07 agosto 2023

"Abbraccia dove sei" di Laura Guidugli

 


 

di Elisa Bertoni

        Il coinvolgimento è già programmatico nel titolo: un imperativo che nella sua incisività sprona a recuperare il senso più ampio possibile del verbo abbracciare, privato del suo complemento oggetto che ne limiterebbe di fatto gli orizzonti di senso, e accompagnato da una laconica proposizione relativa di significato spaziale; in quel “dove” si comprende un po' tutto, paesaggio, ambiente, persone che lo abitano, situazione interiore, il punto di arrivo di ciascuno, l'hic et nunc. Un abbraccio che diventa nello stesso tempo missione di presenza e gesto liberatorio che raccoglie ogni frammento di senso che la vita ci offre.

       Anche la struttura circolare sembra simulare un abbraccio: il libro si apre con una originale rivisitazione del mito di Euridice in Io, Euridice, il frutto dell'assenza e si conclude con lo struggente e sommesso racconto di una fine che diviene inizio nella persistenza di una voce che perdura oltre la morte in Io, Eco, nessuna assenza scompare. Questa cornice mitica, resa efficace e verosimile attraverso un linguaggio dalle vibrazioni piacevolmente letterarie, non diventa epopea distante e inaccessibile in virtù della profonda umanità delle sue protagoniste, intessute di un dolore che provano a domare attraverso la toccante eppure assertiva credibilità delle loro parole e delle loro storie. La sintassi prevalentemente paratattica giunge con l'immediatezza di una confessione spontanea e la vividezza dei paesaggi consente che si ripercorrano con agilità insieme ai personaggi anche quando si tratta di aldilà pagani o di altrove incantato. In questo senso “mito” ritorna esattamente al suo significato etimologico di “racconto”; in senso ampio, dunque, tutte e dodici le storie sono miti, anche quando raccontano della quotidianità delle relazioni tra personaggi comuni, perché la scrittrice le fa drammi che attingono enfasi anche da ciò che potrebbe sembrare scontato e banale; un'enfasi che non è mai retoricamente pomposa ma si impone per la forza della verità e di una penna capace di tratteggiare in modo dolorosamente spezzato ma allo stesso tempo armoniosamente intatto ogni vicenda che narra.

       Diviene mito quello dell'”infallibilità di commercialista” vissuto dalla protagonista di Quizas, quizas, quizas nella sacra devozione ad una professione che anticipa lo strappo rovinoso alle sue certezze. E lo strappo inatteso, inspiegabile è presente anche in Nina di E poi?: Si legge: “Tu non l'avresti mai detto, vero?...Perché lei è sempre stata perfetta.... Semplicemente bella e brava e buona Ancora una volta il culto della perfezione assimilabile alla kalokagathia di ascendenza omerica, che parrebbe avvicinare creature umane ad eroine del mito, è proprio l'anticamera della caduta, necessaria per accedere alla dimensione del mistero che non si può allontanare dall'esistenza umana, quasi a dire: “si è umani solo nel mistero”.

        Anche l'allenamento ad un desiderio di controllo come quello del narratore di “Un bacio pazzesco” che afferma: “Mi sono allenato, non intendo permettere all'imprevedibile di distorcermi le parole” si rivela spesso fallimentare ed apre la porta ad inattese e dolorose rivelazioni. Del resto, si legge nel racconto Quasi sorelle: “un varco violento è tutto ciò che in fondo esiste e che riassorbe in sé tutto il prima”. E' forse l'abbraccio l'antidoto che permette a quel necessario fiotto di sangue di non trasformarsi in inutile emorragia?

        Abbraccia dove sei: non è un caso che nelle storie il tatto abbia una parte fondamentale, non solo come abbraccio ma nelle varie declinazioni di baci e carezze attraverso il protagonismo delle mani.

        Ma si può abbracciare anche con gli occhi, come nel racconto dal sapore cinematografico “Dentro The sound of silence”: un breve viaggio in auto grazie alla capacità avvolgente e sensuale dello sguardo può svelare un prodigio che come una epifania si manifesta improvviso e folgorante, divenendo “segreto”.

       Ecco una parola chiave della raccolta: “segreto”. L'autrice nella sua operazione costante ed indefessa di scavo intimo si imbatte inevitabilmente nelle zone oscure che si celano dentro gli animi di ciascuno e che, sebbene taciuti e talora negati anche a se stessi, affiorano di necessità in una scrittura che si nutre delle voci autentiche che albergano nel cuore umano.

         “Segreto” ha un suo parziale rispecchiamento nella parola “mistero” che compare fin dall'inizio come qualcosa in cui ciascuno è immerso e che più o meno consapevolmente finisce per nutrire, e si ribadisce in chiusura, ancora una volta a marcare la voluta circolarità del testo: “Io sono della voce mistero, il mistero della sua permanenza. Ciò che permane nonostante ed oltre il detrito”.

        L'irreparabile di cui possiamo essere causa o attribuirci a posteriori la responsabilità è esso stesso mistero. “Inspiegabile e fatale”. Del resto, afferma la narratrice di Se nella corrente mi cerchi: “non tutto si può dire, ci sono certi luoghi in noi, dove la parola non ha accesso, e il varco è nel silenzio”.

       Il racconto si deve fare carico anche del suo contrario, dell'ineffabilità, ma già riconoscerla è mettersi nella condizione migliore per disporsi al parto di nuovi sé.

        “Segreto” e “mistero” spalancano l'attenzione su quanto rimane sotterraneo ed irrisolto, assediato da mille domande e non corazzato da alcuna risposta certa, che pone la vita umana, così come molti dei racconti, in una dimensione di sospensione.

         E come un abbraccio è l'istantanea che fotografa questa sospensione in cui si muove l'esistenza e come un abbraccio lo stile originale di Laura Guidugli, perché esso è onnicomprensivo e non esclude, anzi, è lieto di accogliere ogni segreto, ogni mistero dovunque affiori.

Laura Guidugli. Abbraccia deove sei. PeQuod

 

 

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