13 gennaio 2019

"Versi in viaggio" di Gianni Quilici



E si va    e si va    e si va    e si va    e si va …
di Giovanna Morelli

Presentare Gianni, il suo libro, Versi in Viaggio. Un libro che ha la coesione tematica di un canzoniere, e l’intensità  di un cantico creaturale. 17 viaggi in senso stretto  e 14 viaggi in senso lato. Cito dall’indice : Viaggi…

nella post adolescenza , dentro la scuola, nei linguaggi, sull’onda della musica, nel cinema, nei volti che fuggono, nella luce d’estate, nelle relazioni, nell’erotismo , nella società dolente, tra il cielo e la terra, verso l’essere e il nulla, nel mi piace, nel divenire… questo indice è in sé  una poesia.

La prima domanda : cosa collega, per Gianni,  il senso stretto e il senso lato di viaggio? 
Potremmo chiederglielo, ma già nelle poesie c’è la risposta.
Quello che Gianni va a incontrare, ogni volta,  in luoghi diversi del mondo, è sempre lo stesso paesaggio, a margine delle città. Un paesaggio  fatto di colline cielo nuvole erba sole luce e vento e alberi, quanti  pini cipressi olivi platani pioppi, e poi animali, gabbiani rondini grilli  formiche  cicale – ah le adorate cicale – e mucche  e cavalli e vecchi borghi  visti  quasi sempre  da lontano e rare presenze umane.
Questo lirismo, come ogni vero lirismo, è affacciato oltre sé, al punto da desiderare una trasmigrazione negli elementi ….
vorrei essere la luce  

Ah la luce…essere cielo e terra…
cielo nell’essere proteso verso l’alto. Terra nel divorare le radici delle cose  

diventare fiume 

e farmi stella  e chiedere allo spazio  nella notte alta e tersa  che i pensieri siano larghi e aperti

Il primo piano e il campo medio non chiudono in una prospettiva intimista, introducono alla panoramica. Una panoramica, se possibile, intimizzata. Dal paesaggio al Pianeta, quasi sempre con la P maiuscola, il prodigio maggiore di quelli incontrati da Gianni. Un Pianeta  antico,  e avvelenato  dagli  orrori  dell’inadeguatezza umana:
   
inadeguato alla coscienza terrestre
Possiamo sentirci anche così, nel momento in cui perdiamo il contatto con la sacralità in cui siamo immersi. Il contatto, la presenza. L’idea del viaggio, in Gianni, è proprio  questa disposizione dell’animo all’incontro, alla presenza , all’innamoramento. Le partenze di Gianni sono partenze geografiche reali,  riti di rinnovamento , e sono al tempo stesso  metafore  di un modo  di sentire. Il modo della poesia. Della poesia primordiale,  dal lirismo greco  agli haiku giapponesi:   l’essere presenti al mondo , al proprio corpo e all’anima. 
Poesia  insurrezionale, perché la  presenza  al mondo agli altri e a noi stessi oggi è indebolita come mai lo è stata nella storia, checché ne dicano i  nostri brillanti intellettuali di regime.  

sensazione spiacevole di doppio restringimento: di me  del mondo
Questo verso  coglie qualcosa di davvero importante : la simultaneità, il complementare restringimento (o allargamento) di sé e del mondo. Sta a noi. Sì, la vita può rispondere o meno, dipende da come la chiamiamo, da come siamo seduttivi nei suoi confronti , da come la guardiamo, la sollecitiamo, la esploriamo. Da come ci viaggiamo dentro.

fare poesia là dove c’è già poesia
La poesia è là, ma siamo noi a doverle dare voce. È in noi la bellezza, la forza del mondo.

 resistono ancora se li cerchi il silenzio la storia la natura
L’orrore  della storia  è ben conosciuto, ma si riesce ad amarla lo stesso, in quanto di più alto ci ha lasciato…

tutto ciò che di alto ci ha attraversato e ci attraversa
Così come troviamo anche l’anima, a cercarla.

 laddove nel profondo c’è (se si volesse) un’anima.
Quando si vuole, e si cerca, a volte capita che qualcosa ci risponda.

come ogni volta ritorno carico di passioni
Passione : rivitalizzare la vita.

