28 novembre 2014

"La meritocrazia" di Luciano Luciani



Attenti al merito !


Che palle! Perdonate il linguaggio, come dire?, alquanto espressivo in antico cinese mandarino, ma davvero non se ne può più. Di cosa? Della ricorrente, battente insistente esaltazione, acritica e indiscriminata, della cosiddetta meritocrazia. 

Un’infatuazione che unisce tutti: conduttori televisivi, uomini e donne della politica, sedicenti intellettuali, orrendi protagonisti della televisione-spazzatura, renzisti e berluscastri… Tutti, indistintamente, arrapati dell’ultima trovata dell’ideologia liberista, il merito: per cui, quando su qualsivoglia problema non hai più argomenti sensati, allora è il caso di sbattere giù un po’ di meritocrazia e sei sicuro di aver fatto la tua bella figura. E, invece, è una cazzata, o per dirla colta, una tautologia, ovvero un’affermazione che non contiene in sé nessun carattere informativo. Solo una parola di uso e abuso recente, recuperata per giustificare i privilegi di alcuni, sempre i soliti, alle spalle di altri, anche quelli sempre i soliti, ribadendo ad libitum una sorta di differenziazione razziale tra esseri inferiori e superiori.

Avete mai notato la spiccata tendenza dei presunti, autonominatisi meritevoli alla ereditarietà delle cariche? Provate a dare un’occhiata alle nomenklature: quella universitaria in primis, poi la giornalistica, la televisiva, la politica, quella dei Consigli d’amministrazione… Troverete mogli e figli, fratelli e sorelle, cognati e nipoti dei Potenti in una commovente riscoperta della famiglia allargata e patriarcale. E poi gli amici e gli amici degli amici e i congiunti dei primi e dei secondi, Capacissimi di strologare, quando capita, di merito e meritocrazia, un territorio popolato per lo più di arroganti e competitivi, boriosi e aggressivi. Un luogo che mette al bando i gentili e i tolleranti, gli affabili e i sensibili…

No, davvero, meritocrazia non fa rima con democrazia e lo aveva già compreso G. G. Belli cento e ottanta anni fa:


Er merito

Merito dite? Eh ppoveri merlotti!
Li quadrini, ecco er merito, fratelli.
Li ricchi soli sò bboni, sò bbelli,
sò ggrazziosi, sò ggioveni e ssò ddotti.

A l’incontro noantri poverelli
tutti schifenze, tutti galeotti,
tutti ddegni de sputi e de cazzotti,
tutti cucuzze in càmmio de scervelli.

Fa ccomparì un pezzente immezzo ar monno:
fussi magàra una perla orientale,
Presto cacciate via sto vagabonno.

Tristo chi sse presenta a li cristiani
scarzo e ccencioso. Inzino pe le scale
lo vanno a mozzicà ppuro li cani.

Giuseppe Gioachino Belli 
                                            3 aprile 1836 



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