12 marzo 2012

“David Hemmings: l’inquietudine” di Gianni Quilici

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Di David Hemmings ho visto, tra i tanti film realizzati come attore, ma anche come regista, quasi soltanto Blow Up.

Esagero: fosse solo per questa interpretazione credo che egli resterà, per lungo tempo, “immortale” nella storia del cinema del ‘900. Perché il suo corpo mobilissimo, i suoi occhi sfuggenti, la sua recitazione introspettiva vanno oltre la bravura dell’attore, lo rendono simbolo ed archetipo di una fase storica: i felici anni ’60. Di più, di una tipologia esistenziale: l’inquietudine.

Più inquieto di Dennis Hopper in Easy Rider o di Jack Nicholson in Cinque pezzi facili. Perché la sua inquietudine è orizzontale, da fotografo di moda, e inaspettatamente anche verticale, da esploratore. Riguarda sia la facilità con cui gioca con oggetti e donne, che la profondità con la quale cerca e si interroga.

da La linea dell’occhio

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