30 settembre 2005

Bastardo in flash, Memo (Domenico Izzo)

da Luciano Luciani

Declinavano i Cinquanta
Declinavano i Cinquanta “ poveri, ma belli” (per chi c’era, però, soprattutto poveri) e covavano già le ragioni dei formidabili Sessanta, quelli dopo i quali niente sarebbe più stato come prima: gli uomini raggiungevano lo spazio; i lavoratori italiani cominciavano a prendersi qualche modesta rivincita delle batoste subite per un decennio; i socialisti strizzavano l’occhio ai democristiani, i democristiani ai socialisti. In proposito, l’arcigno cardinale Ottaviani, prefetto della Congregazione del Santo Uffizio, lanciava terribili anatemi ma erano sempre meno quelli che se lo filavano… L’Italia aveva il vento nelle vele e saliva nella considerazione internazionale: ad Emilio Segrè, allievo di Enrico Fermi veniva assegnato il Nobel per la fisica, a Salvatore Quasimodo quello per la letteratura. L’autorevole “The Financial Times” conferiva alla nostra povera liretta di allora l’ “Oscar” delle monete per il 1959. Era il riconoscimento del “miracolo economico italiano”e in giro si respirava l’euforia dei tempi nuovi. Intrecciate con libertà e possibilità fino a poco tempo prima sconosciute, inedite ingiustizie si aggiungevano a quelle antiche. Aumentavano le aspettative, crescevano i bisogni: però, i mezzi per soddisfare le une e dare risposte gli altri restavano insufficienti.
Alla periferia della piccola città di provincia, Lucca per intenderci, dove quarant’anni fa viveva l’autore di Bastardo in flash, di tutte queste trasformazioni, quelle vere e quelle desiderate, arrivavano appena gli echi, attutiti dalla quotidiana fatica di esistere. Molto simile a quella dell’anteguerra la vita concreta delle famiglie al confine tra proletariato e piccola, piccolissima borghesia: i vestiti si “rivoltavano” e passavano senza soluzione di continuità da una generazione all’altra, di padre in figlio, dal maggiore al minore; un pacchetto di sigarette costituiva un lusso e allora si acquistavano sfuse; parchi, e anche qualcosa di più, anzi di meno, i consumi alimentari; non tutte le abitazioni usufruivano di servizi igienici degni e il Comodo era tale solo di nome.
Si era poveri, dignitosamente poveri, secondo un decoro sociale conquistato a fatica e mantenuto con le unghie e con i denti. Né, d’altra parte, cattolica, paternalista e benpensante la Città, avrebbe permesso forme di indigenza più marcate: la Chiesa faceva da “collante sociale” e, allora come oggi, recuperava lacerazioni e squilibri, garantendo assetti sociali e di potere sempre uguali, sempre nelle mani delle solite famiglie. Insomma, in cambio di un vivere civile placido, blando, un po’ addormentato non mancavano modeste ma dolorose prevaricazioni, soprusi piccoli e grandi, vessazioni minori e maggiori che hanno bruttato quel periodo che riesce a tornare caro alla memoria solo nella “tenerezza feroce del ricordo”.
Tutti questi problemi, però, non sfioravano nemmeno la vita del Nostro Narratore, allora troppo impegnato a crescere e tutto preso dalle minute ma serrate trame della vita familiare e amicale in un quartiere popolare che, per quanto caldo d’affetti e di attenzioni, pure non faceva sconti a nessuno, tanto meno ai “figli della mediocrità e della povertà” come i giovani e i giovanissimi abitatori del Bastardo. Che pieni di curiosità e capaci con le mani, intraprendenti e spregiudicati staccano di parecchie lunghezze gli adulti e il loro mondo, più convenzionali, intrisi di luoghi comuni, scontati nella loro moralità impacciata e incapace di sogni e desideri forti.
Erano davvero così gli adulti di allora? Forse no. Certo, però, così apparivano agli occhi chiari del bambino che oggi, ultracinquantenne, sempre in bilico tra la ragione documentaria e il sentimento del passato ci racconta un frammento di storia della Città di appena ieri. E non sarà senza significato ricordare che proprio il confronto tra giovani e adulti, tra vecchie e nuove generazioni – uno dei tanti temi di Bastardo in flash, ma quello che lascia il segno più marcato, più deciso nella coscienza de lettore - negli anni appena successivi, diventerà, nell’economia come nella musica, nella politica come nei media, il terreno privilegiato del cambiamento. Nel bene e nel male quello che ha reso il mondodi appena ieri simile al nostro difficile presente.
Luciano Luciani

