da Aldo Zanchetta
PRESENTAZIONE II numero The Ecologist italiano
di Giannozzo Pucci
Questo secondo volume dell'Ecologist italiano è dedicato al criterio con cui è possibile valutare il livello di cultura, costumi, evoluzione morale e materiale di una società. Tale criterio è rappresentabile con termine tecnico "simbiosi", cioè il miglior rapporto possibile fra comunità degli uomini e comunità ecologica, portando quest'ultima allo stadio climax (cioè di massima ricchezza di forme vitali) e mantenendolo con continue variazioni. In altre parole, la presenza umana in simbiosi con la biosfera cura le ferite della terra, moltiplica le forme di vita, arricchisce i mondi animali e vegetali, permette a tutti di avere il necessario per la sussistenza, traendone il migliore nutrimento materiale e spirituale. Si tratta di un argomento che finora ha avuto poca o nulla cittadinanza nel dibattito scientifico, culturale e politico in Italia, anche fra i tanti che parlano di sostenibilità. La nostra economia aumenta sempre più il suo peso erosivo sulla natura, avvalendosi delle iniziative tecnologiche messe in atto per ridurre i danni. Non ci si riferisce soltanto alle mafie dei rifiuti, ma anche a quelle attività di riciclaggio a cui si accompagna un aumento dei consumi. Curare le ferite della terra è possibile solo con un passaggio di ampie fette di attività alle economie di sussistenza, come la produzione alimentare e artigianale su piccola scala per mercati locali. Infatti la simbiosi è realizzabile unicamente nell'ambito di una cultura di sussistenza, l'opposto della globalizzazione dei mercati. Abbiamo iniziato dedicando una riflessione alla tragedia dello tsunami nel sudest asiatico perché è uno dei pochi casi in cui la natura ha conquistato per alcune settimane le prime pagine di tutti i mezzi di comunicazione di massa con il carattere del flagello. È interessante confrontare il modo in cui le culture tradizionali hanno spiegato l'evento con il modo con cui ha reagito la religione scientifica che permea l'ideologia della società tecnologica. Le pr0me hanno dato una giustificazione simile a quella che dette san Francesco al popolo di Gubbio sulla presenza del lupo feroce e di altri disastri naturali: è la cattiveria umana ad attirare il castigo, che impone un cambiamento di vita personale e sociale, una grande conversione. La società tecnologica, invece, non contempla conversioni, errori radicali, l'unico errore è la mancanza di collegamento fra gli scienziati che avevano previsto con ore di anticipo e le popolazioni interessate. Per il resto solo due ritornelli ideologici: la natura matrigna a confronto con la tecnologia salvifica, Dio indifferente a confronto con l'uomo scientifico salvatore. Se si sommano i morti per incidenti d'auto, per malattie dovute all'alimentazione, all'azione degli inquinanti chimici e radioattivi, e per le altre cause dirette della civiltà tecnologica, probabilmente il numero dei morti, ad essere ottimisti, supera nel mondo uno tsunami l'anno, eppure è considerato un costo accettabile per i benefici della civiltà del benessere, la quale non sarebbe mai matrigna. Al beneficio della natura creata invece non si concedono costi. L'intervento di Vandana Shiva chiarisce a questo proposito che lo tsunami è stato una prova generale delle conseguenze naturali degli abusi tecnologici, in primo luogo il riscaldamento dell'atmosfera. L'altra tesi dell'indifferenza di Dio non fa poi che confermare l'impianto ateo della civiltà dei consumi che nemmeno di fronte alla catastrofe in atto è disposta ad ammettere un suo limite, ma progetta nuove megatecnologie di rassicurazione e controllo, evitando ogni redenzione autocritica e il corrispondente cambiamento. Ma soprattutto la reazione progredita è solo razionale e scientifica, non risponde in nulla all'anima, cioè a quelle parti profonde che più sono toccate di fronte alla morte. Infatti il problema ecologico è un problema complessivo, come sottolinea Edward Goldsmith nel saggio introduttivo, cioè di collegamento fra l'anima della comunità e la madre terra. La società tecnologica in realtà, con lo sradicamento dalla natura che ha diffuso a livello delle grandi masse, è estremamente vulnerabile, mentre si dimostrano molto più solide davanti allo tsunami le culture indigene che invece, come la natura stessa, rischiano di avere i loro danni maggiori proprio dagli aiuti economici del mondo sviluppato, con nuove malattie, intromissioni, imposizioni ecc. Questa capacità dei popoli tribali di difendersi dagli eventi naturali per una competenza tradizionale diffusa è la rappresentazione simbolica di una conoscenza democratica che nel mondo moderno è stata soppiantata da una religione scientifica nelle mani degli esperti, i quali trasmettono le loro verità agli ignoranti. Gli incidenti di comunicazione fra scienziati e cittadini costituiscono, molto più di un problema tecnico, il vizio strutturale di una conoscenza antidemocratica che combatte quella tradizionale ed è disponibile a essere guidata solo dai grandi gruppi economici. Dal saggio di Goldsmith che dà il sottotitolo al volume e che è complementare a quello di Haussmann, senza far riferimento alcuno all'etica ebraico-cristiana, si desumono i caratteri essenziali di un'etica della biosfera:
