di Marisa Cecchetti
Una serie di spaccati di vita contadina sono le storie di corte che Oriano Landucci recupera fin dagli anni ’50 del secolo scorso, a cominciare da quelle che sono rimaste nei suoi ricordi di bambino, che immediatamente prendono vita davanti agli occhi di chi è già avanti negli anni, per averle vissute di persona o almeno per averle conosciute.
Non si va molto lontano da Lucca, infatti si rimane a San Macario in Piano e a Sant’Angelo in Campo a scoprire personaggi come Bidia, il nonno materno, che cerca di eccellere in tutto e ama raccontare di sé anche a chi non conosce; Sante, il nonno paterno che il bambino non ha conosciuto, ma gli rimane addosso, perché tutti lo indicano non con il suo nome proprio ma come il nipote di Sante. Lui lo ha scoperto attraverso le parole della nonna, che lo ricorda come un uomo burbero e poco attento alle esigenze di lei, che comunque ha saputo adattarsi e accettarlo con pazienza.
Le figure femminili non mancano di capacità decisionale, se si pensa alla moglie del capofamiglia, padrona assoluta in casa soprattutto nel tempo delle pulizie di Pasqua; risalta come in un quadro una donna che attende alla finestra il ritorno del marito, per buttare la pasta quando lo vede; la sarta è nella stanza di lavoro dove la raggiungono le altre donne a fare due chiacchiere e a sfogliare i fotoromanzi; c’è la ragazza la cui avvenenza non sfugge nemmeno ai più piccoli; c’è la donna che al mattino parte presto in bicicletta per andare in fabbrica, dopo essere uscita di casa col vaso da notte in mano, da rovesciare nel gabinetto esterno; c’è la vedova che diventa oggetto di commenti divertiti, mai offensivi, nella bottega del barbiere…
La corte rappresenta una comunità autosufficiente dove si provvede a tutti i bisogni, perché c’è sempre qualcuno capace di fare, risolvere, a suo modo è un piccolo feudo. I raccolti segnano il passare delle stagioni, con il tempo della semina, con la mietitrice attaccata al trattore che va per i campi di grano; con le filze di granturco che colorano le facciate, i fagioli lanciati controvento per pulirli dalla pula
In tutte le stagioni c’è la pruetta carica di panni da smollare diretta al lavatoio, è sempre viva la curiosità che vede accorrere per qualcosa di nuovo e di insolito. Intanto gli anni passano e arriva il fornello a gas a sostituire quello a carbone, arriva anche il frigorifero e qualche televisore che porta la gente di corte a migrare la sera da chi ne ha uno.
I bambini si inventano i giochi in corte e aspettano Sprecafico, il mago che sa aggiustare la trebbia, come se fosse un attore di teatro, visto che ha un vasto repertorio di bestemmie insolite da gridare al vento. A nessuno viene in mente di emarginare chi è visibilmente diverso, ma si interviene con ferma severità se qualcuno che non appartiene alla corte osa farlo.
Sembra di evocare un tempo lontano lontano, invece è alle nostre spalle e i più anziani lo possono ancora raccontare. Ma è meglio se si scrive, per fissare sulla carta tutto ciò che è cambiato a una velocità mai vista prima. Quanto in meglio e in peggio non è il caso di chiarirlo qui.
Oriano Landucci, Storie (di) corte, Maria Pacini Fazzi editore 2024, pag. 212, € 15,00
Nessun commento:
Posta un commento