19 giugno 2005

Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani

da A rivista anarchica

Anarchici in un dizionario
di Maurizio Antonioli, Giampietro Berti, Santi Fedele e Pasquale Iuso


È uscito, per i tipi della BFS di Pisa, i due volumi del Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani. Eccone la premessa scritta dai docenti universitari direttori del progetto.

Negli ultimi trent’anni la storiografia sull’anarchismo ha compiuto significativi progressi, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo. Opere di vario genere hanno gettato luce su figure, aspetti, momenti e problemi della storia libertaria italiana e internazionale, ampliando e approfondendo il quadro generale della sua conoscenza. Quasi tutti questi lavori, tuttavia, hanno posto l’attenzione sui personaggi e sugli avvenimenti più noti ed emblematici, con l’inevitabile conseguenza di delineare un quadro «elitario» del fenomeno. Mancava cioè, fino ad oggi, una storia «di base», una storia di quelle migliaia e migliaia di oscuri militanti che hanno costituito in gran parte il tessuto connettivo del movimento. Il presente dizionario, ovviamente, non può colmare tale lacuna; costituisce però, con le sue duemila voci, uno strumento fondamentale per progredire in tal senso. Gran parte dei personaggi qui biografati sono, infatti, «portati alla luce» per la prima volta, permettendo una conoscenza più ricca del fenomeno anarchico. Si tratta di uno squarcio della storia politica e sociale italiana del tutto inedito, che allarga notevolmente lo sguardo generale sul movimento operaio e socialista e anche, naturalmente, sulla storia del sovversivismo nazionale e internazionale. Complessivamente esso copre un arco temporale che va dalla metà dell’Ottocento alla fine degli anni Sessanta del Novecento, con alcuni prolungamenti biografici giunti fino ai nostri giorni.

Tre anni di lavoro

Frutto di un lavoro archivistico e bibliografico che per tre anni ha impegnato a vari livelli oltre un centinaio di studiosi, esso presenta alcune caratteristiche delle quali è necessario dar conto. Come si può vedere dalle fonti utilizzate, la ricerca si è mossa in varie direzioni, al fine di offrire uno spaccato documentario e interpretativo il più vario e articolato possibile. Sono stati utilizzati innanzitutto i documenti relativi al Casellario Politico Centrale depositati presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, che, come è noto, offrono la possibilità di ricostruire l’attività e i movimenti principali dei soggetti sottoposti al controllo; questi documenti sono stati integrati con altre carte di polizia e di prefettura provenienti da fonti diverse. Naturalmente la ricognizione è avvenuta sulla base della consapevolezza che tali testimonianze presentano due fondamentali caratteristiche: da una parte l’aspetto descrittivo e burocratico, dall’altra quello ermeneutico e storiografico.
In generale, lo storico dell’anarchismo è interessato solo alla prima caratteristica. Questa, infatti, se gli informatori sono dei veri professionisti, è costituita dalla somma – a volte anche copiosa – delle relazioni stese dagli investigatori sull’attività dei soggetti sottoposti a sorveglianza. Possiamo così avere una mappa abbastanza dettagliata degli spostamenti e delle relazioni dei militanti, acquisendo anche la conoscenza del contesto sociale e geografico entro cui tutto ciò è avvenuto. Va tuttavia tenuto presente che queste stesse fonti non sempre sono attendibili perché la pura registrazione dei fatti svoltisi nel tempo e nello spazio dice comunque poco rispetto alla trama effettiva d’azione e d’intenti che animava veramente i protagonisti. Il movimento anarchico, infatti, è stato fin dal suo inizio un movimento antilegalitario e rivoluzionario: senza dubbio, in generale, il più antilegalitario e il più rivoluzionario dell’intero sovversivismo italiano. Data questa inequivocabile natura, molte azioni e, ancor più, molti intenti d’azione, non avendo avuto un seguito concreto e visibile, sono rimasti ignoti ai contemporanei e ai posteri. Gli stessi anarchici, poi, quasi mai hanno ricostruito le varie vicende che li hanno visti protagonisti. Naturalmente queste considerazioni non implicano affatto l’idea che tali zone d’ombra costituiscano la parte più interessante della storia dell’anarchismo: la parte più interessante e più importante della storia dell’anarchismo è quella che già conosciamo. Detto questo, vanno comunque considerati degni di studio tali anfratti storici ed è ovvio, a questo punto, che le uniche fonti utili per far luce su di essi siano fornite dagli archivi della questura, della prefettura e della magistratura.

