29 giugno 2023

" Cambiare" di Ama Ata Aidoo

 



In Italia il primo romanzo di Ama Ata Aidoo

 Cambiare, ma in Ghana non si può

di Giovanna Baldini

       Pubblicato l’anno scorso da Mondadori, il romanzo Cambiare di Ama Ata Aidoo porta all’attenzione del pubblico italiano la figura di una grande intellettuale africana, morta recentemente (maggio 2023), dopo una vita di impegno culturale e politico.

       Ama nasce nel 1942, nella zona centro meridionale del Ghana, quando il suo Paese era ancora sotto il dominio britannico. Studia, si laurea, insegna all’università della sua città Legon e anche all’estero e diventa scrittrice di teatro, poesia, romanzi. Ben presto arriva al successo e nel 1965 è la prima drammaturga africana a essere pubblicata.

       Il romanzo che arriva adesso in Italia, Cambiare, Oscar Mondadori Cult, 2022, è una storia d’amore.

       La protagonista, Esi, è una ricercatrice universitaria ad Accra, costretta a subire un marito frustrato dalla attività professionale della moglie..

      Ben presto la vita quotidiana diventa impossibile: ogni pretesto è buono per discussioni, dagli orari degli spostamenti in auto da casa al lavoro, alla necessità di una maggiore autonomia all’interno della coppia.

      In realtà l’insofferenza tra i due coniugi nasce dal fatto che Oko, il marito, non accetta una moglie emancipata, istruita, stimata nell’ambiente di lavoro, con gli stessi compiti e responsabilità di un uomo.

      Così una mattina in camera, mentre si preparano e, come di consueto, discutono sul programma della giornata, lui la prende con la violenza. Come a ribadire che è l’uomo che comanda tra loro e nella società.

      Da qui, si può dire, comincia la storia di Esi, la quale lascia il marito e arriva perfino a chiedere e ottenere il divorzio. Poi prova a vivere da donna sola.

     Con grande delicatezza e sensibilità l’Autrice indaga l’universo femminile attraverso la creazione di figure di donne su cui si appunta il suo interesse politico e sociale. Anche questa volta succede il miracolo della scrittura: il lettore segue il cambiamento di Esi e le difficoltà da affrontare sul piano personale e relazionale. In un mondo di uomini, dove una donna sola non conosce alcuna considerazione. Nessuno, infatti, l’approva, anzi tutti la sconsigliano, soprattutto la mamma e la nonna.

       La giovane donna, invece, è decisa e non rinuncia né ai sentimenti, né alla possibilità di un’altra vita. Si innamora, ricambiata, di Ali, uomo bellissimo, affascinante, di successo. Che, però, è sposato. Non importa; forte del suo amore, la nostra protagonista diventa la seconda moglie, inserendosi in un contesto poligamico di luci e ombre, delusioni e rinunce. Esi, che è donna moderna, intellettuale, con esperienze di studio in Europa, mal si adatta a quello che la nonna le aveva detto sulla condizione di seconda moglie e ne soffre.

       Molto interessante, infatti, è la problematizzazione che l’Autrice fa della poligamia, accettata per secoli da molte società africane. Ama Ata Aidoo ama l’Africa, l’ha fatta conoscere al mondo e ce la descrive con occhio critico e mai di condiscendenza. Sa vederne i limiti e i difetti e per questo, secondo me, è straordinaria la sua capacità di descrivere e lasciare irrisolto, nel libro, il problema della condizione femminile nella poligamia di oggi.

      Il libro è uscito nel Ghana nel 1991e chissà se in questi trent’anni qualcosa è cambiato per le donne in quel lontano Paese. Rimane comunque una lettura di grande interesse e attualità.

Ama Ata Aidoo, Cambiare, Oscar Mondadori Cult, Milano 2022, pp. 212, Euro 14,00

 

 

 

28 giugno 2023

"Nozze sul Delta" di Eudora Welty

 


di Giulietta Isola

“La mente fu invasa dal paesaggio, i pensieri furono accantonati. Nel Delta pareva esserci quasi solo il cielo. Le nuvole erano grandi, più dei cavalli e delle case, più delle barche, delle chiese e delle sgranatrici di cotone, più di qualsiasi cosa, tranne le piantagioni dei Fairchild. […] La terra era perfettamente piatta e uniforme, ma scintillava come l’ala di una libellula luminosa. Vibrava come uno strumento a corda appena pizzicato.”

