23 ottobre 2017

"Patria" di Fernando Aramburu



di Giulietta Isola
“Chiedere perdono richiede piu’ coraggio 
che sparare, che azionare una bomba.”

Patria narra la storia di due famiglie basche in un paese senza nome nell’entroterra di San Sebastián, un piccolo microcosmo omertoso, pieno di rancori, sospetti e minacce.
I due nuclei famigliari formati da Bittori e Txato ,Miren e Joxian ed i loro figli Nerea ,Xabier, Joxe Mari, Gorka ed Arantxa, sono legati da lunga e profonda amicizia, le vicende della loro vita si susseguono nell’armoniosa concatenazione dei capitoli e ci raccontano storie di rapporti coniugali, innamoramenti, matrimoni, divorzi, viaggi,  malattie rivelazione e morte.Sullo sfondo una regione frammentata e dilaniata dalla guerra.
 

 Una lettura che ho apprezzato molto e sulla quale voglio esprimere il mio punto di vista, non necessariamente condivisibile ed assolutamente personale.
Questa vicenda ha fornito ad Aramburu un eccellente pretesto per analizzare lucidamente il terrorismo separatista che ha sconvolto per quaranta anni il Paese Basco,  egli indica nitidamente chi sono state le vere vittime senza essere ne’ pedante ne’ caricaturale, tutti i personaggi di primo e secondo piano sono qui per raccontare la ferita profonda che ha diviso la loro comunità e le loro famiglie, sono qui per mostrare le loro cicatrici e la sottile trama seduttiva tessuta dall’Eta che faceva dire “Senza l’Eta è come camminare nude per strada. Nessuno ci difende.”
  


Ma Aramburu fa anche i conti con il passato,guarda indietro con occhi nuovi per vedere la Storia e cercare il vero significato delle cose, ripercorre decenni di guerra –di questo si e’ trattato con 800 morti assassinati, migliaia di attentati e stato costante di violenza-, indaga i meccanismi prodotti nelle menti da un sistema totalitario che ha scardinato le regole della convivenza umana in nome del nazionalismo, lo fa ad altezza d’uomo, delle vittime, degli assassini e di tutta l’umanita’ varia ed eventuale che sta in mezzo, lo fa con la sensibilità del grande scrittore mostrandoci l’evoluzione dei personaggi nell’arco degli anni.
  

Fra i temi centrali il perdono, un sentimento intimo e privato fra aggressore e vittima,e fra le pagine due straordinarie figure di donne, due madri energiche che difendono nel bene e nel male i figli e l’untuoso ed odioso Don Serapio, unico personaggio totalmente negativo che degnamente rappresenta la connivenza del clero basco ed il suo significativo ruolo nell’indottrinamento politicoo ed ancora tanti animi tormentati ed incapaci di pacificazione, umane debolezze quanto umane speranze.
 

L’Eta nasce nel 1959 sotto il franchismo,vale la pena ricordare che le sinistre di mezzo mondo si innamorarono della causa basca, con spirito romantico la accorparono, equivocando, alle guerre popolari di liberazione ed ai movimenti d’indipendenza postcoloniali, morto il Caudillo si continuò a sparare :il nemico non era Franco, ma la Spagna, il 90 per cento degli ammazzamenti firmati Eta è avvenuto in democrazia.
 

Queste pagine e questo autore guardano gli avvenimenti e chiamano a riflettere sulle storture dell’una e dell’altra parte, sulle torture perpetrate dai Gal, i famigerati gruppi antiterrorismo di liberazione, stipendiati dallo Stato per attaccare presunti membri dell’Eta (commettendo clamorosi errori) e per torturare, ci accompagnano nelle spire dell’organizzazione terroristica e della lotta armata , ci parlano del braccio politico Batasuna, del sogno di Euskal Herria, ci parlano di storia recente,tutti temi molto importanti,ma non meno importante è la rappresentazione di una società profondamente ferita e divisa incapace di riannodare i vincoli di una civile ed umana convivenza, un’operazione chirurgica raffinata che temo non sia ancora terminata a 6 anni dalla cessazione delle “ostilità”.
 

Nelle ultime pagine uno scrittore alter ego dell’autore dice durante una conferenza:
“Ho cercato di evitare i due pericoli che ritengo più gravi in questo tipo di letteratura: i toni patetici, sentimentalistici, da un lato e dall’altro, la tentazione di fermare il racconto per prendere un maniera esplicita una posizione politica. Gli scrittori baschi fino ad allora avevano prestato poca attenzione alle vittime del terrorismo. Interessano di piu’ i carnefici, i loro problemi di coscienza,il loro retrobottega sentimentale e tutto il resto.”
E mentre ”ci sforziamo di dare un senso,una forma,un ordine alla vita,alla fine la vita fa di noi quello che le va”.


Fernando Aramburu. Patria. Guanda Editore.  

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