A Pietrasanta nella Sala Grasce, accanto alla Chiesa di Sant’Agostino, dal 6 al
18 luglio 2012, è stata allestita, grazie al patrocinio del Comune di Pietrasanta, il Centro Culturale "Luigi Russo" (www.museodeibozzetti.it) e del Centro Arti Visive(
www.cavpietrasanta.it)
una mostra contemporanea di videoarte.
L'artista è Luca Gaddini e fa parte di una cerchia di giovani talenti della gallerianumero38 di Lucca.
Entrando
nella mostra il primo effetto è quello di vedere un insieme di quadri
monocromi; solo successivamente ci si accorge, nella penombra della sala, che le
tele svelano alcuni volti, in particolare femminili, che non sono proiettati né
tanto meno dipinti; i volti si muovono attraverso una nuova tecnologia che
unisce la tradizionale tela con i montaggi-video e la fotografia (fotogrammi) e
ha come risultato un’espressione virtuale e pittorica insieme, che Luca Gaddini
definisce Sindonext .
Cosa significa Sindonext e
quando nasce?
Sindonex
è l’insieme di due parole: la prima è Sindone, sinonimo di Sacra Sindone, indica
quel tessuto in cui l’ immagine di Gesù (in particolare il volto) viene,
attraverso la luce, impressa sul telo di lino in modo molto tenue; la seconda
parola è next che sta a significare nuovo e prende in considerazione non solo i
miei lavori su tela ma anche quelli su nylon nero da spazzatura. L’effetto che
voglio creare con le mie opere è lo stesso di quello creato dalla Sindone; non
si tratta di un vero e proprio video quanto di una “traccia cristallizzata”di volti
sulle tele.
Il
progetto nasce anni fa ma è stato messo in pratica circa tre anni fa; grazie ai
progressi della tecnologia; avevo infatti già fatto delle prove con delle tele,
dei veli e i video ma l’uso dei cristalli liquidi al LED, molto fini e la
tecnologia sono stati determinati ed hanno permesso di mettere in pratica la
mia forma artistica e creativa.
Una
lettura che ho fatto successivamente a Sindonext ma che si inserisce nelle mie
ricerche contemporanee è stata Punto Omega
di Don DeLillo (2010). Il romanzo si apre con un installazione di Gordon
Douglas, famoso videoartista, che ha allungato e dilatato con il sistema dello
slow-motion la proiezione del celebre thriller di Hitchcock, Psycho. La proiezione è talmente
rallentata che dura un’intera giornata (24 ore) e il nuovo film si intitola
appunto 24 Hours Psycho (1993). Pochi
istanti durano minuti interi: vi sono infatti dei pezzi del film che
inevitabilmente perdi; piccole espressioni che normalmente perdi (battito di
ciglia, muscoli facciali che si muovono) e che rallentati diventano una cosa
altra, un altro film, un’altra storia, “una rivelazione”.
Sindone è il lenzuolo di lino
con cui si avvolgono i morti; la sua operazione artistica ha un che di funereo
e nostalgico mentre altre volte è inquietante; ci può spiegare meglio?
Si,
immagini inquietanti quasi fantasmi; ogni persona ha una parte inquietante e
una parte dolcissima dentro di sé, specialmente i volti femminili hanno cambiamenti
di umore e diversi sguardi. Considera che per certi collezionisti le mie opere
si rivelano delle vere e proprie presenze in casa; a volte fanno persino paura.
Non posso dirti cosa voglio fare, non conosco l’esito finale del video che
riprendo: vedo un soggetto interessate che può trasmettere qualcosa ma il
risultato è assolutamente casuale; quando dopo un’ora di video del volto vado a
rallentare emergono delle immagini che io percepisco e scelgo; il mezzo è
oggettivo mentre la scelta rimane personale. Io devo farmi prendere dalle
immagini, devo innamorarmi delle immagini che vedo e poi penso che devono
trasmettere qualche cosa a chi le vedrà, anche se principalmente trasmettono a
me, voglio creare una magia finale che si chiude con lo spettatore.
Dopo
la ripresa di un’ora o mezz’ora sul viso del soggetto; prendo il video e lo
allungo, lo stiro e dalla mezz’ora che era, il video diventa di quattro ore;
prendo le parti che più mi piacciono, lo monto, rallento mentre alcune volte
faccio uno stacco; è’ come se riuscissi a “dilatare il tempo” e cogliere
espressioni nascoste e non visibili a occhio nudo.
