In
un viaggio, sia pure brevissimo, bisogna liberarsi, alleggerire preoccupazioni
e/o ossessioni. Guardare ciò che si vede e si intravede, dimenticarsi, senza
sfuggirsi. Così penso, mentre
foto gianni quilici |
12.40
Ponte del Diavolo. (Borgo a Mozzano)
“Il
ponte del Diavolo non ha eguali. Quanti ponti in Italia, in Europa e oltre
hanno questa snellezza, eleganza, questa singolare bellezza?” Lo guardo
dall’alto, dalla strada che da Borgo a Mozzano sale, lo vedo tra rami e foglie
nella sua inconfondibile, sorprendente forma. E le persone come formichine, che
ci passeggiano sopra sono, in questo preciso momento, il presente di una storia
che affonda nel tempo.
Un
gruppo di case. Quante? Due, tre? E la Pieve.
Dalla
strada appare l’abside luminosa nella pietra bianca toccata dalla luce di
questa mattina primaverile con le
eleganti finestrine decorate e, a lato, il cartello che informa “costruita nel
secolo XI dalla contessa Matilde”.
Mi
colpisce nel campanile merlato l’arcata
che consente il passaggio verso la facciata. Una facciata semplice, una porta
di legno, mi viene da pensare, invecchiato, la cornice di pietra arenaria, una
lunetta che si intravede appena e sulla destra uno di quei cipressi “alti e
svettanti” di carducciana memoria. Il venticello porta l’odore dei fumi e dei
pranzi e suggerisce il desiderio di una tavola imbandita.
Questo
paese sarà una sorpresa. Mai visto finora. Un cartello sulla destra lo indica,
la strada si fa più stretta ed eccolo il paese piccolo e raccolto su una
collina, 320 metri
di altezza per soli 31 abitanti, così almeno ho letto.
Si
posa la macchina prima dell’ingresso. Ecco la chiesa modesta. Si sale tra erba
e fiori di campo. Sulla porta d'ingresso una scultura con Dio che sostiene appena Gesù crocifisso, a loro volta sorretti da due
angeli. Una lapide laica, di fianco, recita: “Qui dal dolce luogo natìo
partirono in guerra per la patria e nella guerra caddero da prodi. Pierini
Giorgio, Dinelli Umberto, Poli Vitali. !915-18”. I caduti dovettero essere molti. Prima
del paese, infatti, una cappella è diventata un sacrario in memoria dei caduti di
guerra dell’intero comune di Borgo a Mozzano. Giusto e bello che i nomi di quei caduti
siano scolpiti all’interno della stessa cappella uno per uno. Peccato che ci
siano soltanto gli stemmi scolpiti su pietre, lì fuori, delle armate di cui i
caduti facevano parte e non ci sia, invece, una lapide che sottolinei oggi
questo sacrificio non in nome di una guerra che ci fu e di cui oggi conosciamo le
cause, ma di una pace da perseguire come valore universale.
A
fianco della chiesa, nella parte più alta del paese, i ruderi della vecchia
fortezza e di una torre circolare, di cui rimane soltanto la struttura di base,
su cui è stata eretta, chissà perché, una croce.
Sedersi
tra i ruderi, che lasciano trapelare il tempo passato. Sentire il venticello
pungente che spira sul volto e avvertire nell’erba fresca e morbida il tempo
presente, il tempo che passa, dà un senso a quel tempo, lo inchioda, lo fissa
nel tempo.
domenica 30 marzo 2014
domenica 30 marzo 2014
Nessun commento:
Posta un commento