11 marzo 2012

“Luigi Pintor” di Gianni Quilici

Mentre facevo colazione, in un bar di Porto Maurizio, prima ancora di comprare Il manifesto, scorsi la notizia: Luigi Pintor è morto. Ne rimasi annichilito.
Considero il manifesto come l’impresa politico-culturale-giornalistica forse più rilevante degli anni che dal ’68 arrivano fino a noi. E comunque il manifesto è stato per il sottoscritto più di un giornale: un laboratorio di formazione politica e culturale rilevante.

Ebbene del manifesto Luigi Pintor è stato, oltre che l’ispiratore e il promotore principale, il grande giornalista. Così come –credo- Lucio Magri ne è stato il (grande) politico, Rossana Rossanda la (grande) intellettuale, Luciana Castellina il (grande) jolly.
Nei suoi editoriali o corsivi ho trovato con gioia una scrittura stringata e lampeggiante, un pensiero così sottile da poter risultare, fuori da qualsiasi schema o immaginazione, anche paradossale, una visione lucida della vita, ma anche molto tragica, un senso alto delle cose.

Ricordo un congresso, il congresso di scioglimento del manifesto come forza politica. Una grande festa piena di speranze verso il futuro. Prima delle conclusioni di Magri interviene appunto Pintor, che, d’accordo con le cose finora emerse, può abbandonarsi ad un intervento totalmente libero. Me lo ricordo come un intervento divertentissimo da ridere fino alle lacrime.
Eppure Pintor, in prima analisi almeno, non voleva far ridere. Il suo forse era l’intervento di un moralista, che guardando lo stato delle cose da lontano ne cristallizzava la comica tragedia e lo faceva da oratore consumato, che sa porgere le parole, senza abusare della facile retorica.

Ma Luigi Pintor è stato anche, e fino all’ultimo, un comunista. Un comunista nuovo: oltre lo stalinismo, ma anche oltre il togliattismo. Un comunista con un suo personalissimo stile, che veniva da lontano (aveva dentro di sé le tragedie, anche personali, della storia) e guardava lontano.
Scrisse nel suo ultimo articolo apparso su il manifesto:
Nel nostro microcosmo ci chiamavamo compagni con questa spontaneità ma in un giro circoscritto e geloso. Ora è un’area senza confini. Non deve vincere domani ma operare ogni giorno e invadere il campo. Il suo scopo è reinventare la vita in un’era che ce ne sta privando in forme mai viste”.
Una frase da inserire come cornice dei nostri pensieri, delle nostre azioni.

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