Come
fanno i registi, mi piace stare al di là della telecamera, faccio il film, la
regia e non mi confondo mai con gli attori. La mia deve essere una ricerca
oggettiva. Ho cercato delle espressioni costruite che potessero suscitare
interesse (donna truccate vistosamente, donna che lecca il vetro, espressioni
sataniche) ma quelle che hanno maggior risultato sono i filmati spontanei e naturali,
dal quale emergono espressioni straordinarie; è come se attraverso una macchina
del tempo potessi scavare un inconscio e farlo emergere.
Quando ho visto i volti ho
pensato alle recenti ricerche dell’antropologo Ekman che afferma che le espressioni
facciali e le emozioni umane non sono determinate dalla cultura di un posto o
dalle tradizioni ma sono universali e uguali per tutti in tutto il mondo.
Sofferenza, rabbia, gioia e paura sono emozioni universali che attraverso le espressioni
facciali comunichiamo come tali.
E
tante volte comunichiamo inconsciamente. Attraverso le microespressioni facciali
che tu fai ci sono macchine che riescono a rivelare se dici la verità o una
bugia.
I
miei sono ritratti, filtrati attraverso la mia scelta e la mia mente; ho creato
un nuovo media per poter comunicare; non parlo assolutamente di me, ma faccio
parlare Sindonext; io voglio rimanere esterno, manipolo le immagini in maniera
quasi scientifica, sono un manipolatore di immagini, mi sento più un
ricercatore che un artista che vuole esprimere qualcosa; la mia è una ricerca
fine a se stessa.
La
percezione è quello che deve venire fuori da Sindonext voglio che si intraveda
che sia un viso, perché dietro a un viso c’è una testa, un pensiero, uno
sguardo, un’espressione e un’emozione.
Questa sua affascinante forma
artistica si basa su una tecnica, ci rivela il segreto?
Il
concetto da cui si deve partire è “l’elaborazione mentale” del video; il mio
lavoro parte dal disturbo e dalla visione attraverso la telecamera in movimento,
i miei quadri sono video anche di 40 minuti l’uno che dovrebbero essere
proiettati. Io comincio con delle immagini riprese su sfondo nero, poi isolo
completamente il viso del soggetto o della modella dal contesto. Da tale video ci
lavoro anche un mese: distorgo, rallento i movimenti, allargo il video o lo
ristringo; faccio una serie di montaggi in successione che possono durare anche
molto tempo. Da una ripresa di un’ora, ma potrebbe essere anche di dieci minuti
io riesco a prendere alcune parti che mi interessano, alcune “smorfie” che sono
quelle che non si vedono normalmente.
Bisogna
pensare che ogni persona quando parla fa dei movimenti strani con degli sguardi
strani: in una mezz’ora la persona fa delle espressione inconsapevoli, di cui
non si rende neppure conto. Rallentando il video, attraverso il sistema dello
slow-motion, la mezz’ora di video diventa tre ore, la lentezza arriva al
fotogramma; il video è rallentatissimo. In quel momento lì vado a dividere il
video in vari fotogrammi e scelgo i pezzi più espressivi. E’cose se scavassi
nell’inconscio del soggetto ripreso. Rallentare il video significa che un video
di un’ora viene allungato e dilatato. Quando ti riprendo, ti vedi in un
contesto diverso, con uno sfondo nero, ti concentri su te stesso sui tuoi
movimenti, è come in una ripresa teatrale con una luce bassa;la ripresa è
curata in studio con delle facce o pose studiate; in altri casi si parla in
maniera spontanea. Da questa ripresa io vado a estrapolare quello che più mi
interessa. Viene fuori un video al limite del visibile; in alcuni punti
velocizzo, in altri rallento o do degli stop-motional: dono nuova vita al video;
gli creo una nuova identità; ci sono persone che ho ripreso e non si
riconoscono in Sindonext.
Quale è il ruolo dello spettatore
di fronte alle sue tele?
Attivo.
Lo spettatore deve partecipare. Si tratta di un’istallazione non solo di un
video, si tratta di un’installazione che comprende vari media: mix-media-installation. Tale tipo di
installazione comprende anche la complicità dello spettatore che deve essere
partecipe. Le reazioni degli spettatori sono le più svariate, alcuni rifiutano
di vedere a lungo: vengono e vanno via. La luce bassa è un effetto di disturbo
visivo, per cui l’immagine risulta rarefatta, si deve vedere male, l’immagine deve
essere solo una “traccia” per il resto deve lavorare lo spettatore con
l’immaginazione. La percezione deve lavorare al massimo.
