21 maggio 2009
"Biafra 1968" foto di Romano Cagnoni
di Gianni Quilici
Questa è una foto che si percepisce immediatamente senza bisogno di tante parole.
Allora: a cosa servono le parole?
Più sguardi, più dettagli, più osservazioni possono determinare più attenzione, più sottigliezza, più sensibilità, più sorprese, più ricchezza di tutto per tutti.
Cosa mi colpisce in questa straordinaria foto di Romano Cagnoni?
Al primo sguardo l'intensità dei sentimenti.
Ad uno sguardo appena più circostanziato questo intreccio di corpi e di sentimenti come se il triangolo di corpi fossero un corpo unico
Ad uno sguardo più analitico, in cui l'immagine non è (stata) soltanto una realtà, ma pure una forma, vedo un'espressione profonda del primo bambino con gli occhi e la testa abbassata, pensosa e quasi lontana e, forse, in contrasto l'altro bambino più piccolo disperato e piangente. Nel centro, a raccogliere questa dialettica, il volto della madre, qui nell'attimo della foto, rassegnata o impotente.
Se poi scompongo la foto nel dettaglio, non può non colpire la mano del bimbo magra, forse denutrita, perché si stringe alla faccia della donna diventando il segno di un bisogno universale: la necessità di protezione e di affetto di un bimbo, di migliaia e migliaia di bimbi, che sono o si sono trovati di fronte la guerra.
Ecco a questo punto la foto, pur drammatica e dolorosa, ha anche una grande e potente bellezza estetica. Mi si presenta allo sguardo come una rappresentazione intensa di corpi intrecciati in un corpo soltanto, scolpiti come fossero una scultura, ognuno con una sua solitudine: disperati, pensosi, rassegnati, impotenti, dignitosi.
Qual è la scelta espressiva del fotografo, di Romano Cagnoni, in questa immagine? L'essere dentro a quei sentimenti estremi. L'avvicinarsi, cioè, il più possibile ai soggetti. Nulla, infatti, qui è superfluo, tutto è essenziale e vicino. Nulla si sovrappone tra loro e noi. E questa essenzialità e vicinanza diventano universali. Ci riguardano tutti, ci investono con la potenza di quei corpi.
La foto è stata scattata nel 1970 nel Biafra, un pezzo della Nigeria, in cui era scoppiata una delle tante guerre civili dell'Africa tropicale, per lo più dimenticate dall'opinione pubblica dell'Occidente. Romano Cagnoni, grande, e forse sottovalutato, fotografo nato a Pietrasanta, ma vissuto a lungo a Londra, vi arrivò avventurosamente, rischiando, poi, più volte la vita, come racconta nel bel libro “Il mondo a fuoco” (Electa).