15 settembre 2011

"La struttura strappata" di Stefano Morelli

di Nadia Davini

Solo realtà, niente più. La Struttura Strappata di Stefano Morelli (viareggino, classe '79, fotografo professionista) è la trasposizione scritta e fotografata, formato libro tascabile, di un'esperienza di vita consumata in tre mesi.


E di un progetto molto più ampio, “Re..mi..famiglia” ideato dalla cooperativa lucchese “L'Impronta Onlus” che prevede il monitoraggio delle famiglie dei minori stranieri ospiti del centro Carlo del Prete di Lucca nel paese di origine.

90 giorni di appunti, di conoscenza e soprattutto di scatti in posa, scatti liberi e autoscatti; tre mesi di lavoro, durante i quali i protagonisti indiscussi sono diventati i ragazzi che vivono nella Comunità Carlo del Prete e la loro quotidianità trascorsa all'interno della struttura e in città. Proprio loro, quei ragazzi albanesi, di età compresa tra i 14 e i 18 anni, divisi tra emigrazione e ritorno nel paese di origine. Tra la speranza, che sa di desiderio, di trovare una sistemazione, un lavoro, un futuro economico stabile e la sofferenza determinata dall'allontanamento, dalla nostalgia della propria famiglia, dalla voglia di tornare a casa e strutturare lì la propria vita, ricucendo così quello strappo iniziale che ogni adolescente si porta impresso negli occhi.

La struttura strappata, infatti, è una vera e propria condizione sociale e psicologica che accompagna i ragazzi per tutto il percorso della crescita e con la quale devono continuamente confrontarsi. Ed è in questo strappo che si inserisce la potenza della fotografia: in una prima serie di scatti vengono ritratti gli adolescenti impegnati durante la loro quotidianità italiana; la seconda serie, invece, vede come soggetti scelti i familiari rimasti in Albania.

Gli scatti degli uni, poi, sono stati consegnati agli altri e viceversa, fotografando anche i momenti della riconsegna: la fotografia, in questo modo, è diventata il mezzo di comunicazione visuale tra queste due parti di mondo, tra queste due metà così presenti e, talvolta, così ingombranti dentro ogni ragazzo.

Leggendo il libro è sorprendente come le immagini riescano a catalizzare interamente l'attenzione del lettore, irrompendo con significato e consapevolezza sulla scena del libro. E lasciando un senso di intimità profonda con quanto viene letto e, in qualche modo, vissuto di rimando.

Non a caso la forza de La struttura strappata sta proprio in questo: creare un ponte continuo tra i nove ragazzi che hanno preso parte al progetto, creare un collegamento ancora più ampio con le famiglie in Albania, utile per una maggiore integrazione e conoscenza anche all'interno della stessa comunità e nel nuovo ambiente di vita e, infine, dar vita a una connessione spontanea con il pubblico dei lettori. Che si sente indirettamente parte, attivo in questo processo di ricerca delle origini con l'uso delle immagini.

Stefano Morelli, d'altronde, nasce fotografo e i suoi scatti ne sono una testimonianza: in ogni fotografia si delinea uno spessore che colpisce, come se ognuno di quei soggetti ripresi avesse una storia esemplare da raccontare.

Esemplare per il coinvolgimento dell'autore e per la sua volontà di scattare sempre e comunque. Di testimoniare, come una sorta di impegno quotidiano. Esemplare per l'argomento in sé, per l'emergenza che solleva, per l'attualità che ci vede tutti coinvolti. Esemplare, infine, per il senso intrinseco del libro che, per dirla con le parole dell'autore, “si è sviluppato con l'obiettivo di abbattere i muri della distanza, delle diversità culturali tra il paese di origine e il paese adottivo, di aiutare il minore immigrato a ricostruirsi una nuova identità conforme al nuovo ambiente, creando e ri-creando, attraverso l'uso della fotografia, connessioni tra i ragazzi e le loro famiglie – che tornano ad essere ognuna davvero una struttura che connette”.


Stefano Morelli, La struttura strappata, Bonanno Editore, Roma 2011, pp. 95, euro 10.


Per maggiori informazioni: www.stefanomorelliphoto.com www.improntacoop.it



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