07 febbraio 2024

"Italo" di Ernesto Ferrero

 

di Marigabri

“L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio nulla.” (Italo Calvino)

      Intenso, essenziale  e esaustivo, lucido e rispettoso è questo ritratto-omaggio di Italo Calvino, scritto con raffinata densità da un allievo, un collaboratore, e infine un amico come fu Ernesto Ferrero che, ironia della sorte, conclude la sua parabola letteraria e umana proprio con questo libro.

A leggere l’ultimo capitolo, quello sulla morte improvvisa di Italo, sale agli occhi un fiotto di commozione e si capisce che è stata spremuta e distillata con cura dal meraviglioso viaggio di tutte le pagine precedenti. Si capisce che in quella emozione è frammisto anche il compianto per la perdita di un intellettuale acuto come Ernesto Ferrero.

     Non si tratta di una vera e propria biografia di Calvino, come quella, monumentale, che gli ha dedicato Domenico Scarpa, ma di un excursus a tappe, dall’infanzia alla maturità, dove appaiono gli snodi fondamentali che hanno formato l’avventura intellettuale e umana di uno scrittore sui generis: silenzioso, schivo, sempre un poco eccentrico nello sguardo verso le cose del mondo, teso a trasformare in narrativa una molteplicità di visioni in divenire. Ma anche di offrire una scrittura forgiata dalle esperienze di viaggio, dalle riflessioni sulla società e sulla politica, dalle meditazioni sulla letteratura, offrendo di ogni aspetto della realtà una lettura unica e originale.

      Sempre più Italo reagisce alla consapevolezza del disordine intrinseco dell’universo con gli strumenti dell’esattezza, della precisione, della descrizione meticolosa e stupefacente (perché descrivere è combattere con il linguaggio per entrare nell’essenza della cosa, mostrarla agli occhi di chi legge come se fosse la prima volta e soprattutto lasciare l’io fuori dal discorso). Infatti:

“L’unica barriera che si può opporre al disordine dell’entropia è l’ordine della scrittura, la moralità del fare bene quello che si fa.”

      Parola e azione, dunque. Entrambe oggetto di un’etica rigorosa. Entrambe a fondamento dell’essere e sentirsi umani.

      La ricerca di questo ordine, di una sorta di geometria cosmica segreta e necessaria, impegnerà Calvino dalle Cosmicomiche in poi, fino ad arrivare all’ osservatorio astrofisico e antropologico del signor Palomar.

     Ma la parabola intellettuale di Italo è varia ed eclettica e non si può certo riassumere in poche righe. Ferrero sa farlo benissimo, invece, in un libro di appena duecento pagine che ci restituisce l’uomo e lo studioso Calvino in tutta la sua seducente stranezza, pur lasciandone intatto il mistero.

     La sua personalità multitasking e il suo carattere riservato possiamo conoscerli, per quel che si può, avventurandoci in questo intrepido viaggio narrativo per arrivare infine a contatto con l’essenza: quel suo essere eterno viaggiatore, esploratore del mondo dentro e fuori, e tuttavia capace di rimanere fino alla fine “un bambino buono” che ha mantenuto intatto uno spirito di scoperta e di meraviglia e, sbalorditivo miracolo, è riuscito a trasmetterlo alle sue lettrici e ai suoi lettori.

Ernesto Ferrero. Italo. Einaudi. 


 

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