17 agosto 2012

"La nuova terra il tempo e i cinque sensi" di Paolo Tommasi



di Marisa Cecchetti

Un testo di non facile interpretazione quello di Paolo Tommasi, direttore d’orchestra e concertista europeo, che ha avuto prestigiosi  maestri come Gaetano Giani Luporini e Sergiu Celibidache, ed ora al suo esordio con la poesia. L’elemento musicale, la sonorità e la rotondezza della parola attraversano i testi, dando voce a immagini di forte rilievo cromatico, tattile, olfattivo: “I giorni migliori precedono l’estate/quando nell’ultima frescura/si miete il grano/ e il sole arrossa le ciliege/quando i papaveri/occhieggiano al vento sulle messi/e l’ultimo temporale/  dilava la polvere sulle more”.

Ma non ci si illuda sulla trasparenza del significante. Infatti i versi di Tommasi  non giocano su un aspetto lirico-narrativo ma piuttosto lirico-emotivo, e rispondono ad una esigenza di percorso intertestuale, come già indica il titolo, che rimanda a La terra desolata di Eliot, di cui ritornano parecchi elementi, in primis la divisione in cinque parti e il recupero del mito. C’è la rinascita portata dalla buona stagione: in Eliot è Aprile il mese più crudele dell’anno, perché il suo rigoglio e il suo miracolo definiscono per contrapposizione la miseria umana. In Tommasi “i giorni migliori sono quelli di san Giovanni”, “i giorni migliori/ precedono l’estate”, mentre  “Aprile esausto dei segni restava sepolto/ dalla lava, dalle saette/dalle trombe dei numeri sacri”. 

La poesia di Tommasi è carica di rimandi ad altri autori che si affacciano ovunque dai versi, carica di simbologia pagana a cristiana, stillante carnalità e forza. Il linguaggio da lussureggiante si fa sanguigno, ferrigno, il sangue di cinghiali sgozzati e del marinaio morto è sangue sacrificale che diventa vita: “Atena/mandò diciassette cinghiali/li dissanguarono/tutti,/senza eccezione, li dissanguarono/dalle fosche giugulari alla femorale/quel venerdì/un giovane dimenticando/sulla nave sbancata sulle sabbie…Il sangue bilioso/dalla poca acqua sulla nave/coagulava sulla sabbia/tra minuscoli cardi. Era il pegno della vigna”. 

I sensi sono desti e pronti a mordere la vita come fiere che stanno per attaccare, perché il tempo scorre inesorabile: “Si è fatto buio ancora una volta e troppo presto”, perché è indispensabile vivere il presente, l’assenza ha un peso che schiaccia e non si possono recuperare i momenti del passato:“Potessi riavere le parole di ieri/quando ti aspettavo/per riabbracciarti in quest’alba furiosa/di sonno e di ricordi…Baciami ieri/nella notte di carezze lontane…la promessa del tempo/è una finestra sulla notte/una clessidra di sogni/tra i granelli di sabbia”. Un vento, ricordo dell’immanenza divina di luziana memoria, passa attraverso i luoghi delle brutture e della paura e “ad ogni curva/sembrava deviare/tra le ginestre e le zolle d’erba”. La gioia appartiene al passato, che regala immagini di vita e di energia: “Correvamo insieme nel vialetto,/insieme alle foto/sopra uno sgabello di legno/nel dolce autunnale staccare frutta”; la violenza è di oggi ed anche il respiro del cielo si raggela sulle messi “d’un tremito sul viso”.

 La donna, nel precipitare di tutto, è presente, punto saldo, Natura salvifica,  madre e compagna: “Quando scoprendo le foglie/i semi lenti vedessi attaccarsi alla terra/e buttare piccoli seni bianchi e gialli/allora potrei pensare che stai arrivando”. E ancora: “Di nulla di vento alla finestra usata/tra le tele tessute senza attesa/mordevi le labbra e pensavi all’amore”. La donna-madre-terra  racchiude in sé la forza delle stagioni, perché “lo spirito della terra sono le stagioni”.

 Nel nascere e morire di tutto sta il senso della vita. Nella consapevolezza e nella accettazione del continuum vita-morte-vita di whitmaniana derivazione, sta l’unica apertura alla speranza, alla resurrezione anche di questa umanità. Perché “La terra beve le lacrime dei vivi/e si nutre del corpo dei morti”. Allora “Le cose ritrovano il giusto posto./Anch’esse ritrovano la luce/dopo l’oblio e il giusto posto”. Forse la pace, shantih, che Eliot ripete in chiusura ben tre volte?

Paolo Tommasi, La nuova terra il tempo e i cinque sensi, ETS 2011

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