di Marisa
Cecchetti
Pubblicato
nel giugno 2011 il libro di Eugenio
Baronti non poteva essere più azzeccato per i tempi che allora stavamo vivendo,
presente ancora il governo Berlusconi, ma
continua a mantenere la sua forza anche perché non è cambiata la schiera
dei politici attaccati alle loro poltrone, dove si sono trovati magari senza
merito, e che difendono senza scrupoli. Del resto Baronti riconosce che già nelle Giunte comunali “sta
crescendo la categoria dei senza lavoro per i quali fare l’amministratore
diventa un mestiere come un altro, non per un tempo determinato, ma
possibilmente per tutta la vita”. Categoria che lui ritiene pericolosa, perchè
sono individui facilmente ricattabili, se non altro perché difendono la sopravvivenza economica
personale.
Militante
di Rifondazione, “dopo trent’anni di militanza politica attiva passata
all’opposizione…inaspettatamente catapultato dall’altra parte della
barriera…nominato assessore con deleghe e responsabilità amministrative assai
pesanti tra cui l’ambiente”, in un Comune, quello di Capannori in lucchesia, roccaforte della destra fino al 2004, poi nel 2007
assessore regionale della Toscana, Baronti
porta nel suo incarico passione e coerenza, vede i danni della cattiva
politica, indica strade nuove ed ha il
coraggio di percorrerle, subisce le conseguenze delle sue aperture, quando
queste contrastano con gli interessi del partito.
Davanti ad un popolo che ha trovato in Berlusconi il
suo modello culturale di riferimento, davanti a governanti che “giocano con il fuoco con il tema della
paura, trasformandola, irresponsabilmente, in strumento politico accumulatore,
lui sente che il modo di far politica deve
cambiare, che bisogna riprendere i contatti con la gente, perché “la nostra
imperdonabile colpa, come sinistra, è quella di aver abbandonato a se stesso
questo pezzo grande della società. Non siamo stati capaci di offrire strumenti
di difesa e quindi molti italiani sono stati completamente risucchiati dentro
il vortice del grande consumificio, il market globale di sogni e desideri che
li ha trasformati da cittadini a clienti”. Su questa linea si muove, cercando
di guidare verso il recupero di un equilibrio perduto, verso politiche che
contrastino la corsa all’accaparramento dei beni, che creano divari vergognosi
tra ricchi e poveri, in nome di un rispetto per le risorse naturali, al fine di
interrompere la prassi consolidata di vivere “a credito, attingendo
egoisticamente alle riserve destinate alle future generazioni”. Fondamentale
avvicinare di nuovo i cittadini alla cosa comune, sensibilizzarli e svegliarli
chiedendo suggerimenti e ascoltando problemi. Allora sì alla raccolta
differenziata, sì a progetto rifiuti zero, al ritorno dell’acqua pubblica nelle
scuole – perché per produrre le bottiglie di plastica si consumano enormi
quantità di greggio-, al recupero delle fontane. Sostiene un nuovo modello di
sviluppo che punti al recupero ed alla riqualificazione urbanistica, evitando
ulteriori sprechi del suolo.
Come assessore regionale lamenta il mancato
investimento in edilizia popolare, vede nel piano casa di Berlusconi “una
regalia elettorale al popolo delle villette”; in giro per la Toscana vede alloggi
finiti e non assegnati e divenuti fatiscenti, “mentre un migliaio di famiglie è
in lista d’attesa”; vede decine di alloggi per giovani coppie rimasti
abbandonati per 15 anni, vede cose che fanno tristezza e vergogna; ma denuncia
anche l’uso improprio della casa popolare, perché “l’assegnazione è sempre e
comunque considerata l’anticamera della
proprietà… e i sindacati insegnano come aggirare le leggi”.
Voce talvolta
scomoda quella di Eugenio Baronti, in una cultura del “tirare a campare” e del “ma chi
te lo fa fare”, in mezzo ad un individualismo dilagante e alla perdita di senso
della politica, per cui è difficile volare alti, le ali si appesantiscono di
piombo, talvolta anche di quello della parte amica. Guai, infatti, a pensarla
diversamente da chi controlla il partito
e decide. Non può derivarne altro che l’isolamento.
A
livello economico per Baronti bisogna incominciare “non solo a pensare, ma a
realizzare buone pratiche e azioni concrete che prefigurino già, qui ed oggi,
la prospettiva futura verso la quale vogliamo andare, avviando processi di
riconversione, riqualificazione, innovazione, per un’indispensabile opera di diversificazione produttiva capace di
creare nuova imprenditorialità, occupazione e nuova ricchezza sociale
Eugenio
Baronti, Con il piombo sulle ali,
Daris Libri 2011
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