15 giugno 2005

Operazione Foibe - Tra storia e mito

Da Maurizio Fatarella - ARCI LUCCA

Operazione Foibe
Tra storia e mito
di Claudia Cernigoi



Lo studio di Claudia Cernigoi vuole fare chiarezza sulla storia delle nostre terre, vuole rendere giustizia ai morti di tutte le parti, finora strumentalizzati a scopo di propaganda; vuole mettere fine a quella continua creazione di elementi di tensione politica in un’area di confine delicata come la nostra e, oltretutto, potrebbe servire a liberare finalmente anche gli Sloveni e la sinistra da quel senso di colpa che si portano dietro come “infoibatori”, accusa che viene loro mossa incessantemente da sessant’anni senza che d’altra parte si tenga minimamente conto dei vent’anni di dominio fascista e snazionalizzazione forzata subita dai popoli “non italiani” e dei successivi anni di guerra con massacri feroci perpetrati contro le popolazione dell’Istria, della Slovenia e di tutta quell’area che viene chiamata Venezia Giulia.

“Il libro di Claudia Cernigoi, Operazione Foibe. Tra storia e mito (Kappa Vu Edizioni), arricchito con documentazione in parte inedita, pone il discorso sulle foibe nei dovuti limiti storiografici. Non pensiamo che tutto questo basterà a tacitare la propaganda antipartigiana che continua con toni sempre più violenti, anche da parte di alcuni autori ritenuti fino a qualche tempo fa vicini alle tematiche della Resistenza. Vorremmo però che almeno gli studiosi che agiscono nell’ambito degli Istituti storici del Movimento di Liberazione, nel parlare di questo libro lo facciano con il dovuto rispetto storiografico, tenendo conto della documentazione presentata” (Alessandra Kersevan)

“Questa seconda edizione del libro era quanto mai necessaria perché ci aiuta a comprendere più a fondo cosa sia stato il fenomeno delle foibe e come esso sia stato usato e strumentalizzato. In questi sette anni (il tempo trascorso dalla prima edizione del libro) l’autrice ha approfondito la sua conoscenza della questione con ricerche in archivi italiani ed esteri, seguendo attentamente gli sviluppi della campagna propagandistica sull’argomento. Ha cioè fatto quello che ogni storico che si rispetti dovrebbe fare prima di lanciare giudizi” (Sandi Volk)

Claudia Cernigoi è nata a Trieste nel 1959. Giornalista pubblicista dal 1981, ha collaborato alle prime radio libere triestine e oggi dirige il periodico “la Nuova Alabarda” (il sito è www.nuovaalabarda.tk). Ha iniziato ad occuparsi di storia della seconda guerra mondiale nel 1996, e nel 1997 ha pubblicato per la Kappa Vu il suo primo studio sulle foibe, Operazione foibe a Trieste. In seguito ha curato una serie di dossier (pubblicati come supplemento alla “Nuova Alabarda”) su argomenti storici riguardanti la seconda guerra mondiale e sulla strategia della tensione. Nel 2002, assieme al veneziano Mario Coglitore, ha pubblicato La memoria tradita, sull’evoluzione del fascismo nel dopoguerra (ed. Zeroincondotta di Milano).