        Tempo fa mi è capitato di sentir casualmente menzionare una certa Eudora Welty, esponente di spicco della Southern Literature. Con l’intenzione di approfondire presi nota , poi durante una conferenza eccola riapparire, si parlava di forma breve in narrativa ed il relatore lasciava trasparire una profonda ammirazione per questa scrittrice immensa, appassionata di oralità, tradizione e spirito di appartenenza. 

        Da allora è diventata una delle mie scrittrici preferite per short stories e penso che la sua migliore espressione si esprima proprio nella forma breve. 

       In Nozze sul delta si cimenta in una narrazione lunga e articolata, tradisce in qualche modo la forma che le è più congeniale ed è un successo grazie alla sua penna raffinatissima ed all’acuta osservazione di ciò che la circonda. 

        Welty riversa nelle pagine vita e microstorie, un coro di voci, tanti personaggi e digressioni, una ricchezza che riesce a dominare perfettamente, io non ho nemmeno fatto il tentativo di ricordare tutti i personaggi e le loro storie, mi sono soffermata su alcuni di essi, ho seguito più una tematica rispetto ad un’altra, con la sensazione di aver appena scalfito il complicato e ricchissimo universo narrativo di Welty. 

        Nozze sul Delta ruota su due elementi essenziali: la famiglia e il Sud. La famiglia è quella dei Fairchild, proprietari di una piantagione sul Delta del Mississippi, ed è da una loro riunione famigliare che l’autrice imbastisce storie e voci. È il settembre del 1923 e fervono i preparativi per le nozze della diciassettenne Dabney con Troy Flavin, sovrintendente della piantagione , molto più vecchio di lei, inferiore di rango ed a tratti brutale. Nella grande casa piena delle voci e dello spirito di quella «famiglia tumultuosa», arriva la piccola Laura, da poco rimasta orfana di madre, la sua voce si alterna presto a quella degli altri Fairchild in un racconto pulsante e ricco di vitalità. 

        La grande casa è descritta minuziosamente, ogni oggetto su cui Eudora posa lo sguardo è raccontato con intima partecipazione, ogni storia appare importante ed è inevitabile perdere qualcosa anche se ogni personaggio, la casa e la piantagione sono tratteggiati premurosamente. 

       In questo grande affresco di vita e famiglia traspare l’omaggio dell’autrice ad un luogo, ad una tradizione fatta di atmosfere quotidiane, profumi di cucina, mitologia del bayou. Nella pagine si raccontano piccole storie famigliari di donne poco convenzionali e maschi spesso idealizzati, mai davvero conosciuti, imperscrutabili, divinizzati. 

      La prosa di Welty è attenta , non fa sconti , rivela anche le crepe, le zone più buie e i conflitti , riproduce la vibrante visione di un sud fuori dal tempo nel quale scorre pigro il fiume che pare statico ed invece è carico di vista ed in continuo movimento.      Una lettura che ho apprezzato molto.

NOZZE SUL DELTA di EUDORA WELTY EDIZIONI MINIMUM FAX

26 giugno 2023

"Intrigo bretone" di Jean-Luc Bannalec

 

di Marigabri

Dupin inspirò profondamente. Quella sera il mare aveva un odore intenso: sale, alghe, iodio. Respirare quell’aria faceva apparire tutto diverso.”

       Un commissario “grande e grosso, robusto, massiccio” che ricorda un po’ la stazza del celebre Maigret -il padre letterario di tutti i commissari francesi- ma anche goffo e impacciato, al punto che “nessuno metteva mai in conto la rapidità e la fine precisione delle quali era insospettabilmente capace.”

       Parigino di origine, da qualche anno è stato trasferito a Concarneau, perla della Bretagna, e ormai è completamente immerso nell’humus locale; riferimento costante è la sua perspicace segretaria, Nolween, depositaria dei segreti di un luogo incantevole e di un popolo orgoglioso delle sue radici ma spesso rude e ostico.

       Il suo primo caso è l’inspiegabile omicidio di un noto albergatore di 92 anni, custode delle tradizioni di famiglia e amante dell’arte.

