L’insostenibile nostalgia dell’esilio
di Giovanna Baldini
Personaggi e interpreti:
Taj al-Muluk, irachena, in esilio;
Widyan, irachena, in esilio;
Mansur al-Badi, palestinese, in fuga da Gerusalemme,
in esilio per sempre.
Una storia struggente, quella raccontata in Taji, una donna ribelle di Inaam Kachachi,
di due donne che la grande Storia fa incontrare in esilio. In fuga dal loro
Paese perché le guerre, le rivoluzioni, le ingerenze delle potenze straniere
nel periodo postcoloniale del “secolo breve” impediscono una vita pacifica e un
minimo di benessere.
Attraverso percorsi personali complicati, dopo aver viaggiato
nel mondo, da Baghdad fino a Karachi, Taji, la giornalista bellissima e libera
arriva a Parigi, si ferma, cambia identità e prova a costruirsi una vita
francese accanto a un uomo importante che non ama, ma che la protegge.
L’altra donna, Widyan, esule in Europa, arrivata anche
lei a Parigi, con gravi problemi di adattamento per la sua ipoacusia, un
giorno, per caso, incontra quella Taj al-Muluk che diventerà l’unico punto
fermo della sua vita fino alla vecchiaia. Subito si riconoscono, due donne
arabe, irachene, di età e formazione diverse, di carattere profondamente
differente: diventano amiche. Per tutte
e due l’altra è una zattera di salvezza e in un rapporto difficile, quasi di
amore-odio, non si lasciano più.
Si raccontano il passato: un po’ vero e un po’
favoloso e incredibile quello di Taji, donna ribelle nel mondo musulmano degli
anni Quaranta del secolo scorso, annunciatrice radiofonica a Baghdad, intervistatrice
di importanti politici del tempo,
affascinati dalla sua figura.
Molto scarno, rimosso doloroso, impossibile da
condividere, invece, il passato di Widyian, la quale soprattutto ascolta
incantata i racconti straordinari di
Taji, che un tempo era diventata la protetta del re Faysal omaggiata e rispettata dai funzionari di corte
e anche dal popolo.
Mediante i racconti della ormai signora Champion, già
avanti nell’età, e i ricordi cartacei, conservati religiosamente, il lettore
viene messo a conoscenza di tutti i passaggi politici dell’Iraq dalla monarchia
alla rivoluzione di Saddam Hussein. È la distruzione del mondo familiare, sociale
e culturale di Taji che apprende la notizia a Parigi e perde per sempre la
speranza del ritorno.
Nel libro la donna diventa così l’emblema di tutti
coloro che sono stati costretti a lasciare la propria patria per stravolgimenti
politici. Quel mondo medio-orientale che anche oggi è in subbuglio e non dà
alcuna garanzia di stabilità.
Quasi ogni giorno le amiche si vedono, si incontrano
per un tè, intanto parlano e passano la
giornata. Dalle loro chiacchiere il lettore percepisce lo strazio di una vita
senza più radici identitarie, senza futuro, dove l’unica cosa che rimane è la loro amicizia.
Taji prova a vivere di nuovo, si sposa, ha due figli,
il suo forte carattere la sostiene, ma ha perso il grande amore, quello che
sembrava a portata di mano, Mansur al-Badi, e mai dimenticato.
Dall’altra
parte del mondo, infatti, a Caracas, ormai residente con moglie e figlie e un buon
lavoro, egli lascia passare i giorni dell’esilio, come se aspettasse di
rivedere da un momento all’altro l’amore della sua vita, l’unico, Taji, che il
destino ha separato, inaspettatamente.
Il protagonista maschile, un po’ in ombra, lontano e in
disparte, è, però, sempre presente nelle conversazioni delle amiche, come
richiamo del cuore. Torneranno a incontrarsi i due amanti, che amanti non sono
mai stati?
Widyan, invece non ce la fa a vivere in esilio.
Rinuncia per sempre all’amore, alle sue passioni, praticamente alla vita, dopo
che in patria episodi violenti l’hanno allontanata dal fidanzato.
Reale è solo il mondo dei ricordi, quello vissuto
prima; irrealizzabile la speranza del ritorno a casa; inutile il passare del
tempo. Per i tre personaggi la vita vera è altrove.
Taji e Mansur si scrivono lunghe lettere d’amore e progettano
di incontrarsi, Widyan a ogni angolo di strada vede Yussuf che l’ha raggiunta a
Parigi e la ama ancora.
Ma il romanzo non descrive soltanto il dramma della condizione
degli esuli, è anche un resoconto puntuale e dettagliato della vita irachena
degli anni Cinquanta del secolo scorso. La vita culturale è rappresentata dalla
figura della giovane giornalista Taji, donna indipendente e ribelle, mentre quella
sociale e politica si scopre attraverso i cambiamenti che i protagonisti devono
affrontare: il licenziamento, la chiusura della redazione…
Su piani diversi in Paesi diversi, Iraq, Iran,
Palestina la scrittrice Inaam Kachachi narra i grandi travolgimenti politici che
sconvolsero quel mondo nella seconda metà del secolo scorso. E si arriva fino
alle soglie del Duemila, quando i nostri personaggi, ormai vecchi e canuti
continuano a sognare.
Il libro è anche uno specchio dell’anima dei protagonisti.
Considerazioni intime, riflessioni esistenziali,
rimandi e citazioni della antica poesia araba o del Corano sono espresse con un
linguaggio poetico di una sensibilità a noi sconosciuta risultando molto coinvolgenti.
Voglio dire che immergersi nella lettura di opere
straniere e, in questo caso, guardando verso il vicino medio-oriente fa bene
all’anima e apre la mente.
Inaam Kachachi, Taji,
una donna ribelle, Collana Gli altri, traduzione dall’arabo di Elisabetta
Bartuli, pp. 360, euro 20,00