08 aprile 2015

" Un hotel di Barcellona" di Emilio Michelotti




IL FONDO 
DELL’IMPUDICIZIA


C’è chi è abituato al cappuccino e brioche. Ma c’è chi s’alza con una lorda degna di un reduce da carestie ataviche.
Ebbene, gli alberghi breakfast-buffet-incluso riservano sempre sorprese che vanno dal misero al sontuoso. L’Oasis di Barcellona è un caso a sé e unisce gli estremi con disumana crudeltà.
Metti che fra la fonte delle delizie e il tavolo dove puoi consumarne un po’, sia posto un diabolico punto di guardia dal quale un convitato di pietra, sub speciae di arcigno donnone, dopo aver ritirato una sorta di lasciapassare, stia lì a spiare ogni tua mossa.

Aggiungici ora un azzimato cerbero dai modi ineccepibili che s’aggiri per le mense sorridendo a pargoli, aiutando le bevande calde e fredde a fuoriuscire da beccucci con tastiere degne di una piattaforma spaziale, pronto a dare suggerimenti, spiegazioni, consigli – e a toglierti la coppetta appena vuotata dallo yogurt.

Secondo voi come fa un morto di fame a saziare le sue voglie? Ecco come.
La prima mattina passerai tre sole volte davanti al donnone, cogliendo con cupidigia i rari momenti nei quali l’Azzimato si distrae; potrebbe essere quando costui è intento ad evitare che la vecchietta tedesca vada in crisi di autostima di fronte ai pulsanti del tecnologico cubo di Rubik. Afferrerai il piatto più grande e vi porrai uno strato di formaggio a fette, uno di salame, uno di uova al bacon, poi ricoprirai il tutto con pezzi di pomodoro sottili, melanzane ai ferri, zucchine alla piastra. Al vertice una innocente fogliolina di lattuga.

Prima di tutto, però, hai da munirti di posateria varia e di tovaglioli, che terrai sulla stessa mano, posti sotto il lauto piatto. Nell’altra il più capiente bicchiere di succhi esotici.

Nel secondo viaggio (intanto l’Azzimato ha già estratto il piatto sporco e ti sbircia speranzoso), in una tazza da caffelatte instillerai dosi tre di italian espresso. Prima però devi esserti munito di due buste di Nesquik, la prima da godersela nella densa crema di caffè. In un piatto grande come il primo puoi infilare comodamente 3 croissant e 4 plum-kake (…mmm) sormontati da due fettine lacrimevoli di pane nero.

Il terzo viaggio è per il dessert: tre fette di torta alla crema, due al cacao, una ai frutti rossi. Nell’altra mano una scodella di yogurt “nature” che arricchirai con l’altra busta di Nesquik.

Tralascerai la frutta, a malincuore: una mia insigne amica ne riempiva lo zaino (“sai, per la merenda”). Ma qui non va bene. Ci vuole contegno.

Contegno e dignità, che la seconda e ultima mattina, arcistufo di soprusi e angherie, abbandonerai. Col fervore di una formica intenta a predisporre il granaio andrai avanti e indietro, prendendo una delizia per volta, senza mai incrociare sguardi, fissi gli occhi sopra le britanniche testine bionde. Al limite dell’esplosione gastrica, là dove lascivia cede a disgusto, uscirai salutando con un garrulo “Hola, gracias para todo”. L’importante è accompagnare la frase con un fermo gesto virile, sperando di aver aggiunto un quid di inedito al liso stereotipo dell’italianità.

30 marzo 2011

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