10 dicembre 2009

"LUCCAdigitalPHOTOfest 2009: un viaggio tra le Mostre"


di Gianni Quilici

Anche questa edizione di LUCCAdigitalPHOTOfest 2009 è stato un successo: di pubblico e di critica. Quello che offriamo è un viaggio (non completo) tra le mostre di questa quinta edizione.

Prima mostra: Bazancuba di Ernesto Bazan.
Colpisce subito la scrittura (a mano), che accompagna ogni periodo-sezione della Mostra per la felicità di vivere che trasmette, per la gratitudine che dimostra, per le scoperte che via via compie su di sé e sul fotografare. Le immagini sono poi straordinarie, perché nella loro complessità di punti di vista diversi, di angolazioni insolite, di accostamenti a volte prodigiosi, colgono il cuore ed il vissuto di un popolo, quello cubano. Il video di Jaan de la Cruz ripercorre le foto della mostra, ma l'autore, muovendo la videocamera sulle immagini, inserendo musiche evocative di Cuba ne fa, anche, un'opera a sé.

Seconda mostra: Cronache da fonti autorevoli di Alex Majoli: immagini disperate dalla Palestina a Bagdad, dal Rwanda alla Bosnia, dalla Georgia all'Afghanistan.
Pur importanti e dense nel rappresentare un “mondo” doloroso e in sfacelo, le foto di Mojoli a volte, con alcune eccezioni, non hanno la capacità di dilatarsi, rimangono come importante significativa testimonianza.

Terza mostra: Aquila di Gianni Berengo Gardin.
Vediamo l'Aquila nel 1992, nello splendore delle sue chiese, palazzi, fontane, biblioteche come ora non più. Foto documentative, che non colgono l'attimo, ma ciò che è (che era). Un grande fotografo, che ha testimoniato come pochissimi altri i mutamenti della nostra penisola come poeta, sa farsi anche, con umiltà, semplice descrittore delle “cose”.

Quarta mostra: Living the apple: una performance, un video, una mostra fotografica di Patrizia Dottori.
La bellezza dei colori, nella gigantografia delle cornici: il rosso mantello di decine di giovani ragazze, l'azzurro del cielo, il bianco del marmo rimangono piacere di superficie, che però scivola dagli occhi.

Quinta Mostra:The fifthy faces of Juliet di Man Ray.
Una Mostra da vedere tenendo presente le bellissime parole scritte dallo stesso autore: foto per lui (Man Ray) e per lei (Juliet), non per noi. Se le vediamo dobbiamo entrare nell'ossessione della rappresentazione, nell'ossessione della sperimentazione e “osservare” alcune foto, come autentici ritratti-capolavori.

Sesta mostra: World Press 2009.
Difficile commentare una mostra come questa che raccoglie il meglio nelle varie sezioni: politica e società, arte e spettacoli, sport e natura. Non sempre c'è la grande foto, che da sola illumina una situazione, ma il reportage nel suo raccontare una condizione sociale, un evento. Da qui l'importanza della didascalia informativa, che ci porta in un pianeta, in cui guerra, disastri ecologici, catastrofi, condizioni di miseria stanno insieme alle bellezze naturali, a corpi scolpiti nello sforzo competitivo, all'energia di primi(ssimi) piani umani o animali che siano.

Settima mostra: Richard Avedon.
Che Avedon sia un grande fotografo ed uno dei più grandi ritrattisti del '900, credo che sia un dato critico acquisito. Ed infatti vedendo In memory of late Mr. and Mrs Comfort una delle possibili impressioni può essere “ perfetta, stupefacente”.
Una modella bellissima nelle forme, nei lineamenti, nell'espressività del volto, nell'eleganza della figura insieme ad uno scheletro, con cui ha un rapporto come con persona umana:di denaro, sesso, arte, seduzione, disperazione, narcisismo ecc, ecc, in un ambiente fatiscente, putrido, polveroso, abbandonato. Metafora chiaramente didascalica sui destini umani: tutto, anche ciò che è sfolgorante è destinato a finire in uno scheletro senza forma, senza bellezza, senza respiro. L'operazione che sta dietro è una messinscena teatrale-cinematografica con un ambiente, che nel suo squallore è curato alla perfezione fino ai più piccoli dettagli; dove i protagonisti sono colti magnificamente nell'attimo giusto e più efficace. Grande professionismo, che può lasciare, però, freddi, forse perché l'emozione è fin troppo studiata, calcolata. Da qui si potrebbero porre interrogativi sul rapporto tra fotografia e cinema, tra fotografia e teatro...