21 novembre 2011

"Paloma e l’Angelo" di Fabiana Taddeucci

di Luciano Luciani

Lucca o forse no, la Città raccontata in Paloma e l’Angelo di Fabiana Taddeucci. Il tempo, assomiglia a questo nostro presente, ma potrebbe anche essere un qualsiasi altro medioevo prossimo venturo, tanto rare e inessenziali appaiono nella storia le tracce della modernità. Paloma, il nome della protagonista: Paloma, ovvero colomba nella lingua di Cervantes; simbolo evangelico di purezza e semplicità, portatrice del ramo d’ulivo dopo il diluvio universale, metafora di pace e concordia.

Paloma, la protagonista di questo romanzo breve, è, invece, una giovane donna tormentata dalla memoria di un passato difficile.

Ha conquistato con fatica, Paloma, la propria libertà e quella delle proprie scelte e dei propri comportamenti e appare “strana” agli occhi dei conformisti, dei benpensanti, dei perbenisti: fuma, cammina scalza, porta uno zaino sulle spalle, veste di rosso, il colore dell’eros libero e trionfante, dell’ardore e della bellezza, della forza impulsiva e generosa.

Paloma non lo sa, ma incarna in sé tutte queste doti quando decide di entrare nella Città che sorge dalla pianura.

Una città bellissima: una sintesi mirabile di storia, arte e natura abitata, però, da uomini gelosi della propria condizione privilegiata ed egoisti, satolli e per niente ospitali.

Paloma e la Città: la protagonista e l’Antagonista.

Una favola: crudele e feroce come tutte le favole. Sì, perché Paloma, la nostra eroina, come in tutte le storie mitiche, sarà sottoposta a dure prove iniziatiche: la solitudine; un lavoro accettato solo per sopravvivere; la morte, tragica, del primo amico incontrato; l’amore, quello vero, fatto di passione e carnalità, trovato e poi perduto.

E al posto di quel sentimento smarrito, al posto del cuore strappato, non le resta che un bel dono, un regalo prezioso: una pietra di giada. Che sarà pure il simbolo dell’energia cosmica e della rigenerazione del corpo e dei sentimenti; sarà pure il simbolo dell’immortalità e della perfezione ma niente, niente può consolare dell’assenza di un amante amato come mai nessun altro prima… E allora per Paloma/colomba suonerà la musica dura dei rimpianti, dei conti con se stessa, delle memorie che sopraggiungono sempre più acute, taglienti, dolorose.

Il finale con tutte le sue possibili interpretazioni è affidato alla intelligenza e alla sensibilità dei Lettori.

È importante, invece, sottolineare la qualità della scrittura. Un modo di raccontare, quello della Autrice, allusivo, insieme fantastico e realistico. Un mix originale, personalissimo, capace di evocazioni profonde e suggestioni sottili, che, senza parere, narra il nostro oggi, il nostro qui e ora. Per esempio gli inferni di una vita interiore non placata, ma perennemente in ricerca; i bordi frastagliati e affilati della nostra vita civile o incivile che dir si voglia; i lineamenti essenziali della catastrofe etica che è sotto gli occhi di tutti.

Non pensiamo, però, a questo libro solo come a un teatro della crudeltà: c’è posto, e tanto, per l’amore, l’amicizia, la pietas. In fondo ne basterebbe così poca per migliorare la vita quotidiana di tutti.

Pietas: ovvero rispetto, affetto, tenerezza, benevolenza…

Tutte doti di cui è provvisto abbondantemente Giò, ovvero Giovanni, barman generoso e altruista, disponibile e compassionevole in una città segnata dall’intolleranza e dall’incomprensione per ogni sia pur piccola diversità. Riuscita figura di deuteragonista, Giò nel senso di Giovanni, per amore,arriva ad accettare anche il diritto all’opacità di Paloma, il diritto al caos dentro di sé. Consapevole che gli esseri umani sono compositi, multipli, complessi, polimorfi e che ridurli alla trasparenza può voler dire solo diminuirli e impoverirli.


Fabiana Taddeucci, Paloma e l’Angelo Favola di fine millennio, Libertàedizioni, Lucca 2011, pp.64, Euro 10,00

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