di Gianni Quilici
Sono così tanti, sono così poco comprati, sono così poco letti i libri di poesie e le poesie, che quelle che per forza, per incanto sono tali [versi, cioè, che hanno un cuore, una necessità, un ritmo, un’apertura] andrebbero preservate, messe in evidenza, non fatte morire.
Così è, a mio parere, per “E’ filo di seta” di Marisa Cecchetti, insegnante di scuola media fino a due anni fa, narratrice e poetessa lucchese-pisana.
Sono un centinaio di poesie, raccolte in cinque capitoli, sorta di diario privato, che diventa, in qualche modo, pubblico, cioè ci riguarda. Un diario poetico in progress di chi dialoga, si esplora, impara, lascia la sua vita aperta, nonostante traumi incancellabili.
Filo comune: la voce appassionata, radicata, angosciata, imprigionata e liberata, che emerge dalle poesia stessa; e le storie (forse la storia), che si dipanano: il figlio che non c’è più, ma che è scolpito per sempre; la voce della figlia che “scava gli abissi dell’essere”; “la speranza di un battito nuovo, che incrini il manto di gelo”; “le parole di bimbi ancora”, gli alberi che hanno tagliato, “ (l’)inverno di guerra che non conosce parole congrue”, la scelta del sole...
Prendiamo una poesia, per dare appena la motivazione di questo mio dire:
Devo imparare
a tacere.
Le scoperte
sono impercettibili
a occhio nudo
e l’emozione
può rivelarsi
uno sbaglio.
C’è in questi versi un pensiero sottile, che diventa aforisma, che per verità del senso, per essenzialità e secchezza del verso, perentorietà e scansione del ritmo diventa poesia. Del resto provate a impararla a memoria. Vi terrà compagnia. Diventerà vostra.
Gianni Quilici
Marisa Cecchetti “E’ filo di seta”. Edizioni Del Cerro. € 8.
02 ottobre 2005
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