A
Collodi vive e lavora un artista-alchimista, Andrea Talevi, pittore
d’origine romana ma toscano d’adozione. L’incontro con lui si è
svolto in una giornata di pioggia, di fronte al torrente pieno
d’acqua che lui ama particolarmente quando è in piena
proprio perché ne vede l’esplosiva energia della natura e
della vita.
Poco più avanti del parco di Pinocchio, presso alcune fabbriche della carta ormai dismesse è allestito il suo atelier che svolge anche il ruolo di laboratorio: pulito e preciso, conserva le sue ultime opere tra cui Bianco Nucleare. La sua sensibilità è tale che afferma “L’artista ha un bisogno spirituale di confrontarsi con gli altri. Un artista non può dipingere per se stesso, un artista dipinge per l’umanità” così è in Bianco Nucleare dove l’attenzione della relazione tra l’uomo e la natura obbliga la coscienza a riflettere sulle conseguenze della scelta dell’energia nucleare e i disastri che ne seguono.
Poco più avanti del parco di Pinocchio, presso alcune fabbriche della carta ormai dismesse è allestito il suo atelier che svolge anche il ruolo di laboratorio: pulito e preciso, conserva le sue ultime opere tra cui Bianco Nucleare. La sua sensibilità è tale che afferma “L’artista ha un bisogno spirituale di confrontarsi con gli altri. Un artista non può dipingere per se stesso, un artista dipinge per l’umanità” così è in Bianco Nucleare dove l’attenzione della relazione tra l’uomo e la natura obbliga la coscienza a riflettere sulle conseguenze della scelta dell’energia nucleare e i disastri che ne seguono.
Il
procedimento tecnico di Talevi assomiglia a quello di un’orefice;
prima di iniziare a dipingere e preparare la tavola di legno o la
tela che poi tingerà con intensi colori; lavora il metallo, il
rame e piombo: lo incide, lo cesella e lo batte fino a dargli la
forma desiderata. In questa ricerca ha trovato e creato una siluette
o figura ancestrale, l’archetipo dell’uomo o della donna,
l’individualità stessa di ognuno di noi, che viene
riproposta in molteplici varianti e contesti. Componente dell’arte
di Talevi è il fatto che riesce a far diventare il metallo, il
rame e il piombo, che è un materiale freddo, in un materiale
caldo e come un demiurgo ne soffia, dentro l’anima che pur
cambiando forma conserva sempre la sua essenza: la luce.
Osservando
e sue opere, egli si propone principalmente il compito di far
riflettere sui grandi temi dell’uomo che spaziano dalla vita alla
morte, dal bene al male, che come dice lui fanno parte dell’uomo e
non possono essere disgiunti (Eden). Grandi tematiche in
composizioni pittoriche armoniose ed eleganti, la sua pittura di
“luce metallica” unisce insieme la sapienza e le conoscenze dello
scultore con quelle del pittore, inserisce ritagli metallici su una
tavolozza di colori puliti e puri.
Ogni
singolo quadro è un opera a se stante, unico, la base tecnica
permette di individuare quel artista, in quella particolare ricerca
di linguaggio ma Talevi ha la capacità ogni volta di
rinnovarsi, cerca all’interno del suo bagaglio culturale, fatto di
stratificazioni intellettuali ed emotive un tema sempre nuovo e
diverso da proporre; non ha concetti precostituiti la sua prerogativa
è “l’unicità nella varietà”.
Molte
sono le domande e i temi che sono emersi durante l’intervista ma di
lui affiora soprattutto la sensibilità a riflettere sulle
grandi civiltà che ci hanno preceduto in parallelo
all’attenzione verso l’arte contemporanea.
Cosa
pensa dell’artista di oggi?
L’artista
è sempre inserito nel suo tempo, nel contesto in cui vive; non
è un uomo che sta al di fuori della realtà, rinchiuso
in una torre d’avorio. Sembra che nel mondo di oggi la gente
normale è diventata quella strana mentre l’artista è
il normale; paradossalmente l’eccezionalità sta nel vivere
in modo normale. L’artista ha più tempo per riflettere, è
più calmo e più tranquillo. E’ difficile trovare
l’artista maledetto; i tempi sono cambiati.
Cosa
pensa dell’arte contemporanea?
Negli
ultimi tempi sto facendo un appello: non accetto che ci siano
professionisti con un loro lavoro che “fanno arte” mescolandosi
con gli artisti professionisti; creando una gran confusione. Per
hobby o per terapia ha un senso fare arte ma fare mostre e esibirsi
in gallerie è una pretesa che crea solo confusione. Si
mescolano i livelli. L’arte contemporanea è intrisa di
confusione, è in crisi d'identità; in certi casi sembra
un alibi dire “quello lo potevo fare anch’io”; bisogna
spiegare che gli artisti che hanno dedicato una vita intera all’arte
e al lavoro attraverso l’arte nei suoi alti e bassi; hanno
investito la loro crescita individuale e professionale, hanno tirato
fuori la loro anima, al di là del talento che hanno oppure no.
L’arte non la si può imparare, ti appartiene.
L’arte
non deve essere copiabile; si può osservare che l’accostamento
insieme di colori e materiali che di per sé sono freddi creano
un’armonia e un equilibrio che riesce a raggiungere il cuore di chi
lo osserva. Il fatto che sia copiabile, che qualcuno lo possa
ripetere vuol dire che hai comunicato solo un’idea ma è
l’arte non è solo un’idea, l’arte è anima. Di
fronte al quadro è bene chiedersi che cosa ci comunica, deve
entrarci dentro come un libro. Bisogna distinguere l’artista, il
talento e l’artista occasionale è una distinzione essenziale
se si vuol comprendere l’arte contemporanea e fare chiarezza nella
confusione.
Quali
sono i temi a cui si ispira, quale la filosofia più vicina al
suo modo di condurre la vita?
Non
c’è futuro senza passato, non c’è una forma
artistica che nasce da zero, esiste un bagaglio culturale e umano di
millenni di storia. Anche se non pensi a qualcosa di particolare
l’inconscio porta a fare qualcosa che ha un origine ben precisa e
storicamente rintracciabile. Se poi c’è il talento, questo
esce ed emerge con più forza. Certe civiltà antiche mi
sono sempre piaciute, fanno parte della vita; non ho l’ossessione
della ricerca spirituale ma mi piace scoprire quello che ho intorno,
osservo la cultura Etrusca e Romana e quella Egiziana che ha qualcosa
che va oltre l’uomo: la ricerca dell’al di là, la vita
extraterrena, il fatto che per essere degni del paradiso bisognava
avere il cuore più leggero della piuma. Ho l’idea che la
storia dell’umanità non è vera così come la
conosciamo, deve essere più complessa da come ci dicono gli
storici. Mi piace la civiltà greca, la mitologia, il mito di
Demetra, i viaggi di Ulisse che sono i viaggi dell’io e i viaggi
dell’uomo contemporaneo. Il pensiero occidentale è nato
sulla civiltà greca. Un esempio è Soffio di luce,
la composizione non è piena e la necessita di un equilibrio
tra le parti ne ha fatto un quadro delicato. Non c’è niente
che nasce da niente, la E, simbolo dell’alito divino per gli
ebrei sembra abbia origine dalla civiltà egizia, quando per un
breve periodo con il faraone Akenaton adoravano un dio unico, il dio
del sole. Le grandi civiltà diventano un pretesto per creare
qualcosa che hai dentro e tirare fuori un’armonia di colori che
tocca l’Universale.
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