22 aprile 2009

"Lettere dalla Kirghisia" di Silvano Agosti


di Gianni Quilici


Silvano Agosti è un regista, sceneggiatore, scrittore e perfino gestore di un (famoso) cineclub romano “Azzurri Scipioni”, ma sopratutto è una “persona speciale”. Una tra le tante (qualunquisticamente si pensa che siano pochissime e che le migliori siano morte), che mette nel cuore della sua “prassi” un punto di vista “altamente morale”, senza pregiudizi, con intelletto aperto.

Queste “Lettere dalla Kirghisia” sono una favola, meglio un'utopia, una meta da raggiungere, un percorso su cui da subito ci possiamo inoltrare.
Perché? Cosa racconta questo libro?

Nelle “Lettere dalla Kirghisia”, Silvano Agosti racconta la sua visita in un paese straordinario “dove ognuno sembra poter gestire il proprio destino e la serenità permanente non è un'utopia, ma un bene reale e comune”. Nel paese di Kirghisia, infatti, tutti lavorano solo 3 ore al giorno: il resto del tempo è dedicato a se stessi, all’amore, alla famiglia, ai figli, alla vita insomma. Si lavora meglio, non ci si ammala di ansia e stress, si è sereni e realizzati e quindi più produttivi.
Gli anziani hanno ingresso privilegiato e gratuito a cinema e teatri, non pagano i trasporti, e inoltre hanno piccoli appezzamenti di terreno da curare. I bambini non stanno seduti in aule chiuse, ma giocano nei parchi, e imparano in maniera naturale, e duratura, perché lo desiderano.
E chi vuole fare l’amore, porta in bella vista un piccolo fiore azzurro: così l’amore non genera ipocrisia, incomprensioni e imbarazzi. Non ci sono guerre, né armi: non ci sono politici falsi e strapagati ma opere di volontariato: non c’è pubblicità ma informazione.
Nel paese di Kirghisia non c’è bisogno di scrivere la costituzione perché tutti la sanno a memoria. E’ composta di una sola frase: "Al centro di ogni iniziativa, l'attenzione dello Stato e dei cittadini va innanzitutto all'essere umano”.
Leggendo le lettere, confesso, mi sono chiesto: esiste questo paese? E' il Kirghisistan come il nome sembra far presagire? “Impossibile!” ho pensato. Tuttavia sono andato su un libro di geografia per controllare...

La bellezza del libro di Silvano Agosti è nel denudare se stesso e la società così come essi sono, recuperando il massimo di ingenuità e di purezza, prospettando una sorta (possibile) di “dover-poter essere” individuale e collettivo, l'esatto opposto della irragionevolezza dei modi, dei tempi, dei contenuti dell'esistenza del nostro vivere oggi.
Per dare un'idea trascrivo i fondamentali bisogni e desideri che un buon kirghiso spiega all'autore per strada: saper dormire, saper mangiare, saper lavorare, saper imparare, saper dare, saper creare, saper amare e saper fare l'amore, saper vedere quel velo di mistero che copre ogni cosa.

E' un libro potenzialmente per tutti: dai bambini agli adulti. Non a caso ha caratteri grandi per bambini di scuola elementare e bei disegni di Alessandra Curti. Però lo apprezza solo chi si sa vedere con “occhi nudi”.

Cosa manca?
Forse l'antitesi, la dialettica.
Tutto in Kirghisia funziona, non ci sono dissonanze, tutto è armonia.
E' credibile?
Non lo è, perché innanzitutto in noi, nell'individuo pensante c'è un incessante movimento tra essere/non essere, di cui la ricerca e la creazione sono forse il simbolo più alto.

E poi forse c'è in Agosti un intento didattico troppo scoperto, che rende le lettere, i concetti che esse esprimono, a volte, ripetitivi.

Ho comprato il libro su un banchetto di libri usati. Su di esso c'era una dedica rivolta a chiunque si accingesse a leggerlo.
La trascrivo:
“... A chi osa...
... A chi spia nelle fessure della mente...
... A chi si inoltra nella “perfetta” realtà apparente...
... Alla leggerezza del pensiero...
A chi ancora crede
A te....
Buona lettura!”

Silvano Agosti. Lettere dalla Kirghisia. Edizioni “L'immagine”. Pag. 139. Euro 10,00.