1) prima di tutto la natura è un'autorità morale fondante l'etica umana, per cui l'universo contiene in sé, già prima e indipendentemente dall'esistenza dell'uomo, delle istruzioni intrinseche che hanno un carattere morale, anche se solo l'umanità è capace di fare scelte secondo o contro quelle indicazioni; l'essere della natura è il dovere dell'uomo;
2) le istruzioni della natura sono gerarchiche, cioè alcune sono più generali e altre, a loro sottostanti, più particolari: tutte sono finalizzate a uno scopo, quantomeno quello di mantenere la stabilità della biosfera;
3) i principi etici della natura sono immutabili, almeno nel breve periodo (che nella biosfera comprende parecchi secoli), e ciò è essenziale al mantenimento della stabilità e continuità ecologica;
4) l'intelletto è uno strumento forgiato per lo scopo specifico di stabilire buoni rapporti con le cose;
5) il principio di autorità. Le affermazioni non vengono accettate nel mondo reale, né dagli scienziati, né dai bambini, per il fatto di essere state verificate o perché sono falsificabili, ma perché si adattano a un particolare paradigma o visione del mondo. Ciò che rende accettabili le istruzioni fino ad adottarle come principi etici ispiratori, è il fatto di essere sanzionate, autenticate, convalidate, santificate da qualcosa di più importante di noi stessi e che riconosciamo autorevole;
6) il comportamento etico deve mettere in condizione un essere vivente di inserirsi nel mondo della natura, di comportarsi come parte di essa e perciò rispettarne le leggi e i limiti;
7) l'etica della biosfera ha il compito di razionalizzare e convalidare la tutela e l'arricchimento del mondo naturale da cui dipende in ultima istanza la nostra sopravvivenza;
8) il razzismo non ha posto nell'etica della biosfera e tutti gli uomini hanno la stessa dignità, che siano primitivi o moderni: la conoscenza non comincia con l'uomo moderno ma esiste in altre forme, molto diffuse e profonde fra i cosiddetti primitivi (vedi la conoscenza che ha permesso agli Jarawa di salvarsi dallo tsunami);
9) tutti gli uomini hanno il libero arbitrio della scelta e il male è presente in ogni epoca e società, con la differenza che la tecnologia ne accresce le conseguenze e lo istituzionalizza nella tecnosfera;
10) tutti i benefici e le risorse, l'energia, il cibo, le materie prime derivano dalla biosfera;
11) il mondo naturale è in generale una vasta comunità, rispetto alla quale l'individualismo è una realtà particolare ad essa subordinata.
Questi caratteri, come nota Goldsmith, si ripetono nell'etica di tutti i popoli vernacolari, in quella del mondo greco antico, nel Tao cinese, e possiamo aggiungere che in molti casi corrispondono all'impianto della teologia morale medioevale di santa Ildegarda di Bingen e di san Tommaso d'Aquino. Anche per loro la natura è un'autorità fondante per l'etica umana, cioè l'universo contiene in sé, già prima e indipendentemente dall'esistenza dell'uomo, delle istruzioni intrinseche che hanno un fondamento morale, anche se soltanto l'umanità è capace di scelta secondo o contro quelle indicazioni. ciò corrisponde alle parole della Genesi secondo cui Dio vide che tutto ciò che aveva creato prima dell'uomo era buono, cioè già conteneva un messaggio etico. Il peccato di Adamo non cambia la natura della creazione, che si vela e gli rende la vita più difficile, ma mantiene intatta la propria bontà. Nella sostanza simili concezioni costituiscono la base comune dell'identità profonda di tutti i popoli. Gli scritti presenti nella seconda parte di questo volume aiutano a illustrare la necessità e il modo con cui riprendere la via etica della biosfera e della simbiosi con la natura, pur provenendo dall'interno della tecnosfera. Il modello è l'oasi, perché si parte da una situazione di natura devastata, ma proprio questo è lo scopo principale del lavoro delle prossime generazioni.
31 maggio 2005
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