Vorrei rivitalizzare ogni anfratto di inerzia
 È la prima frase della raccolta.    

con il piacere soltanto d’essere vivi e nudi quasi
…. il desiderio di vivere ancora e ancora

Un esercizio  di sobrietà:
 sentirsi felici d’essere felici così di poco

Questo poco in realtà è moltissimo …
Mi piace affondare in un corpo che sente che io sento e che mi fa sentire che sente

Il viaggio da cui si torna carichi di passione  è anche, letteralmente, un NON viaggio. L’ultima poesia,  proprio l’ultima ,  l’ultimo viaggio  è :  LA CORTE, una poesia totalmente stanziale , il luogo domestico, il luogo di sempre. L’hortus conclusus dei monaci.

Vedo ora
ciò che poi non vedrò
la corte di sempre
le nuvole bianche e arruffate
il limone.
A lungo mi fisso
sui cento dettagli
che respirano
nella luce sottile
e non mi stanco mai
di renderli nuovi
ad un nuovo sentire.  

Dunque questo è Viaggiare:
renderli nuovi
ad un nuovo sentire 

Una poesia intitolata proprio VIAGGIARE  lo ribadisce :
dettagli assorbiti  e che talvolta per incanto quasi prendono forma e  forse poesia si fanno.

Cosi ci ricordiamo che c’è  anche una poesia in epigrafe, a specchio all’ultima:
viaggiare continuamente viaggiare anche soltanto a Km zero   

Viaggiare :
 quando è nel dare senso che si viaggia

Poesia talismano,   nei momenti in cui la poesia ti abbandona. I componimenti poetici sono mnemotecniche per non dimenticare i momenti del senso, del contatto. Poesia che si interroga su se stessa. Talora solo puri elenchi , l’esito più radicale del  minimalismo  di Gianni, un minimalismo da canzone, ritmato, pieno di assonanze…

Le mura di rosso mattone
il verde del prato
un ragazzo che corre
un sax solitario
un gabbiano

Baudelaire le chiama correspondances.

L’enumerazione fotografa  verbalmente lo stato  poetico delle cose, uno stato latente che solo lo sguardo ci rivela, nella sua selezione e ri-composizione . Il modo del vedere è il primo atto poetico. Il  senso è nell’armoniosa  e misteriosa corrispondenza  delle cose, quando tu le corrispondi.  Chiamala se vuoi bellezza.
Poesie visive , poesia che vede. Vedere che in Gianni diventa anche fotografare. La foto  non cattura  la realtà, ma lo sguardo con cui ci posiamo su di essa. Lo dice :

Mi piace fotografare
Perché “ faccio mio”
Ciò che in quell’attimo
Mi intriga

Se partiamo da un’immagine là fuori il fotografare sembra avvantaggiato: cattura l’esterno.  Ma il fotografare ambisce a catturare  anche l’ interno, le  risonanze, lo sguardo che vede. E rispetto all’interno  sono le parole allora che sembrerebbero avvantaggiate,  ma le parole  a loro volta ambiscono a catturare anche  l’esterno. C’è una poesia, una metapoesia  -SCATTO FOTOGRAFICO- che descrive la foto che sarebbe, se fosse una foto:

 la bellezza di scatti difficili a farsi
…Un gioco di matriosche … una poesia contiene una possibile foto e una foto una possibile poesia …Gianni dice che tra scrivere e fotografare non può esserci armonia…

 se fotografo non scrivo e viceversa.
Mi permetto di dissentire . Lo scatto poetico e fotografico non si cimentano  assieme, materialmente, ma l’uno evoca l’altro , come modalità di una stessa postura .  

Quest’uomo per esempio ,
che sale sul ponte
la schiena ricurva
l’ombrello e il cane,
lo scatto è dal basso
col grigio del cielo
la pioggia battente
che incombe
e Venezia.