Quanto siamo sicuri di
percepire quello che vediamo? quanto tempo dedichiamo veramente ad una mostra
di videoarte?
Ognuno
scopre e percepisce qualcosa di diverso, ognuno vede se stesso; si mette di fronte
ai propri limiti. Nelle mostre che faccio, a parte pochi interessati, la
maggior parte di chi guarda, guarda l’insieme, che ha un effetto pittorico,
sembrano quasi velature su tela; la mostra viene però fruita all’1X1000 delle
potenzialità che ci sono davvero.
Si può dire che c’è un
significato altro dietro i suoi video nelle sue mostre?
La
mia arte mostra l’invisibile: il video utilizza una accumulazione di segni e comprende
una molteplicità di informazioni e comunicazioni. Oltre alle forme
rappresentate, si tratta di osservare ciò che è sotto agli occhi ma che è
difficile riconoscere.
Se
consideriamo che nel cinema ci sono 24 fotogrammi al secondo, in una ripresa di
un secondo faccio 24 foto; puoi immaginare quante sono le fotografie in un film.
In un ora devo moltiplicare 60X24X60; poi prendo in visione un fotogramma alla
volta ( se rallentato troppo il fotogramma rischia di rivelarsi scalettato e
disturbato).
Tante
comunicazioni non si percepiscono: immagino ai quadri del passato con un dietro
non visibile, una specie di doppio quadro, Sindonex è un doppio quadro, è
visibile ma lo spettatore non riesce a vedere tutto, è disattento, c’è una
comunicazione che se uno fa attenzione e riesce ad entrare in sintonia, scopre.
La maggior parte della gente è distratta e va bene così, se volevo dare una
comunicazione diretta davo un video da guardare in una stanza buia. Inserire un
video distorto, trasfigurato e rallentato in una stanza mal illuminata ti
impedisce di vedere l’opera ma ti aiuta a percepirla: è come se la negazione
della visione favorisse la vera percezione; come un cieco che sviluppa altri
sensi, l’alta tecnologia è un meccanismo di approfondimento dei sensi che
permette di vedere oltre il piano della realtà. Siamo abituati a stravedere, la
pubblicità, per esempio deve arrivare subito alla mente e al cuore della gente
attraverso un linguaggio patinato e ben visibile; non è così per l’artista che
deve mirare ad un linguaggio altro.
La
mia arte è un linguaggio da non confondere con quello dei mass-media; la mia
arte ti costringe a fermarti, richiede ad un pubblico sempre più distratto di fermarsi
e guardare oltre.
Come
in una galleria buia, una volta dentro nel momento in cui ne stai per uscire
intravedi l’architettura, anche se è sempre tutto buio, il passaggio dal buio
alla luce e viceversa, induce ad un’osservazione più profonda.
Vi sono molti volti e
ritratti nelle sue opere, ha pensato anche ad autoritratto?
Si,
ho provato a farmi un autoritratto, ero solo con la telecamera davanti a me; ho
scartato l’idea anche se comunque prima o poi, senza alcuna priorità, voglio riprovare.
C’è ancora qualcosa che
dovrei sapere delle sue ricerche?
C’è un film, dal titolo Fino alla fine del mondo (film di Wim
Wenders, 1992) che è stato per me un film di grande ispirazione, assai
innovativo; il protagonista riesce a costruire un apparecchio, una specie di
casco, che può registrare, visualizzandoli e proiettandoli i sogni, i ricordi
umani e l’intera attività mentale. I ricordi consci e inconsci, vengono
memorizzati in un dvd e la protagonista attraverso un lettore e una visione non
perfetta del video, trasfigurata in un effetto sale e pepe (tipo Sindonext)
come appunto può essere un ricordo, comincia a vivere dei soli suoi ricordi
drogandosi di immagini. Tale Film è stato per me determinante: mi riconosco nel
protagonista che dall’indole curiosa, è tutto volto a percepire emozioni e scavare
in territori inesplorati dell’animo umano.
"Sindonext" mostra di Videoarte di Luca Gaddini: luglio 2012