Maigret. Oggi, comunque, il letterato belga è conosciuto universalmente e quasi esclusivamente per essere il creatore del celeberrimo commissario parigino della Prima Brigata Mobile, uno dei più noti personaggi della narrativa cosiddetta “gialla”.

     Gran parte del fascino, ancora attuale, di Maigret non risiede solo nella malinconia di cui è intriso il personaggio, ma soprattutto per il suo metodo d’indagine: quel suo calarsi nell’atmosfera del delitto, quel sapersi immedesimare nei pensieri e nei sentimenti della vittima e del colpevole anche quando quest’ultimo non ha ancora un’identità, fin quasi ad appropriarsene in virtù di uno specialissimo rapporto empatico che il commissario parigino riesce a stabilire sempre, tra lui, imperterrito cacciatore della verità, e la sua preda, l’autore del crimine.

    Simenon si fa apprezzare più nel definire le ambientazioni che nello strutturare le trame. I suoi interni provinciali e piccolo borghesi, le sue atmosfere familiari, i suoi bozzetti di vita urbana e rurale, sempre improntati a un grigio e pacato naturalismo, tendono a persistere nella memoria più a lungo di tante cervellotiche architetture delittuose. “Io non penso mai”, dice talvolta Maigret; “Io non tiro conclusioni”; o anche “Io non ho idee”. Talvolta la consegna del colpevole alla giustizia è del tutto secondaria e Maigret sembra rassegnarsi al ruolo di poliziotto proprio perché non può proprio farne a meno. Dalle prime inchieste Pietr Le Letton, 1929, L’affaire Saint-Fiacre, 1932, Le testament Donadieu, 1937, Maigret è rimasto immutato come la sua Parigi, anche se nel corso dei decenni il personaggio si è fatto più maturo e amaro: la miseria morale lo turba nel profondo come un elemento che mortifica la dignità dell’uomo e ne accentua un sentimento di solitudine esistenziale di fronte all’ennesima vicenda che gli ripropone, ancora una volta e una volta di più, il tema della tossica invincibilità del male.

 




25 febbraio 2025

"Cassa 19" di Claire-Louise Bennett

 



di Giulietta Isola

Alcune parole scritte sono vive, attive, palpitano – esistono in tutto e per tutto nel presente, lo stesso presente in cui esistiamo noi. In effetti sembra che vengano scritte mentre le si legge, sembra addirittura che sia il posarsi dei nostri occhi sulla pagina a farle apparire, e comunque certe frasi non sembrano per nulla separate da noi o dal momento in cui le leggiamo. Si ha la sensazione che non esisterebbero se noi non le vedessimo. Che non esisterebbero senza di noi.”

E’ stato molto difficile scrivere queste note perché non sono sicura di aver capito cosa ho appena terminato di leggere, sono assai confusa, ma per me la confusione non è necessariamente una cosa negativa, a volte mi aiuta a riflettere più profondamente. Ho letto che molti i critici e letterati sostengono che un buon libro non dovrebbe affatto essere chiaro né esposto alla luce del sole. A me che sono semplicemente lettrice che sforzo è richiesto? Lessi Stagno e mi piacque molto, questo sempre con la traduzione di Tommaso Pincio, sfugge a qualsiasi definizione, la storia passa in secondo piano lasciando la scena ad un linguaggio decisamente potente. Mi sono fatta portare senza sapere dove da pagine che hanno l’immediatezza della vita nel momento stesso in cui accade ed anche prima si riesca a darle un senso. 

Semplicisticamente potrei definire questo libro una educazione intellettuale , si citano moltissime scrittrici di varie epoche ed incongruamente la protagonista non legge di libri di donne perché “le fanno venire i nervi”. Eh si la protagonista…è una ragazza di cui non conosciamo il nome a cui piace molto leggere . La seguiamo all’università attraverso il suoi pensieri, i libri, la scarsità di soldi, le case che cambia, i ragazzi che frequenta ed il suo lavoro alla cassa 19 di un supermercato. Vive a Londra, ma viene da un paesino della provincia. Studio e lavoro sembrano essere solo “il contorno” delle sue giornate, lei legge e legge tanto. Ci fa una lista delle letture, crea per noi una strana guida letteraria che ci permette di raccogliere inconsapevolmente tante informazioni letterarie, scrittori e scrittrici, titoli che ci chiamano, ci attraggono fascinosamente. 

In Cassa 19 il libro è vivere, un nutrimento essenziale che stimola l’immaginazione della protagonista. Lei si nutre di libri e i libri nutrono la sua vita, le storie diventano la sua vita tanto da desiderare di assorbire le storie dentro di sé. Inutile dire che in molte cose mi sono ritrovata, trovo rassicurante essere circondata dai libri, posso prenderli in mano e guardarci dentro , porto talvolta la letterarietà nella mia vita, ma la prima metà di questo libro mi ha annoiato senza capire perché visto che amo la sperimentazione. Poi piano la nebbia si è diradata ed il ritmo si è fatto fluido, ho pensato di leggere un libro che è come un puzzle nel quale sono presenti molti aspetti della nostra vita , ho capito che Claire-Louise Bennett mi vuol far sentire i personaggi attraverso le parole, è attentissima a cercare la qualità di ciascuna parola e la sua vibrazione, descrive con precisione quello che vede e che sente, e se la trama è ingarbugliata e quasi ostile qui quello che conta non è la vita della protagonista, sono i libri, è il suo leggere e poi il suo scrivere che, come afferma, la fanno vivere, che costituiscono la sua vita e si insinuano nella storia del romanzo. 

E’ così che Cassa 19 diventa un po’ il manifesto di chi come me ha bisogno di leggere, non deve leggere, ne ha bisogno come ha bisogno di respirare, ha bisogno di cercare il libro perfetto, di sfogliare con cupidigia per trovare quello unico quello che cambierà la vita. Cassa 19 è una magia che non sono risuscita a descrivere.

CASSA 19 di CLAIRE-LOUISE BENNETT BOMPIANI EDITORE