Info: Mauro Daltin – Ufficio Stampa Kappa Vu Edizioni
Tel: 0432530540
info@kappavu.it

Recensione pubblicata sul sito dei Wu Ming: http://www.wumingfoundation.com

Claudia Cernigoi, Operazione "Foibe" tra storia e mito, Kappa Vu, Udine 2005, pagg. 300, euro 16,00

http://www.resistenzastorica.it, http://www.kappavu.it, info@kappavu.it


Un libro fon-da-men-ta-le, che deve circolare, che va diffuso con ogni mezzo necessario e letto dal maggior numero di persone possibile. La lettura spalanca il mondo davanti agli occhi. Questo saggio è uno strumento di lotta, è un'ascia di guerra dissepolta, alfine.
Claudia Cernigoi, dopo anni di ricerche, ha riscritto e ampliato la sua opera del '97, Operazione "Foibe" a Trieste. Ora il libro parla anche dell'Istria e si chiama Operazione "Foibe" tra storia e mito, lo ha pubblicato la Kappa Vu di Udine nella collana "Resistenza storica". Trecento pagine fitte e documentatissime, costa sedici euro e sono ben spesi. Mooolto ben spesi.

Cernigoi ha passato a pettine tutti gli archivi consultabili di qua e di là del confine. Il suo libro smantella con rara e lucida spietatezza le dicerie, le falsificazioni, le leggende contemporanee e le buffonate che, modellate dalla propaganda nazionalista sul confine orientale, si sono fatte strada nell'opinione pubblica senza mai essere messe in questione, fino a spingere il Parlamento a istituire una giornata commemorativa. Nel mentre, si è realizzata una fiction campionessa d'ascolti basandosi su fandonie che i vari "foibologi" hanno preso di pacca da Questo è il conto!, opuscolo in lingua italiana diffuso dai nazisti sul Litorale Adriatico, subito dopo i venti giorni del "potere popolare", nel 1943.
Operazione "Foibe" tra storia e mito deve diventare IL testo di riferimento per chi voglia occuparsi di "foibe" in modo scientifico, e non sto parlando di geologi.

Cernigoi dimostra che le liste degli "infoibati" sono state oggetto di pesanti manipolazioni. In quegli elenchi, gli pseudo-storici delle "foibe" (molti dei quali neofascisti: chi proveniente da "Ordine Nuovo", chi coinvolto nel golpe Borghese etc.) hanno infilato tutti i dispersi, compresa gente che nel frattempo era tornata a casa, non con le gambe in avanti o dentro un'urna bensì viva e vegeta. I "foibologi" hanno aggiunto anche i nominativi di partigiani e civili uccisi dai nazifascisti. Come spiega molto bene l'autrice, l'infoibamento fu teorizzato, evocato, minacciato dal nazionalismo italiano fin dall'inizio del secolo, per esser poi messo in pratica durante l'occupazione nazifascista. Va aggiunto che molti nomi di "infoibati" sono doppi o addirittura tripli, sovente la stessa persona figura "infoibata" in posti diversi, e in un caso tre nominativi di presunti "infoibatori" (Malvagi Partigiani Slavo-Comunisti) figurano pure nella lista dei relativi "infoibati"! Della serie: se la cantano e se la ridono.
Una lista in particolare, quella degli "infoibati" (in realtò comprensiva di tutti i dispersi) della provincia di Trieste, dopo attento esame registra una percentuale d'errore superiore al 65%. Su 1458 nomi, ben 961 si rivelano sbagliati!

Tutti gli altri caduti (e nemmeno questi furono tutti "infoibati") erano torturatori della Milizia di Difesa Territoriale o della X Mas, massacratori vari, collaborazionisti, delatori, etc. Di molti di costoro Cernigoi fornisce il cursus honorum, ricavato da documenti e fonti d'epoca. A conti fatti, viene smentita la propaganda sugli ammazzati "solo perché italiani". I motivi erano ben altri. Il "feeling" non era antitaliano, ma antifascista.
Quanto alla soppressione del CLN di Trieste da parte dei "titini", spesso citata come esempio di politica fratricida tra nemici del fascismo, Cernigoi spiega in modo chiaro che - a causa della repressione tedesca - in città si susseguirono ben tre CLN, molto diversi l'uno dall'altro, l'ultimo dei quali composto da loschi figuri di destra, anche ex-X Mas. Col paravento dell'antifascismo, costoro cercavano addirittura alleanze con residui del regime fascista in funzione nazionalista e anti-slava, inoltre preparavano - e in alcuni casi eseguirono - attentati e azioni armate contro i partigiani di Tito. Risulta abbastanza normale che questi ultimi abbiano deciso di arrestarli, portarli a Lubiana e colà processarli.

