di Gianni Quilici
Scopro soltanto ora Irène Némirovsky (nata a Kiev nel 1903 e morta a Auschwitz nel 1942) e il suo straordinario romanzo (breve) “Il ballo”, pubblicato a soli 25 anni .
La storia non va raccontata. Solo l'inizio. Protagoniste Antoinette, una ragazzina 14enne e la mamma, madame Kampf, moglie di un ebreo arricchito, che, smaniosa di affermazione sociale, decide di organizzare un grande ballo per consacrare il suo nuovo status, da cui viene, però, categoricamente esclusa Antoinette...
E' un piccolo gioiello, che le adolescenti per prime dovrebbero leggere, perchè crea piacere per il pathos della storia e un processo di partecipazione e/o identificazione (alta), che aiuta a capire e a capirsi.
C'è, infatti, l'adolescenza, quella vera: acuta e spietata nel cogliere la pochezza e le ipocrisie degli adulti; e però desiderosa di vivere un “altrove”, che ancora non si conosce, che soltanto si immagina, ma che si vuole provare immediatamente.
C'è una società ormai decrepita al tramonto -quella aristocratica più che borghese – ma la cui scala di valori è sempre presente almeno nei sogni della piccola borghesia diventata ricca.
C'è una scrittura non da educande, come sostiene Alberto Bevilacqua, ma diretta, fluida, essenziale, che diventa, per i contenuti, affilata e atroce.
Il ballo acquista una risonanza metaforica ed insieme dialettica: per un verso solitudine e vuoto, dolore e catastrofe di un mondo alla fine; per un altro, e come contrappunto, desiderio di un futuro che non si intravade di un'adolescente però viva e vitale, che questo futura ardentemente desidera.
Irène Némirovsky. Il ballo (Le bal). Traduzione di Margherita Belardetti. Piccola Biblieteca 527. Adelphi. Pag. 83. € 7.