nota di Gianni
Quilici
La forza di questa
foto di Mario Di Biasi è nella sua complessa immediatezza.
L’immediatezza
scatta nella selva di occhi, solo e soltanto uomini, appuntati sulla donna (si
tratta di Moira Orfei), di cui vediamo soltanto il lato posteriore: alta e
formosa, elegante nel suo completo bianco, che cammina regale come se fosse su
una passerella, invece che su una strada-piazza di Milano.
Questo rapporto tra
la convergenza di occhi maschili, tante tipologie di sguardi ( ammirato,
valutativo, interrogativo, sorridente, desiderante) e la donna
(inevitabilmente) puro oggetto ( in quanto altro da loro) ha una valenza che va
oltre la riuscita rappresentazione fenomenologica. Una valenza sociologica.
La foto, infatti, è
ed è stata utilizzata, anche simbolicamente, come passaggio tra una società
contadina o paleo-capitalista ad una industrializzata consumistica. Siamo nel
1954 agli albori del boom economico, che
esploderà negli anni ’60. Ma già qui sono presenti alcuni di quei segni che
questo mutamento rappresentano.
Il più banale la
vespa (una soltanto, ma appunto per questo più significativa) ed un dettaglio
di macchina; poi la sobrietà non stracciona e sufficientemente uniforme degli
abbigliamenti maschili; infine lei come donna esibita, l’unica tra tanti
uomini, da ammirare a metà tra l’ammicco erotico appena accennato delle forme
(il sedere ) ed un vestito, che niente concede, oltre la castigata nudità, in una
Italia, nella quale predomina incontrastata la morale cattolico-democristiana, in cui la donna ha un ruolo da passerella in certe ore e a certe condizioni, per il resto è relegata alle faccende domestiche o poco più.
Mario Di Biasi, in questo scatto, non solo ha colto l'attimo in cui Lei è al centro della foto, sfidando (quasi) gli sguardi maschili, ma lo ha anche, in qualche
misura, preparato.
Mario Di Biasi.
Milano, 1954.
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