       Siamo nell’ameno villaggio di Pont-Aven, diventato celebre perché a fine Ottocento vi arrivò Gauguin che inventò un nuovo stile e inaugurò una scuola di pittura. L’hotel, fondato da Marie Jeanne Pennec, la nonna della vittima, aveva intercettato i segni del tempo e aveva agevolato in tutti i modi l’atelier del celebre pittore. Ma cosa c’entra tutto questo con l’eliminazione fisica di un vecchio albergatore onesto e inoffensivo ?

       Sbrogliare la matassa non sarà compito facile per il nostro commissario che porterà avanti la sua indagine arrovellandosi sulle testimonianze dei familiari e degli amici del defunto Pierre-Louis Pennec.

      “In tutti i casi, a un certo punto venivano a galla i primi racconti veri; fino ad allora, tutti cercavano di creare superfici scivolose, opache, per non lasciar trapelare nulla delle storie reali. E tutti avevano le loro ragioni per farlo, non solamente i colpevoli.”

      Grande protagonista il paesaggio bretone, con la bellezza e la forza di una natura prorompente e indomita.

23 giugno 2023

“Delhi” foto di Tano Siracusa

 


di Gianni Quilici

       Era la prima volta che Tano Siracusa andava in India. Siamo nel 1989 a Delhi. E come scrive nel libro uscito da pochi giorni,  Sconfinamenti (Editore Antipodes) questa è la prima foto che scatta, dopo essere uscito  dall’aeroporto. 

       Mi sono chiesto, in modo futile, se una foto, una foto per esempio come questa, possa valere un viaggio. Certamente no, perché l’ambizione di un vero fotografo (e Tano Siracusa lo è) è rappresentare  una realtà (grande o piccola che sia) scoprendone la profondità e le articolazioni.  Realizzare un reportage insomma per dare luogo magari, prima o poi, ad un libro. Perché un viaggio impegnativo, come partire dalla Sicilia fino a raggiungere l’India, nasce come reportage. E un reportage è, per un certo verso, simile a un doc film, in cui il movimento è dato da un montaggio, dove la successione di immagini abbia  forza documentaristica e magari, nei casi migliori, possa sentirsi come emblema e metafora di quella realtà.

       Questo scatto, per esempio, non è soltanto una mera documentazione, perché ha anche una risonanza metaforica, che illumina ciò che era ed ancora oggi è l’esistenza di gran parte della popolazione indiana. E’, cioè,  una di quelle immagini che va oltre la cornice stessa che delimita la foto.

       Infatti, se la guardiamo per la prima volta, ciò che subito colpisce  sono in primo piano le dita delle mani sproporzionate rispetto al resto dell’immagine. Dita grandi da adulto, rovinate, consumate dal lavoro e dai lavori. Dita che vengono evidenziate con più nettezza da un aspetto formale: il colore argenteo, scintillante del finestrino del taxi (così ci informa lo stesso Tano Siracusa ragionando nel libro sullo scatto) e le dita scure di ciò che quasi subito vediamo essere quelle di un bambino.

       Ma ciò che rende poetico questo scatto è il netto contrasto tra queste dita enormi da adulto lavoratore, che si attaccano quasi rapaci al finestrino, con il volto, ripreso a metà e sfocato, di cui si intravedono appena gli occhi contratti dallo sforzo.

      C’è in questo volto un incrocio dialettico tra sofferenza e  desiderio. Perché il bambino si aggrappa tenacemente al finestrino? Forse vuole fermare il taxi per chiedere qualcosa? O forse semplicemente vuole fuggire in altre realtà per un istinto incontrollabile?

       Altro contrasto tra l’energia delle mani e la loro impotenza. La macchina andrà e lui resterà. L’inizio di una storia e la sua fine. Nello sfondo lo scorcio di un’auto e  un muro indefinibile di un grigio nerastro. Senza orizzonte alcuno.

      E’ comunque uno di quegli scatti che colgono velocissimamente l’attimo. Una concatenazione, dove convivono simultaneamente   il malessere e il desiderio, l’energia fisica e l’impotenza in un circolo che gira su se stesso, ritorna sempre da capo.

      Resta lo scatto. Un grande scatto di cui oggi si potrebbe dire paradossalmente  valeva la pena fare quel viaggio anche soltanto per quello. Uno scatto dove coabitano il caso, l’occhio che ha visto, la prontezza dei riflessi, la scelta istintiva della, inquadratura e infine anche la fortuna che qualche volta ti bacia nel cogliere quell’attimo che se non lo prendi sparisce.