Memo (Domenico Izzo), Bastardo in flash, DARIS - Libri e stampe, Lucca 2005, pp. 50. E. 5

Il libro si può richiedere a DARIS – Libri e stampe, Via Cenami, 23 55100 Lucca
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Breve storia di “Lucca beat” di Enzo Guidi

di Gianni Quilici

Apro e leggo e subito vengo rapito da una scrittura fluente, che fonde la Storia con la Narrativa con un sorriso sottile, a volte acre, ma mai “al di sopra”.
Ecco Breve storia di “Lucca beat” di Enzo Guidi a questo riesce: ricostruire la vicenda del movimento beat lucchese (1965-68) ed insieme raccontarla come se fosse un romanzo che ha un inizio, uno sviluppo, una conclusione.

Come ricostruzione storica Enzo Guidi è fedele ai fatti, puntigliosamente documentati, e diventa, nell’analisi di essi, ora cronista appassionato, ora sociologo disincantato, ora sottile semiologo fino a lasciare trapelare molto liberamente interpretazioni simboliche che stanno tra la psicanalisi ed il magico-antropologico.

Come narratore Guidi, pur disciplinato dalla volontà di ancorare le parole ai fatti, ha lo stile: precisione di linguaggio, ritmo incalzante, figure ben profilate, sintesi illuminanti. Si veda la nitidezza con cui ci appare Barabba: “Dapprima si piantò davanti a noi, calandosi minacciosamente di spalla il sacco d’ordinanza, poi sorrise a tutti con la sua tenera rapacità da beduino, lisciandosi la barbetta nera. “Sono Barabba –disse un po’ minacciosamente- che ci fate voi qui con quei capelli lunghi a giornate sane?!…” Oppure a proposito del posto dove stare. “Tutto insomma portava alle viscere della città e Lucca è città di mistero, di viscerali cantine e di vertiginose altane, di spazi segreti e morbosi angolini. Dunque bisognava andare sotto nel buio, nel grembo, nel segreto della penombra primordiale, per poter essere così diversi, per il desiderio di trasgredire liberamente, per cospirare contro il mondo o per conoscersi meglio: per rinascere forse”.

Infine la storia del beat a Lucca penso che abbia davvero i caratteri dell’unicità.
Se considero il movimento del ’68 lucchese lo trovo carente di creatività sia interpretativa che prepositiva, per non parlare di quella estetica. Di vero nel ‘68
c’è soprattutto una grande liberazione di parola, di movimento, di spazi…
Nel movimento beat, oltre a questo, c’è il coagulo di alcune personalità fuori del comune per autonomia personale e creatività artistica. Prendete dal primo giornalino
“Noi la pensiamo così… via” la poesia dello stesso Guidi “Illuminazione Zen”.
Bellissima per visionarietà, impasto linguistico, magia sonora, perentorietà del ritmo, senso smisurato, ma dialettico, dell’io.
Per questo la storia del beat a Lucca è stata più inventata che mutuata e questo libro ha il grande merito di dimostrarcelo.

Enzo Guidi. Breve storia di “Lucca beat” (Ediz. ETS, Pisa 2002, pag. 144, € 10

Storia del popolo americano di Howard Zinn

Ciao Marcantonio, vorrei segnalare un libro che sto attualmente leggendo e mi sembra interessante e di piacevole lettura.

Il libro si intitola Storia del popolo americano di Howard Zinn ,edizione Il Saggiatore ,costo 22 euro.
Pur essendo un bel librone di storia di circa 450 pagine è abbastanza scorrevole nella lettura ed è una storia "dal basso" degli Stati Uniti dal 1492 (quindi comprende anche il periodo coloniale britannico) ad oggi. E' un testo rivolto soprattutto agli stessi giovani statunitensi come alternativa alla storia ufficiale abitualmente somministrata nelle scuole, pertanto forse dà per scontata una certa cronologia degli avvenimenti e inoltre non è dotato di cartine; quindi non è male se uno vi si approccia avendo già un'infarinatura storica del periodo e una cartina del Nord America sott'occhio. Per il resto ,come ho già detto, pur essendo un libro di storia, la lettura è molto piacevole. Il prezzo è un po' alto........ma ne vale la pena.

Ciao, Gian Paolo