06 dicembre 2014

"Luigi Ghilardi" di Laura Di Simo




Nella sala della Linea del Tempo del Museo del Risorgimento di Lucca, nella vetrina che illustra la nascita del mito garibaldino, compare, non a caso, l’immagine di Francesco Nullo.

Esponente dell’agiata borghesia imprenditoriale del tessile, Nullo, dopo aver partecipato nel 1848 alle Cinque giornate milanesi, sarà nel ’59 Cacciatore delle Alpi e, poco dopo, organizzatore e finanziatore della Spedizione dei Mille, della quale sarà anche eroico protagonista a Calatafimi, Palermo, sul Volturno. Rapidissima la sua carriera: da capitano a generale. Insoddisfatto dei modi in cui si era realizzata l’unità d’Italia, Nullo trasformò il suo amor di patria in amore per le patrie e si fece difensore delle nazionalità oppresse, correndo in aiuto del popolo polacco contro l’oppressore russo. Organizzò e guidò una legione di circa 600 uomini italiani, francesi , polacchi e cadde in combattimento, nel 1863, durante un attacco russo.
In Polonia è considerato un eroe nazionale.

Poi, nello spazio del Museo dedicato al Risorgimento nel nostro territorio, il lucchese, Tito Strocchi, “soldato garibaldino, anima mazziniana”, romantico e “scapigliato”, scrittore di limacciosi romanzi e racconti storici, ma anche brillante giornalista quasi un inviato di guerra sui luoghi del conflitto. Strocchi, che con la sua partecipazione all’impresa di Mentana, aveva conosciuto, e sulla propria pelle, la terribile potenza di fuoco degli Chassepot francesi, non esitò, pochi anni più tardi, a mettere la propria sciabola al servizio delle genti di Francia, quando si trattò di difenderne la libertà contro un modello imperiale dai tratti già aggressivi, militaristi, autoritari.

E sempre nel Museo del Cortile degli Svizzeri, nell’area didattica, una stampa ricorda un altro episodio, un altro esempio “alto” di quello che potremmo chiamare l’internazionalismo garibaldino: la partecipazione delle Camicie rosse a fianco del popolo greco nella guerra greco-turca del 1897 e la tragica, eroica e sfortunata giornata di Domokòs. Qui, nel maggio, la dura sconfitta subita dall’esercito greco fu riscattata solo dal valore dei volontari italiani comandati da Ricciotti, il secondogenito dell’Eroe dei due mondi.

Popolani e borghesi, analfabeti e intellettuali, idealisti e avventurieri, nazionalisti e per questo internazionalisti: questo il ‘popolo garibaldino’. Una realtà complessa, dove entusiasmi e utopie, passioni e speranze si fecero uomini – ed anche donne - in carne e ossa con storie di vita spesso di esemplare coerenza, talora torbide e contraddittorie.

Di questo mondo fece parte anche Luigi – Luis - Ghilardi, lucchese, nato in Chiasso Barletti, a pochi centinaia di metri da qui, poco più di due secoli fa.

Di prima generazione risorgimentale e coerente fede repubblicana, uomo che aveva scelto per sé il mestiere delle armi, Ghilardi come centinaia, migliaia, di altri italiani nel secolo delle rivoluzioni nazionali e liberali fu sospinto lontano dalla Patria dagli agitati venti delle sommosse e delle sollevazioni. Dopo aver dato buone prove delle proprie competenze militari nelle guerre costituzionali in Spagna e nel ‘48/49 italiano, stimato teorico militare, lo accolse il Messico che, all’indomani di una dura lotta per l’indipendenza, cercava faticosamente la sua strada tra secessioni fomentate dal potente vicino nordamericano e invasioni straniere.

Quando nel 1862 il Messico conobbe l’effimera costruzione politica voluta da Napoleone III e da una giunta di oligarchi, culminata nella costituzione dell’Impero messicano dell’arciduca Massimiliano d’Asburgo, Ghilardi, coerente con le sue idee e la sua storia personale, fu tra i capi dell’insurrezione messicana. Un ruolo di guida che venne pagato a caro prezzo dal coraggioso lucchese fucilato ad Aguascalientes il 16 marzo 1864.
Il Messico non ha mai dimenticato il suo sacrificio e Lucca finalmente lo ricorda. E con lui richiama alla memoria tutti quei nostri compatrioti che, lontani dalla madrepatria, seppero comunque difendere quegli ideali di libertà e democrazia che furono propri di Garibaldi e dei suoi.

Al loro insegnamento siamo soliti tornare nei momenti più oscuri della nostra storia nazionale.
Oggi, quei valori morali ci interpellano ancora tutte le volte che ci accingiamo alla realizzazione di una società più libera e giusta.

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