di Gianni Quilici
Alina Reyes è una
scrittrice dichiaratamente erotica. Questo, a volte, è il suo pregio; questo
soprattutto è il suo limite. In questo smilzo libro di poco più di 50 pagine,
caratterizzato da 69 sequenze numerate una per una, la Reyes non racconta una
storia, descrive delle situazioni, collegate dal piacere erotico-sessuale.
In lei l’erotismo
diventa una filosofia assoluta, che assorbe ogni altra dimensione; una
filosofia idealizzata che sembra nascere spesso più che da una necessità espressiva
dal desiderio di stupire e, forse, in ultima analisi, di vendere.
Non che non ci
siano sequenze, che, oltre ad andare al di là della banalità, comunichino, a
volte, una verità poetica.
Ne trascrivo una:
“Dopo che lui mi
ebbe baciata e palpeggiata per due giorni, gli dissi “voglio fare l’amore”. E
lui mi diede appuntamento nel bosco, lontano da tutto. C’era soltanto un pezzo
di stoffa tra il suolo e noi. Ci spogliammo e io partii alla scoperta di tutto
il suo corpo, lo toccai dappertutto e sentii contemporaneamente il cielo dove
picchiava il sole di mezzogiorno, gli alberi stillanti resina, la terra
sabbiosa coperta di aghi di pino caldi e crepitanti.
Nessuno era mai
entrato nel mio corpo. Avevo scelto lui come coltello sacrificale. Persi sangue,
sentii dolore, lui godette. Sono stata terribilmente felice, ma non ci sono
parole per descrivere una simile gioia, quella della nuova libertà”
Ma più sovente la
sua scrittura diventa meccanica, “adorante” e l’istantanea che lei coglie non
ha ne’ un presente vivo, ne’ un passato che ci comunichi condizioni o pensieri
che ci permettano di partecipare intimamente. Diventano parole che si perdono.
Alina Reyes. Amori. Diario di Rrosa. Le
carnet de Rrose, traduzione di Francesco Bruno. TEA.
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