di Gianni Quilici
La curiosità e-o il fascino di leggere questo esile libro “Lettere a D.” può nascere da una ragione insolita: alla lettera che André Gorz (Gérard Horst per lo stato civile francese) scrive alla moglie Dorine, affetta da un morbo degenerativo tra il marzo e il giugno 2006, succederà, infatti, un anno dopo, il 25 settembre 2007, il suicidio di entrambi.
Tuttavia questa lettera non era stata scritta pensando al suicidio: era stata pubblicata un anno prima, e le commoventi parole con cui si conclude hanno acquistato un senso profetico solo dopo il ritrovamento dei loro corpi. “La notte vedo talvolta la figura di un uomo che, su una strada vuota e in un paesaggio deserto, cammina dietro un carro funebre. Quest’uomo sono io. Sei tu che il carro funebre trasporta. Non voglio assistere alla tua cremazione; non voglio ricevere un vaso con le tue ceneri. (…) Spio il tuo respiro, la mia mano ti sfiora. Ciascuno di noi vorrebbe non dover sopravvivere alla morte dell’altro. Ci siamo spesso detti che se, per assurdo, avessimo una seconda vita, vorremmo trascorrerla insieme”.
Ma c'è una ragione di più che spinge alla lettura: André Gorz, nato a Vienna nel 1923, è stato uno dei più grandi intellettuali francesi, amico di Sartre e di Illich, ha diretto la rivista “Les Temps Modernes” e fondato il “Nouvel Observateur”, influenzando l'esperienza della sinistra europea con i suoi libri aperti a teorizzazioni antiautoritarie ed ecologiste.
E proprio l'accostamento tra la figura dell'intellettuale colto e rigoroso e la scelta di suicidarsi insieme alla moglie è paradossalmente l'altro motivo di fascino. Il fascino vive in questa contraddizione: per un verso l'estrema lucidità (basterebbe leggere il suo primo libro Il traditore) di un intellettuale, Gorz, spietato nella ricerca della verità; per un altro verso l'estremo romanticismo di un amore, che sembra essere senza limiti tanto da portare alla scelta ultima ed insolita del suicidio.
Ed in effetti appena iniziamo a leggere la lettera siamo subito catturati dal tono appassionato e radicale. Inizia così:
“Stai per compiere ottantadue anni. Sei rimpicciolita di sei centimetri, non pesi che quarantacinque chili e sei sempre bella, elegante e desiderabile. Sono cinquantotto anni che viviamo insieme e ti amo più che mai. Porto di nuovo in fondo al petto un vuoto divorante che solo il calore del tuo corpo contro il mio riempie”.
Questa dichiarazione d'amore diventa racconto della loro vita comune ed anche una spietata autocritica per non aver egli sempre tenuto nella debita considerazione Dorine, riconoscendo appunto nella lettera come l'intera sua opera porti il segno incancellabile della presenza di lei.
Gorz incontra Dorine nel 1947 in Svizzera. La prima volta che la vede pensa: “Con lei non ho nessuna possibilità”. Infatti Dorine era “bella come un sogno”. Scrive infatti: “Avevi una folta capigliatura rossobruna, la pelle madreperlacea e la voce acuta delle inglesi”. Invece sarà ricambiato e da quel momento, per 58 anni, non si lasceranno più.
Che cosa li unirà?
A leggere la lunga e appassionante lettera d'amore, che s'intreccia ad un impegno culturale e politico comune e perenne, sono due cose: “ ... una specie di ferita originaria: l'esperienza dell'insicurezza, che significava che noi non avevamo un posto sicuro nel mondo...”; e “...la fascinazione reciproca di due soggetti per quello che hanno di meno dicibile, di meno socializzabile, di refrattario ai ruoli e alle immagini di se stessi che la società impone loro, alle appartenenze culturali...”.
E ciò crea una reciprocità basata anche sulla fedeltà, diversamente da quella famosissima della coppia Sartre-De Beauvoir, in cui si è fedeli in quanto sinceri fino alla spietatezza, mantenendosi reciprocamente liberi di avere altre relazioni amorose.
Rossana Rossanda (Il manifesto del 26 aprile 2008) scrive alla fine di una lunga recensione:
“Quando le due scatole di legno sono arrivate al crematorio di Troyes eravamo una cinquantina (...). Ci sono volute due ore per mandare in fumo D. e poi due per Gérard. Le ceneri sono state portate da chi era rimasto nel loro giardino e disperse per la prima pioggia sotto gli alberi carichi delle mele di ottobre”. Un grande amore è finito, forse ne può iniziare il suo mito.
Gianni Quilici
[Lettera a D. Storia di un amore di André Gorz. Sellerio Editore, pagg. 88, 9 euro. Traduzione di Maruzza Loria]