26 febbraio 2015

“Stabbiano: viaggio nella lucchesia” di Gianni Quilici



11.00
Mattina incerta tra nuvole, pioggia e luce. Cosa scegliere, se non un viaggio, un viaggio breve nel tempo e nello spazio, in un paese piccolo, visto allora, da rivedere oggi, dopo molto tempo?  
Colazione, il manifesto e  via.

11.30
Cerco le strade, le più secondarie nella domenica spenta: Lammari, Monte S. Quirico,  strada di S. Alessio, che sbuca sulla Sarzanese e a Farneta, strada a destra che sale verso Chiatri e, dopo qualche Km, ecco Stabbiano, appena un po’ più in alto della strada.


12.00
Da una siepe di alloro nella nebbiolina che avvolge colline, che si sovrappongono, i fusti di alberi nudi, una casa bianca sfumano come fossero quadro impressionista.
Una campana di qualche chiesa rintocca il tempo lontana come un’eco dolente di un suono già sentito e poi perso.

Ad un passo un bel pozzo con tettoia, residuo archeologico della società contadina, lasciato un poco a se stesso, mimose già fiorite che risplendono gialle nella mattinata grigia, una casa ben ristrutturata e un vialetto che porta alla chiesa con bel campanile merlato.




12.30
Dalla chiesa una stradina asfaltata, tra una vegetazione alta e fitta sulla collina, porta ad un gruppo di case, con una loro bellezza, perché recuperate senza essere stravolte e da lì  la stessa stradina arriva ad un altro minuscolo gruppo di case … e  Stabbiano sembra finire.



Cosa manca ad uno sguardo tutto di superficie?
Non i cani, liberi o legati, che si fanno vedere e sentire. Manca una centralità che raccolga, che dia quel senso di comunità, che soprattutto dà a un paese, a una città o cittadina il suo cuore.
C’è invece lo sguardo verso uno spazio aperto: le colline, gli alberi, altri paesi, il cielo sopra di noi.

Stabbiano. Domenica 15 febbraio 2015.




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