di Giulietta Isola
“Nel paese vicino, un uomo aveva ucciso la famiglia. Aveva inchiodato le porte perché non uscisse nessuno; i vicini li avevano sentiti correre per le stanze, gridare, chiedere pietà. Finita l’opera aveva rivolto la pistola contro sé stesso. Ne parlavano tutti. Che razza d’uomo bisognava essere per fare una roba simile, che segreti doveva nascondere. Le voci si rincorrevano. Tresche, droghe, file segreti nel computer. Elaine era solo stupita che non accadesse piú spesso. Infilò i pollici nei passanti dei jeans e guardò la tetra via principale del paese. Insomma, disse, almeno fai qualcosa».
Il romanzo di Paul Murray mi ha conquistato fin dall’incipit e mi è piaciuto fino alla fine. Cosa mi è piaciuto? I diversi piani di scrittura, il ritmo, la punteggiatura estremamente scarsa, la famiglia Barnes per la quale ho provato pietà, empatia, sincera commozione. Forse c’è qualche pagina di troppo e qualche passaggio ininfluente, ma nessuno è perfetto. Qui ho letto la storia di una famiglia prima felice poi sgomenta, una famiglia tradizionale di oggi, una famiglia che mi ha intristito e fatto riflettere, fornendomi spunti di grande attualità. Murray mi ha detto cosa siamo e cosa possiamo diventare da un momento all’altro, ha cercato di spiegarmi il nostro tempo che non sempre riesco a capire.
La famiglia Barnes vive in una piccola cittadina dove tutti si conoscono. Dickie e Imelda sono i genitori, lui ha ereditato dal padre Maurice una concessionaria d’auto. E’ benvoluto e forse anche invidiato , sponsorizza la squadra locale di calcio ed ha una moglie bellissima Imelda, evanescente, ama gli oggetti costosi ed i vestiti firmati. Una coppia dall’aria solida, con pochi grilli per la testa e due figli Cass e Pj. Cass, appassionata di letteratura, è la maggiore, sogna di andare a Dublino per studiare al Trinity College con la sua amica Elaine. Sono inseparabili, poi distanti, poi di nuovo vicine per necessità, poi chissà. Pj, il figlio minore, è geniale, nerd, ossessivo, osservatore, spirito critico, rompiscatole. Vivono in una bella casa, circondata da un bosco pieno di scoiattoli. Questo prima dello sfascio a causa degli affari di Dickie , una questione non passeggera né rimediabile. La piccola comunità osserva i Barnes con occhi e sentimenti diversi rispetto a prima, anche all’interno del nucleo familiare le dinamiche cambiano. Imelda prende a risparmiare, Dickie sembra affetto da una malattia contagiosa ed è evitato da molti, i figli pensano di dover modificare aspettative e sogni. Macerie sopra macerie abitate dai fantasmi del passato, disastri anche ambientali di un mondo allo sbaraglio alimentano sgomento e paure che non tutti riescono a superare, Barnes inclusi che finiscono per non parlarsi più.
Oltre che sui Barnes lo sguardo di Murray e quindi il nostro si posa su altre famiglie, sui problemi, gioie e aspettative degli adolescenti, sul mondo della scuola, sulla poesia, sulla musica, sul clima. Questo di Paul Murray è un romanzo importante e complesso. Niente è più complicato di una famiglia che è serena, poi si sfascia, poi pare salvarsi, poi precipita di nuovo del baratro. Mi sono affezionata ai Barnes, un po’ come mi è successo con i Lambert di Le correzioni, non li dimenticherò tanto presto, le loro sofferenze, la loro incomunicabilità mi hanno emozionato.
Queste pagine non mi hanno confortato, mi hanno accompagnato in un viaggio difficile nelle fragilità di una famiglia in un mondo che non perdona debolezze , scivoloni e nel quale la vulnerabilità di una società che insegue la perfezione rischia di far perdere umanità. Straordinari l’intensa riflessione sul cambiamento climatico, i colpi di scena, le immagini che portano ad un finale da applauso.
“Non potevi proteggere le persone che amavi: questa era la lezione della storia, e per questo motivo si rese conto che amare qualcuno significava esporsi a un livello di sofferenza radicalmente più elevato.”
IL GIORNO DELL’APE di PAUL MURRAY EINAUDI EDIZIONI
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