11 febbraio 2010
" Nacqui Settimino " di Sandro Bartolini
di Luciano Luciani
Un indomito io narrante contro il potere dei padroni
Bracciante dell’istruzione, Carlo Solatii insegna a leggere e a scrivere ai figli degli operai e dei tecnici italiani che lavorano nei cantieri africani delle Multinazionali Grandi Opere. Guadagna benino, il lavoro gli piace, ma i doveri familiari lo riportano in patria: la moglie Susanna gli ha messo al mondo l’erede e la famiglia nuova e quelle d’origine, di lei e di lui, lo reclamano. Deve trovarsi un’occupazione dignitosa nel Bel Paese e mantenere decorosamente sposa e figlioletto. Un passaggio esistenziale importante, che il nostro Carlo Solatii, nomen omen, affronta con il consueto ottimismo, consapevole e ragionevolmente soddisfatto dei suoi recenti obblighi di sposo e di padre. Così, nella civile Toscana, si trova un’occupazione presso la Vernici Palmiri e Togni, azienda, come si suol dire, leader del settore. Sceglie, Carlo, di buon grado, di sacrificare una parte, neppure piccola di sé riciclandosi a tappe forzate. Da docente con a propria disposizione gli sterminati territori dell’Africa e della cultura a impiegato in ditta né piccola né grande, allineato e coperto, zelante e disciplinato, ligio che più ligio non si può ai destini aziendali: “Dimenticata l’Africa e gli studi umanistici, avrei seguito la logistica. Barattoli! Barattoli! Barattoli! Diluenti, vernici, smalti, colore giallo, grigio, bianco 500, la vita era questa, mi bruciava il culetto ma decisi di tenere duro!”
Ma quell’infiammazione, sia pur metaforica, alle parti basse non è piacevole e, soprattutto, il sangue non è acqua: e allora accade che nell’ancor giovane Carlo, un poco alla volta, riaffiorino memorie familiari mai sopite. Ricordi di esistenze minori - il padre, uno zio, cugini, altri parenti più o meno lontani… - forse anche minime ma sempre vissute nel segno di un’etica del lavoro coniugata con antiche idee di democrazia, di partecipazione, di rispetto dei diritti e delle regole. Della convinzione antica che la Storia non va mai subita passivamente ma sempre contraddetta nelle sue logiche di potere e oppressione, pagando magari anche dei prezzi, ma ritagliando per sé e per gli altri spazi di contrattazione e di libertà per lasciare ai propri figli un mondo appena appena migliore. Nel codice genetico di Carletto ci sono i mezzadri della Maremma e i minatori di Ribolla, gli operai delle acciaierie di Piombino e i chimici di Rosignano: un pezzo, e che pezzo!, della storia del contrasto di classe nel Novecento.
Così, fedele alla sua storia familiare, che, come un fiume carsico fa continuamente la sua apparizione tra le pagine del romanzo, il nostro modesto eroe pensa bene di candidarsi come rappresentante degli impiegati alle elezioni per la Rappresentanza sindacale unitaria… Mal gliene incoglie, ovviamente, e la lettera di licenziamento, che gli arriva dopo un’estenuante melina, è quasi una liberazione.
Una storia semplice, quella che racconta Sandro Bartolini alla sua seconda prova narrativa dopo la buona accoglienza riservata al suo romanzo d’esordio, Villaggio mare blu, che ha il grande merito di riproporre al pubblico dei lettori un tema desueto: quello del lavoro, dei suoi protagonisti, dei suoi problemi, organizzativi e umani. Il lavoro inteso non solo come strumento per ottenere una fonte di reddito, ma l’elemento centrale per l’organizzazione del proprio futuro, per la stessa idea che ogni individuo realizza di se stesso,
Raccontata con uno stile personalissimo, ilare e incalzante, Nacqui settimino ci propone una narrazione densa di valori (la famiglia, il lavoro, l’amicizia, la solidarietà…), mai moralisticamente accettati e suggeriti, ma sempre rielaborati secondo un’angolatura, tutta toscana, fatta di ironia e autoironia.
E poi queste pagine ci regalano uno straordinario, simpaticissimo protagonista: un io narrante che occupa tutta la scena, perennemente in movimento, mai domo neppure quando i rapporti di forza lo vorrebbero acquiescente e subalterno. Carico di vitalità e di un’energia capace di illuminare tutti gli altri personaggi – familiari, amici, colleghi di lavoro, sindacalisti e padroni – il romanzo di Bartolini raccoglie in sé la tradizione della narrativa toscana più vivace e ariosa, da Renato Fucini a Luciano Bianciardi, il modello privilegiato a cui per lingua, contenuti, situazioni e finale agrodolce sembra ispirarsi programmaticamente l’Autore.
Sandro Bartolini, Nacqui settimino, Stampa alternativa, Viterbo 2009, pp.179, Euro 13,00
NOTE BIOGRAFICHE
Sandro Bartolini è nato a Guardistallo (Pi) nel 1956.
Intorno alla metà degli anni Sessanta si è trasferito con la famiglia a Spilamberto, in Emilia, dove ha lasciato un pezzetto di cuore.
Vignola, Bologna e Pisa i luoghi della sua formazione intellettuale, Cecina di quella umana. Attualmente vive con la famiglia a Lucca.
Ha svolto innumerevoli lavori, anche saltuari: pizzaiolo, carpentiere, bracciante… Oggi svolge un lavoro amministrativo presso la CGIL di Lucca. Ha pubblicato un racconto nell’antologia Poesie e brevi racconti, a cura dei comuni di Cecina e Rosignano Marittimo. Un suo scritto è apparso sulla rivista Sagarana. Nel 2007 ha pubblicato il suo primo romanzo, Villaggio mare blu, Il Grandevetro edizioni.