di
Gianni Quilici
“Addio
a Roma” di Sandra Petrignani mi interessava leggerlo innanzitutto per una
ragione voyeuristica. Mi attira, infatti, incunearmi nella vita quotidiana di
chi mi ha intrigato intellettualmente e-o creativamente.
Perché
in un artista ci sono, quasi sempre, due volti: quello apparentemente reale
della vita quotidiana, che sarà magari banale, ripetitivo, coatto, privo di
qualsiasi fascino, se visto esteriormente; l’altro, quello sotterraneo e
invisibile, della creazione, che rende espressive anche condizioni esistenziali
come la noia e la nausea, un mattino o un incontro, un pensiero o l’immaginazione.
Le
rende talmente espressive che può scattare il desiderio di vivere (anche noi)
quella vita, anche quando questa si colloca su una frontiera limite: di ansia e
di angoscia. Nasce da questa partecipazione il desiderio di conoscere chi ci
sia dietro a quelle rappresentazioni: quale volto, quali stili di vita, quali
amori.
Così
ho letto con piacere, a prescindere da ogni giudizio valoriale, “Addio a Roma”,
perché in questo libro c’è l’addio alla Roma dagli anni ’50 fino, più o meno,
alla morte, nel 1975, di Pier Paolo Pasolini. E’, quindi, la Roma di Moravia e
della Morante, di Pasolini e di Laura Betti, di Fellini e di Ennio Flaiano, di
Arbasino e di Carlo Emilio Gadda, di Guttuso e di Palma Bucarelli, presente
nella copertina con una bellissima foto. La Roma dei caffè letterari e dei
pettegolezzi, delle grandi mostre e
delle dispute letterarie e artistiche, della dolce vita, degli amori e degli
addii.
Sandra Petrignani ha, poi, il merito di
ricostruire questo periodo con un lavoro di ricerca ammirevole, mescolando
dichiarazioni e fatti storici con aneddoti raccolti di prima mano oppure
inventati.
E
questo lo fa raccontando con una prosa fluida, che contiene amore verso la
propria materia, privandola tuttavia di quella nostalgia, che deformando il
passato, cerca di mitizzarlo, in realtà togliendo quella verità, che finisce
per intristire.
E
lo fa, inoltre, creando un personaggio, Nina, che diventa il filo narrativo, la
cui storia attraversa l’intero periodo, una sorta di mini-romanzo di
formazione, all’interno della cronaca, con momenti di vera poesia. Un esempio? L’episodio
in cui le viene sfilata di mano da un bullo di quartiere e buttata nel Tevere
la rivista con le poesie di Dylan Thomas, che tanto l’avevano emozionata
insieme alla musicalità della sua voce, ascoltata per caso alla radio.
E
lo fa, infine, consegnandoci alcuni ritratti acuti e vivi di personaggi
importanti nella storia della cultura italiana, ma meno noti, come Roberto Bazlan e Giorgio Manganelli, Cristina Campo e Elémire Zolla, Ernst Bernhard e Juan Rodolfo Wilcock.
Sandra Petrignani. Addio a
Roma. Neri Pozza. Pag. 356. Euro 16.50
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