Per quanto riguarda i finti "infoibati", è particolarmente buffo (si fa per dire) il caso di Remigio Rebez, "il boia di Palmanova", tenente della X Mas e feroce torturatore. Condannato a morte dopo la Liberazione, gode dell'amnistia di Togliatti (o meglio, della sua interpretazione estensiva da parte dei magistrati) e si trasferisce a Napoli, dove muore addirittura nel 1996. La stampa triestina dà notizia del suo decesso, gli dedica distici elegiaci, ma si guarda bene dal dire ai lettori che il suo nome figura sulle liste degli "infoibati" fornite da vari storici di destra come Papo, Pirina etc.

Un altro esempio di chi e cosa si possa trovare in quegli elenchi: viene presentato come "vittima degli slavi" tale Eugenio Serbo, "capitano 57° Rgt. Art. Div., rimpatriato dalla Germania fu catturato dagli Slavi e deportato nei pressi di Lubiana; risulta deceduto il 14/12/44 a Leitmeritz".
Lapidaria, Cernigoi: "Leitmeritz è però il nome tedesco di Litomerice, cittadina che si trova nell'attuale Repubblica Ceca nei pressi di Terezin, praticamente a metà strada tra Praga e Dresda. Ci pare difficile che i non meglio identificato 'Slavi' nominati da Papo siano riusciti a deportare il capitano Serbo a Lubiana e farlo morire nel 1944 in un lager tedesco".

Anche soffiando e gonfiando e gonfiandosi, come la rana che vuol competere col bue, i "foibologi" non sono mai riusciti a presentare elenchi plausibili. L'ammontare complessivo delle "vittime" non superebbe le 500 persone tra Venezia Giulia e Litorale Adriatico. Il resto ("decine di migliaia di vittime" etc.) è fantasy, non c'è nessun riscontro documentale. L'anno scorso il ministro Gasparri parlò addirittura di "milioni di infoibati", ma la verità è che siamo ben lontani da quel "genocidio per mano rossa" cercato disperamente dalla destra per contrapporlo alla Shoah e poter ricorrere al "benaltrismo" ogni volta che si parla di leggi razziali, Salò, stragi etc.
Cernigoi non nega che vi siano state vendette personali ma, ricostruendo il contesto e riportando alla luce materiali d'archivio, dimostra che si trattò di azioni individuali e sporadiche, non certo di una politica di sterminio o "pulizia etnica" da parte dei partigiani jugoslavi.

Altre truffe sono i resoconti degli scavi avvenuti nel dopoguerra, a opera di società speleologiche che stavano alla destra fascista come il negozio di fiori sta al Gruppo TNT. Più ci si allontana nel tempo, più si moltiplicano i morti trovati nella data foiba. Se, putacaso, nel '46 erano otto, si può star sicuri che oggi si dice che erano ottanta, e così via. La stessa foiba di Basovizza, divenuta monumento nazionale e frequente location di picchetti e commemorazioni, è più un oggetto di propaganda che di seri studi storici. Non è stato dimostrato in alcun modo che in fondo a quella cavità carsica sia finito "un numero rilevante di vittime, civili e militari, in maggioranza italiani, uccisi ed ivi fatti precipitare". Alla sola Basovizza, Cernigoi dedica un capitolo che pare la messa in scena di una lunga, macabra pochade.

La "tragedia delle foibe" è una truffa ideologica, e la cosa peggiore è che studiosi come Cernigoi e Sandi Volk (autore di un altro saggio importante e recensituro, Esuli a Trieste. Bonifica nazionale e rafforzamento dell'italianità sul confine orientale, Kappa Vu, 2005) sono praticamente i soli a confutarla con gli strumenti della storiografia. La propaganda di destra viene accettata a cresta bassa anche a "sinistra", Bertinotti compreso. Tutt'al più si tratteggia vagamente il contesto, si fanno dei distinguo, gli eredi del PCI se ne chiamano fuori dicendo "Noi coi titini non c'entriamo niente" etc.

