25 agosto 2017

"Lezioni di tenebra" di Helena Janeczek

di Giulietta Isola

“Io, già da un pezzo, vorrei sapere un’altra cosa. Vorrei sapere se è possibile trasmettere conoscenze e esperienze non con il latte materno, ma ancora prima, attraverso le acque della placenta o non so come, perché il latte di mia madre non l’ho avuto e ho invece una fame atavica, una fame da morti di fame, che lei non ha più (…) Me lo chiedo per non dover pensare che l’esperienza dei campi di concentramento non solo non sia altissima, ma non sia affatto un’esperienza, che non si impari niente, che non si diventi né più buoni né più cattivi, e una volta che è passata è passata, ritratta nei più remoti recessi dell’anima dove logora, opprime, persiste”.


Cercare una memoria perduta,indagare per tracciare il proprio identikit, scavare nel vuoto appigliandosi a somiglianze fisiche, gusti, gesti,  atteggiamenti ed idee, cercare nella memoria che i genitori non hanno potuto o voluto trasmetterci e’ necessario per ricomporre una figura. Narrare la tenebra che è stata e che non si riesce a dire, è cio che Helena tenta di fare in questo racconto drammatico che ci svela un passato che ancora oggi fa ammutolire, una tragedia che, per chi l’ha vissuta, si ripercuote nella quotidianità in questo caso nella relazione madre-figlia. La figlia è nata nella seconda metà degli anni 60 in Germania, dove i genitori avevano trovato riparo,infanzia ed adolescenza scandite dal continuo ribadire “noi non siamo tedeschi”,non le viene trasmessa l’identita’ ebraica, ma si limita molto la liberta’ e per quanto riguarda la storia famigliare ,se ne narra solo qualche brandello.
 

Helena ci coinvolge nel reportage di un’anima in cammino fino all’arrivo ad Auschwitz-Birkenau, ove la madre con un urlo lungo e straziato testimonia come il male sia stato un veleno che ha contaminato tutte le pieghe di una vita quotidiana e banale e la Storia, con quel nero e quell’orrore diventa emozione e voglia di sapere, una voglia intima che muove l’autrice verso la genitrice reticente e perbenista ,ma soprattutto piena di paura “una paura che ti insegna ad adattarti a non dare nell’occhio.”
 

La generazione nata nel dopoguerra è quella che ha raccolto l’eredità di chi ha visto e vissuto l’orrore in prima persona, è quella che ha bisogno di conoscere per illuminare le tenebre,le tenebre sono tenebre, ma la notte come dice Isaia, per natura deve cedere il passo alla luce del giorno e rielaborare i fatti per immunizzarsi,per evitare di compiere altri orrori, riuscire ad emergere dall’orrore, riprendere una vita normale spesso costa uno sforzo ciclopico.In queste pagine pagine,questo percorso di figlia nata dopo, si intreccia con il nevrotico rapporto con la madre la cui vita è segnata per aver visto il fondo dell’abisso.
 

Helena analizza la sua psicologia, i  meandri della sua coscienza, tenta di sciogliere i nodi di una vita a cavallo fra Polonia,Germania e Italia, ha in bocca tante lingue e sente di avere tante, forse troppe radici, in parte strappate dai sussulti della storia, sente forte il desiderio di conoscere ed approfondire l’Olocausto, un’esperienza individuale e collettiva che ha segnato persone e popoli, pensando che solo conoscendo si puo’ sperare nella salvezza,tutto questo ce lo racconta con il suo italiano puntuale ed asciutto conducendoci letteralmente dentro i gironi infernali di Auschwitz.
 

Lezioni di tenebra comincia come un romanzo di ricordi personali, diventa storia del Novecento ed omaggio dell’autrice alla madre.

LEZIONE DI TENEBRA di HELENA JANECZEK EDIZIONI GUANDA

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