Che bel diario questo scritto da Giacomo Leopardi nel 1817, a 19 anni e mezzo!
C'è innanzitutto il candore, la curiosità, la passione con cui vive la visita di una “Signora Pesarese, parente più tosto lontana, di ventisei anni, alta e membruta quanta nessuna donna...di volto però tutt'altro che grossolano, lineamenti tra il forte e il delicato” e così via. Tuttavia, come il suo solito, il poeta è silenzioso, le tiene sempre sopra gli occhi, mentre lei gioca a carte coi suoi fratelli; soltanto la sera dopo riesce a giocarci, e scrive “ io per la prima volta aveva fatto ridere con le mie burlette una dama di bello aspetto e parlatole, e ottenutene per me molte parole e sorrisi...”, ma nonostante questo il poeta conclude “n'uscii scontentissimo e inquieto”. La mattina la signora parte, e lui aspetta “un buon pezzo coll'orecchio avidissimamente teso per sentirne la voce per l'ultima volta.”
C'è qui la solitudine di un giovane coltissimo, sensibilissimo e acutissimo, che si trova a vivere, da nobile e debilitato fisicamente, in un borgo di contadini e pastori “ignoranti”, in uno Stato arretratissimo culturalmente e autoritario politicamente: lo Stato Pontificio. La sua solitudine intellettuale è insieme isolamento fisico e sublimazione dei desideri sessuali, che forse, a leggere le parole che seguono, conosce relativamente.
Scrive, infatti, Leopardi:
“Mi posi in letto considerando i sentimenti del mio cuore, che in sostanza erano inquietudine indistinta, scontento, malinconia, qualche dolcezza, molto affetto, e, desiderio non sapeva né so di che, né anche fra le cose possibili vedo niente che mi possa appagare”.
In questo passaggio balza agli occhi il secondo elemento (notevole) del Diario: l'analisi quasi ossessiva dei sentimenti, condotta sempre con il necessario distacco. Leopardi capisce, infatti, che questi sentimenti amorosi possono essere dettati dall'inesperienza e dalla “novità del diletto” e li analizza con spietatezza, cogliendone aspetti positivi e negativi e sapendo che il tempo, la poesia e i sogni di gloria potranno guarire questo amore.
Ecco, l'aspetto più profondo del Leopardi è questa miscela tra la passione ingenua e poetica e la lucidità con cui si osserva in una sorta di sdoppiamento: da una parte egli soffre per i fortissimi desideri inappagati; dall'altra sottopone questo innamoramento ad una analisi fredda e spassionata per capire e uscire da quello stato. In altri termini Leopardi tende a relativizzare-relativizzarsi, ponendo se stesso in un itinere esistenziale, che intuisce essere all'inizio. Ciò che ora gli può sembrare tragedia, domani forse non lo sarà; quindi, sottoponendo i suoi stati d'animo ad un'analisi dettagliata, pur soffrendo, crea consapevolezze che relativizzano il suo dolore, riducendolo.
Questo approccio mentale di abbondono alla bellezza contemplatrice e insieme di riflessione radicale su di sé e sul cosmo sarà la cifra stilistica e psichica del Leopardi dei Canti, delle Operette morali e dello Zibaldone.
Giacomo Leopardi. Diario del primo amore. A cura di Alvaro Valentini. Francisci Editore.
Nessun commento:
Posta un commento