Invece andrebbe smantellato tutto, ma proprio tutto, e senza alcun indugio.

"Open non è free"

Il libro "Open non è free - Comunita' digitali tra etica hacker e mercato globale", a firma Ippolita,

E' presente alla libreria di Pergola (Milano) da ieri, e verra' presentato ufficialmente all'hackmeeting, in un seminario che vorrebbe parlare delle comunita', piu' che del libro in quanto tale.

E' il primo saggio di un autore collettivo (scritto a 10 mani)
copyleft in italiano sotto licenza creative commons scaricabile
integralmente dalla rete prima dell'uscita in libreria; anzi, stiamo
continuando ad accumulare materiali e percosi sul sito e ospitiamo gia'
nuovi progetti di scrittura collettiva. L'esperienza infatti non si e'
fermata al testo cartaceo, ma e' stata l'humus attraverso il quale e'
nato ippolita.net un server indipendende dedicato alle "comunita'
scriventi" e al tema della libera circolazione dei saperi.

La copia da scaricare si trova qui
http://ippolita.net/content/progetti/prj.php?document=open

Qui ci sono i materiali del libro
http://ippolita.net/content/progetti/prj.php?document=open

E qui i documenti più "teorici"
http://ippolita.net/content/main.php?document=disclaimer
http://ippolita.net/content/policy.php

Scheda libro:
Gli hackers fanno molto e dicono poco. Ma, nell'era della
tecnocultura, hanno molto da insegnarci: la passione per la tecnologia,
la curiosità che li spinge a "metterci sopra le mani", a smontare per
comprendere, a giocare con le macchine, a condividere i codici che
creano. Essere pirati informatici significa essere pirati della realtà.
Essere protagonisti attivi, agire e non subire il cambiamento; usare la
tecnologia per soddisfare i propri bisogni e i propri desideri; porsi in
un continuo dialogo con il flusso di informazioni delle reti,
informatiche e umane. L'etica hacker, le pratiche di condivisione e
cooperazione interessano ora anche il mercato, che ha assunto il metodo
di sviluppo delle comunità hacker per risollevarsi dopo la bolla
speculativa della net economy. I termini cambiano poco, da software
libero (free software) a software aperto (open source), ma in realtà
cambia tutto. Il passaggio è doloroso: la curiosità per il nuovo diventa
formazione permanente, la fluidità delle reti diventa flessibilità
totale, la necessità di connessione per comunicare diventa lavoro 24 ore
su 24: semplici ed efficaci slogan del mercato globale. La cultura
hacker cerca allora di elaborare nuove vie di fuga, insistendo sulla
forza delle comunità e sulla responsabilità delle scelte individuali.

L'autore:
Ippolita è un luogo dedicato ai pirati della realtà. Ippolita è un
cyborg mutante: è una macchina, un server indipendente per progetti
editoriali e spazi di scrittura collettiva (ippolita.net). È anche
l’autore collettivo di questo libro, una comunità di scriventi, un
crocevia per condividere strumenti e competenze tra i linguaggi del
digitale e i linguaggi della scrittura.
ippolita.net

STORIE MANDALICHE (a cura di A. Balzola e A.Monteverdi), Nistri-Lischi, Pisa, nella collana Mediamorfosi diretta da Sandra Lischi.

Il libro racconta il lungo laboratorio di creazione dell'omonimo spettacolo di tecnonarrazione di Zonegemma (Balzola-Verde-Lupone-Monteverdi) e l'approdo alla versione definitiva Storie mandaliche 3.0. (con animazioni in Flash) inaugurata nel febbraio 2005; il libro contiene il testo letterario integrale e l'ipertesto drammaturgico di Andrea Balzola, le riflessioni degli autori su suono, immagine e interattività, ed infine alcuni saggi scritti appositamente da Alfonso Iacono Antonio Caronia e Oliviero Ponte di Pino.
Un intervento critico su Storie mandaliche è stato presentato a maggio al MIT di Boston da Erica Magris.
Info dal sito di My media
http://www.mymedia.it/storiemandaliche.htm

Per informazioni sul libro e per richiedere copie per recensioni:
info@nistri-lischi.it
a.monteverdi@arte.unipi.it

“La guerra come menzogna" di Giulietto Chiesa

di Gianni Quilici


Che cosa manca, che cosa mi manca in questa fase terribile che sta attraversando il pianeta Terra?

