di Luciano Luciani
Un marziano a Roma, 1954, di Ennio Flaiano, scrittore, giornalista, sceneggiatore di alcuni tra i più importanti film del dopoguerra (I vitelloni, La dolce vita, Otto e mezzo) lo lessi, per fortuna, da adulto. Così, mi fu possibile gustare fino in fondo gli umori corrosive dello scrittore abruzzese, la sua vena satirica, il suo acuto senso del grottesco capace di cogliere gli aspetti più paradossali della sua contemporaneità.
Racconto lungo, nato probabilmente come reazione scettica all’eccitazione diffusa per i primi avvistamenti di “oggetti non identificati”, presenta questo incipit secco, essenziale: “12 ottobre. Oggi un marziano è sceso con la sua aeronave a Villa Borghese, nel prato del galoppatoio. Cercherò di mantenere, scrivendo queste note, la calma che ho interamente perduta all’annunzio dell’incredibile evento, di reprimere l’ansia che subito mi ha spinto nelle strade, per mescolarmi alla folla. Tutta la popolazione della periferia si è riversata al centro della città e ostacola ogni traffico. Debbo dire che la gioia, la curiosità è mista in tutti ad una speranza che poteva sembrare assurda ieri e che di ora in ora si va invece facendo più viva. La speranza “che tutto cambierà”. Ma la novità dura poco…
Preso nei ritmi blandi, molli, appiccicosi della Capitale cattolica e democristiana, Kunt il marziano, per niente minaccioso, anzi gentile e amabile, perde velocemente di credibilità e d’interesse e finisce anche per suscitare qualche sospetto: “Ma che è venuto a fare?”, comincia a chiedersi qualcuno… E, nel giro di poche settimane, da ospite d’eccezione si trasforma in un forestiero mal sopportato che non vede l’ora di tornarsene, melanconicamente, sul suo rosso pianeta: “Si parla … di una sua prossima partenza, sempre se riuscirà a riavere l’aeronave, che gli albergatori hanno fatto, si dice, pignorare”.
Testo di un’ironia tagliente come un rasoio affilato, degno della migliore tradizione pamphlettistica europea, Un marziano a Roma utilizza l’allora recente e sempre più fortunata moda fantascientifica per intenzioni, nient’affatto bonarie, di critica sociale e di costume.
È, poi, mia convinzione che a Flaiano, eccezionale uomo di cinema, critico e sceneggiatore, non dovessero essere sconosciute le suggestioni di Ultimatum alla Terra, 1951, di Robert Wise, forse il primo film USA anni cinquanta che ci proponga l’immagine di un extraterrestre mite e pacifico.
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