Auden è un grande poeta, che poco conosco. Tuttavia prendo questo libriccino di “shorts” come se fosse l'unico, come se fosse senza passato e senza futuro.
Auden aveva due possibilità in queste “Shorts”. Fare poesia oppure pensieri, in quella forma secca, che, in poche righe, riesce a trasmettere un senso.
Invece opera soprattutto una terza cosa: una riflessione su circostanze o persone, che certamente non esclude la possibilità di diventare poesia o pensiero.
Il risultato è disuguale, perché queste schegge rimangono, in genere, personali, non riescono, a me pare, a diventare percebili universalmente, perché o non sono puramente visive (esempio quelle di Roland Barthes in “Incidenti”) o non sono sufficientemente pensose (penso a Canetti aforistico o al Baudrillard di “Cool Memories” e sopratutto al maestro di tutti, Nietzsche)
un Pastore appressarsi
con aria corrucciata
Abbandonando le sue mogli
si dileguò con i suoi gioielli
e con duecento cani
Infilando i calzini,
ricorda che suo nonno
restò secco nel farlo
Sono immagini di un possibile racconto... si leggono e lasciano, più o meno, indifferenti
Ci sono invece “shorts” che lasciano un'eco, una risonanza. Soprattutto a leggerli in originale.
Serata di settembre:
loro due soli, intenti a mangiare
il granturco dell'orto,
colto mezz'ora prima.
Fuori: tuono, rovesci di pioggia.
Oppure
I suoi pensieri andavano su e giù
dai versi al sesso a Dio
senza punteggiatura.
La conclusione: forse non si può leggere degli “shorts” come questi senza aver letto le opere più significative di Auden. Ma tant'è!
W. H. Auden. Shorts. a cura di Gilberto Forti. Piccola Biblioteca Adelphi. Euro 9.00
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