Una visione d’insieme, una ipotesi di lettura e un confronto, che ci permettano di vedere non solo il presente, ma anche una parte, non piccola, del futuro.

Perché “viviamo in un sistema delle comunicazioni, e non solo delle informazioni, che non ci restituisce neanche lontanamente il mondo in cui viviamo, anzi ci offre un mondo totalmente falsato, impedendoci di vedere ciò che accade”
Da qui l’importanza di un librino come questo di Giulietto Chiesa, che raccoglie e rielabora una relazione da lui tenuta al Circolo Agorà di Pisa.

Perché condensa la complessità di una lettura globale e di una previsione sul futuro del nostro pianeta in poco più di 40 pagine, con una serie di ragionamenti analitici e al tempo stesso sintetici e con lo stile discorsivo e colloquiale di un intervento, che possono essere letti e “digeriti” da tanti.

Giulietto Chiesa infatti collega l’11 settembre alla crisi americana e alla necessità di trovare un nemico, Bin Laden e l’Islam. Nemico intermedio e transitorio, perché il vero nemico degli Stati Uniti, secondo Chiesa, è la Cina, unica potenza in grado in una decina di anni di competere con gli Stati Uniti, o meglio con quella superclasse globale di super-ricchi di ogni angolo di globo.
Ma Cina vorrà dire un miliardo e trecento milioni di persone presenti sul mercato con le nostre stesse esigenze di consumo, mentre oggi siamo arrivati ai limiti dello sviluppo. Da qui la “guerra (nucleare) infinita”, che l’amministrazione Bush ha teorizzato e iniziato. Non ci può essere posto, infatti, per due Americhe, una bianca, l’altra gialla e il tenore di vita del popolo americano non è negoziabile.

Si può dissentire da questo tipo di lettura e di previsione, molto schematicamente riassunto, ma non c’è dubbio che i termini delle questioni ci sono tutti e che ciò che è in gioco è il destino dell’umanità.
Si richiede una consapevolezza globale diffusa, capacità di scelte controcorrente, forme di lotta mai viste.


Giulietto Chiesa “La guerra come menzogna”, pp. 46, € 3, i sassi nottetempo, 2003.

"FRAGILI, RESISTENTI. I messaggi di piazza Alimonda

"FRAGILI, RESISTENTI. I messaggi di piazza Alimonda e la nascita di un
luogo di identita' collettiva"

Dal 20 luglio 2001, data dell'uccisione di Carlo Giuliani duranti gli
scontri del G8 di Genova, sono stati lasciati sulla cancellata di piazza
Alimonda centinaia di messaggi. Persone di ogni eta' e condizione, toccate
nel vivo da un'uccisione intollerabile, hanno sentito il bisogno di
alimentare la memoria e lasciare una traccia del proprio passaggio. Parole
scritte su pacchetti di sigarette, biglietti del treno, tovaglioli,
sacchetti del pane. E poi agende, quaderni collettivi, cartoline, disegni
di bambini.

Oggi la cancellata e' stata "bonificata". L'"Archivio ligure della
scrittura popolare" ha raccolto i messaggi e li ha salvati dalla
distruzione. Ne abbiamo fatto un libro perche' siamo convinti che il gesto
di scrivere i propri pensieri e andarli a mettere in una piazza pubblica,
fatta di asfalto e persone, dica di una passione per la democrazia che e'
un crimine cancellare.

Il volume contiene i contributi dell'antropologo Marco Aime, del linguista
Lorenzo Coveri, della sociologa Donatella Della Porta e dello storico
Antonio Gibelli.

Per informazioni:

Terre di Mezzo Editore
p.za Napoli n. 30/6 - 20146 - MILANO
02.48953031 - <>redazione@terre.it