Analizzare il linguaggio è come analizzare la luce: un nulla, illuminato da un altro nulla, diventa qualcosa.
In questo testo molto denso, accessibile però anche ai non addetti, Andrea Moro, sulla scia di Noam Chomsky e dello strutturalismo, si pone in netta antitesi con la scuola analitica, da Frege, a Wittgenstein, a Bertrand Russel.
Quest’ultimo giudicava il verbo essere “una disgrazia dell’ umanità” ( mentre la frase Socrate è un uomo esprime identità, la frase Socrate è umano esprime relazione). Solo nel linguaggio logico-matematico tale ambiguità sarebbe assente.
Andrea Moro opta per la teoria grammatico-generazionale: le proprietà specifiche del linguaggio nascono dalle leggi di natura, non sono qualcosa che si sviluppa come accumulo di fatti storici casuali.
Perciò si sforza di dimostrare che ciò che sta scorrendo dinanzi a noi ha un senso perché il nostro cervello è adeguato a comprendere le frasi e i concetti come istruzioni per produrre senso, non perché il senso risieda nel linguaggio.
Vi sono leggi invarianti alla base di tutte le lingue naturali. Aristotele aveva fondamentalmente colto nel segno: essere è il tempo della frase. Universalmente , anche nelle lingue prive del verbo essere, la vera struttura di ogni frase è tripartita ma, al contrario di tutti gli altri verbi, “essere” non può essere “copula” (come spesso è considerato) , nel senso di “atto generatore di unità e di nuova verità”, né in quello di “fusione di due concetti indipendenti che formano un giudizio”. “essere” non è , del resto, un predicato di identità, per quanto “identità e relazione son siano antagonisti in linguistica”.
Sì, è vero: la ricerca di Andrea Moro fa più luce su quel che “non può essere” che su quel che “è”, ma ciò non diminuisce il suo fascino, anzi. Analizzare le implicazioni dell’ uso del verbo essere conduce l'autore alla considerazione della impossibilità di decifrare tutti i meccanismi che sottostanno al linguaggio e alle culture umane e a quella della impossibilità di capire “come mai proprio alla nostra specie è capitato tutto ciò”. Riconoscerlo è fare un passo avanti: c’ è più scienza, sostiene, nel riconoscere il mistero che nella pretesa di poter spiegare tutto, “perché la scienza no diventi l’ oppio dei popoli”.
Andrea Moro – Breve storia del verbo essere – Adelphi, 2010