D’altronde la storia di amorosi sensi tra parola e immagine è proprio la storia di  Gianni. Il cinema è per l’appunto all’incrocio di immagine e parola. Ma ricordiamo  anche quel suo libro  di fotografie con testo a fronte, una foto e uno scritto  dedicato a quella foto;  tutti noi, dico noi amici, fummo invitati a prendere parola accanto a un’immagine che ci coinvolgeva. Il doppio binario è in realtà uno solo , secondo  una triangolazione  transitiva:   A e B , versi e foto,  amano entrambe C  e in questo amore si riconoscono : C  è  la realtà della vita che Gianni non smette mai di corteggiare, di sedurre, perché risponda.  

Fino ad esaurire cuore e occhi
con lo slancio  di un poeta antagonista- antagonista a se stesso- al suo destino di morte  

Poesia antagonista. Il manifesto  del 74  è questo:
prometto di amare, creare, lottare  come se questa fosse sempre l’ultima ora .

Più di quarant’anni dopo  Gianni si chiede (2005) :
e quali parole
 oggi
potrebbero allacciare
passione e progetto
azione e trasformazione?

La politica che c’è stata e quella che può esserci, nel tempo della fine della politica, sono una cosa sola: la politica come dimensione radicale,  dimensione di idealità, forza poetica, la forza che porta senso alle cose  attraverso l’amore che portiamo alle cose.
sono rivolta. Sono impotenza. Noi siamo
( 1998)

Quando la rivolta sperimenta la propria impotenza ci resta la potenza dell’esserci, fedeli a se stessi.
prometto di amare, creare, lottare  come se questa fosse sempre l’ultima ora

Il manifesto del 74 è più vivo che mai. Una rivoluzione attorno al  proprio cuore, per renderlo sempre più affinato, problematizzato, elastico, purificato, aperto, vibratile coraggioso folle avido di prendere e di dare…qualità  care  a Gianni, per fare esprimersi al meglio la realtà della vita, che è realtà del tempo. 

Desiderio furente di dare senso al tempo

mi fermo per catturare ciò che mi fermenta …per fare del tempo il mio tempo 

L’interlocutore – meglio l’antagonista principale di Gianni e del suo viaggio è forse proprio il tempo. Il viaggio  si snoda nell’arco di 50 anni di poesie, nel 1967 ovviamente Gianni era in fasce ma già poetava , eterno adolescente in corsa contro il tempo“, sono parole sue. Contro il tempo. Perché il tempo  viaggia, anche lui, non sta fermo un attimo. Magari potessimo fermarlo…

che l’estate si fermi- che i tramonti si fermino - per un agosto almeno
Ma il tempo non si ferma. E allora torniamo a quell’ultima poesia, LA CORTE.

Vedo ora ciò che poi non vedrò.
Poi quando? Poi quando sarò altrove? O nel poi della morte, l’altrove radicale?
Ma c’è un modo di essere presenti al tempo che scongiura il tempo, il tempo come  destino di morte.  L’abbiamo visto, è il tempo poetico, il tempo dell’anima. Eternizzare l’attimo, una contemplazione avida, erotica, che ti fa sentire unito all’essere in un modo senza fine.  È  la grande lezione di Proust e della sua ricerca del tempo perduto e ritrovato. Lui la chiamava la fede creatrice.  Una fede che Gianni ri-testimonia dall’interno del suo viaggio , la vita-viaggio:

Uno soltanto è questo viaggio: il mio  .
Il già detto, il già visto,  non è mai un deja vu, perché la testimonianza è ogni volta la stessa e diversa, e conta proprio perché va a sommarsi a tutte le altre, in una corrente,  in un flusso umano che sostiene  chi inizia , e dà forza, durante il viaggio, a chi perde forza. È  la  civiltà, la nicchia di civiltà in cui riconoscersi…e proseguire.  

laddove l’io più intimo tocca l’intera storia
vedere me che osservo e sento che mi sento parte.

 novembre 2018



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